Shenmue - Un viaggio senza fine

Cronache di una saga fuori dal tempo.

Luca “Master Hayabusa” Sapora
Frequenza Critica
9 min readOct 30, 2019

--

shenmue-collection-cover

Quasi non sembra vero, eppure ci siamo.
Tra appena 20 giorni Shenmue III arriverà sui nostri scaffali fisici e virtuali, un vero e proprio sogno che si avvera per i fan di lunga data, che aspettano di conoscere il destino di Ryo, Shenhua, Lan Di e gli altri da 18 interminabili anni. Devo ammetterlo però, io non sono tra questi.
Del resto ai tempi in cui Shenmue arrivò sul mercato, dicembre 2000 per noi europei, ero ancora un bambino, che peraltro non sapeva neanche dell’esistenza di quella sfortunata console chiamata Dreamcast.
Nondimeno dovrebbe dire qualcosa sulla magia di questa serie il fatto che un anno dopo aver finalmente colmato questa grave lacuna, approfittando della Shenmue I & II HD Collection, sia stato talmente rapito da essere qui a scriverne e da non vedere l’ora di mettere le mani sul terzo capitolo.

Ma cos’è che rende Shenmue così speciale? Cosa ha fatto sì che il crowdfunding su Kickstarter abbia riscosso un successo strepitoso, diventando una delle campagne di maggior successo della piattaforma con oltre 6 milioni raccolti (a cui vanno aggiunti i fondi raccolti tramite altre piattaforme, per un totale di oltre 7 milioni da più di 80.000 backer)?
È quello che cercherò di trasmettere in questo articolo, in cui non si può che partire dalla figura di Yu Suzuki.

yu-suzuki
Yu Suzuki, il brillante autore di molti grandi successi firmati SEGA.

Per i giovani come me il nome di Yu Suzuki è principalmente legato appunto a Shenmue, che nonostante il flop commerciale ha negli anni assunto un’aura mistica, da vero e proprio cult di nicchia. Ma per chi ha qualche anno in più sulle spalle Suzuki significa anche Space Harrier, Hang-On, Out Run, After Burner e Virtua Fighter, e scusate se è poco.
Un vero maestro degli arcade, insomma, che ha contribuito enormemente a rendere SEGA il colosso che è stato. Ma non solo, è una figura di grande importanza per i videogiochi in generale, che nel corso della sua carriera ha saputo innovare il medium sia dal punto di vista tecnologico che di design, diventando un vero e proprio pioniere.

La particolarità della filosofia di design di Suzuki risiede principalmente nel suo atipico rapporto con i videogiochi stessi. Mentre molti designer dichiarano di essere stati influenzati o di essersi proprio ispirati a questo o a quel gioco, Suzuki ha sempre candidamente affermato di amare il suo lavoro ma di non essere un videogiocatore.
Piuttosto che rifarsi ad altri designer, Yu Suzuki preferisce prendere spunto dalla realtà, cercando di riprodurne determinati aspetti in modo efficace per il tipo di gioco che sta sviluppando.
Proprio questa sua peculiarità, che percorre come un filo rosso tutta la sua carriera, raggiunge la sua massima espressione e sublimazione in un titolo che, a cavallo del nuovo millennio, scuote il mondo dei videogiochi: Shenmue.

shenmue-yokosuka-dobuita
Oh, Dobuita…

Le radici dei cosiddetti “open world”, quei titoli molto popolari nell’ultimo decennio in cui il giocatore è catapultato in mondi ampi e liberamente esplorabili, risalgono a molto tempo fa. Uno dei più influenti e conosciuti è senza ombra di dubbio il primo The Legend of Zelda del 1986, ma si può probabilmente tornare anche più indietro.
In tempi più recenti è diventato inevitabile accostare gli open world a Rockstar Games e a Grand Theft Auto.
Ma due anni prima di GTA III, Shenmue conduceva i pochi fortunati possessori di un SEGA Dreamcast a fare un tuffo nel passato, più precisamente nel 1986, in una piccola cittadina giapponese chiamata Yokosuka.

shenmue-ryo-nozomi

Shenmue stupì in primo luogo per un comparto tecnico avanguardistico, superiore a qualsiasi cosa uscita su console in quegli anni. Sarebbe riduttivo far passare la grafica di Shenmue come mero orpello o modo per aumentare le vendite, in quanto si tratta di un fattore strettamente intrecciato con il design del titolo.
Le parole d’ordine in Shenmue sono infatti verosimiglianza e immersività.

I diversi quartieri che compongono la città di Yokosuka sono stati ricreati nei minimi particolari, tanto che fioccano foto e video di persone che sono andate a cercare gli stessi scorci visti nel gioco, con successo. A ben vedere il mondo di gioco è talmente piccolo che oggi difficilmente potrebbe essere inquadrato come open world, ma a fare la differenza sono densità e dettagli.
Lo sforzo di costruzione di un contesto credibile permea tutto il gioco, dalla presenza di un ciclo giorno/notte, alle decine e decine di npc tutti unici, differenziati e dotati di una loro routine comportamentale (oltre che di dialoghi interamente doppiati), alla presenza di un sistema di meteo dinamico coerente con la stagione in cui ci si trova (e con la possibilità di attivare il “Real Weather”, ovvero una riproduzione precisa del meteo di Yokosuka nel periodo rappresentato nel gioco!).

Molte di queste cose potremmo vederle come scontate oggi (neanche sempre a dire il vero), ma all’epoca non lo erano di certo. Altro perno di questa attenzione al dettaglio è l’interattività ambientale: si può interagire con buona parte degli elementi dello scenario, ad esempio aprendo i cassetti in casa di Ryo ed esaminando uno a uno gli oggetti all’interno, o bussando alle porte in giro per il quartiere. Interazioni anche inutili spesso, ma che contribuiscono a trasportare il giocatore in un altro mondo cercando di renderlo più verosimile possibile.

shenmue-ryo-praying

La particolarità di Shenmue sta in questa enfasi totale sull’immersione del giocatore, seguita ostinatamente anche a scapito della godibilità (quanto meno nel primo capitolo). Nel mio precedente articolo su Red Dead Redemption 2 facevo un parallelo tra quest’ultimo e i vecchi capolavori di Suzuki, sostenendo come condividano un certo approccio di fondo e richiedano al giocatore di abbandonarsi ai loro ritmi lenti e contemplativi.

Questo è forse ancora più vero per Shenmue, che per essere apprezzato richiede un’immedesimazione praticamente totale, e che non prende mai per mano il giocatore. Shenmue racconta la storia di Ryo Hazuki, un ragazzo qualunque che nella prima scena del gioco assiste in prima persona all’omicidio del padre, cosa da cui scaturisce un desiderio di vendetta che lo porterà ad attraversare il continente, in una vicenda che più di tutto assume i tratti di un viaggio di formazione. Buona parte del giocato consiste in delle fasi “investigative”, in cui si gira per la città in cerca di informazioni che ci portino un passo più vicini all’obiettivo.
Niente indicatori o segnalini, addirittura nel primo capitolo niente mappe (a parte i cartelloni presenti nei quartieri stessi), si avanza interagendo con gli abitanti per sapere dove andare e imparando autonomamente a orientarci nelle location. Ben presto Yokosuka diventa la nostra seconda casa, che impariamo a conoscere a menadito proprio come Ryo.

Un altro elemento fondamentale in Shenmue è la gestione del tempo: siamo costantemente legati allo scorrere del tempo in-game, che non è un semplice elemento “estetico” che modifica l’apparenza delle location in base al ciclo giorno-notte o al clima. In che senso? Beh, tanto per cominciare ogni sera dobbiamo tornare a casa per dormire, possibilmente prima delle 11 se non vogliamo incorrere nelle furie di Ine-san.
Spesso inoltre ci si trova a doversi incontrare con qualcuno a specifici orari, ed è importante ricordarsene e presentarsi in tempo, perché non c’è nessun modo per far scorrere le ore velocemente nel primo Shenmue, il che significa che saltare un appuntamento significa dover aspettare il giorno successivo.
Dovesse capitare, nel frattempo si può sempre andare in sala giochi per fare qualche partita ai vecchi arcade di Suzuki come Outrun o Space Harrier, oppure andare al parcheggio a praticare le arti marziali.
Vi sembra eccessivo? Probabilmente non siete i soli, tant’è che in Shenmue II è stata inserita un’opzione per “aspettare” l’orario di un eventuale appuntamento/apertura di un negozio, anche se sarebbe meglio non abusarne.

shenmue-II-training

A proposito delle arti marziali, centrali nella serie (che del resto nacque inizialmente come RPG di Virtua Fighter), anche qui è ravvisabile la stessa filosofia di fondo. Non si migliora nel combattimento ottenendo dei fantomatici punti esperienza da spendere per ottenere skill e nuove mosse, bensì acquistando pergamene e seguendone le istruzioni, o imparandole direttamente da dei maestri di arti marziali (un po’ come si vedrà successivamente in Gothic, altro capolavoro di immersività). Una volta apprese, tali mosse possono essere padroneggiate allenandosi, nel dojo o in altri posti specifici.
In questo modo crescita di Ryo e crescita del giocatore si intersecano e si sovrappongono, mentre i combattimenti veri e propri in cui mettere alla prova quanto imparato si fanno via via sempre più presenti, specie nel secondo capitolo.

Ma Shenmue, oltre che un’esperienza estremamente intima e immersiva dai ritmi lenti, a tratto sa anche essere fortemente “cinematografico” e adrenalinico. Del resto è a questa serie che in parte dobbiamo la popolarizzazione di una delle meccaniche più controverse di sempre: i Quick Time Event.
Personalmente non ne sono certo un fan, ma credo che se non abusati (qualcuno ha parlato dei vecchi God of War?) possano essere un buon modo per rendere parzialmente interattive sequenze cinematiche, specie in passato quando tali sequenze erano difficili da rendere in-game. In questo senso credo che Shenmue ne faccia un ottimo uso, non rendendoli mai eccessivamente invasivi o fuori luogo; un giusto contraltare alla tranquillità imperante.

shenmue-II-hong-kong
L’arrivo a Hong Kong, zaino in spalla, all’avventura in una città sconosciuta.

C’è qualcosa di magico nelle atmosfere dei due Shenmue, dalle strade familiari della piccola Yokosuka agli inospitali e variegati quartieri della gigantesca Hong Kong. È un modo differente di intendere gli open world, con tutta probabilità inevitabilmente di nicchia proprio per le caratteristiche che lo rendono così affascinante per alcuni giocatori.
Sebbene Shenmue II presenti un ritmo mediamente più serrato e una trama principale decisamente più presente, oltre ad aver reso alcuni aspetti maggiormente “user-friendly” (come per la già citata funzione di attesa rapida, o la presenza di mappe acquistabili), il cuore contemplativo della serie è tutto lì ed “esplode” in un capitolo finale dalle atmosfere eccezionali…per poi chiudersi con un cliffhanger che ha lasciato i fan col fiato sospeso per 18 lunghi anni.

shenmue-III-village-shop
Shenmue III è finalmente realtà, ma sarà all’altezza del nome che porta?

Ormai manca davvero poco all’uscita del terzo capitolo, su cui però le incognite sono davvero tante. I primi due potevano contare su un budget faraonico, essendo esclusive di punta di una console di nuova generazione, mentre Shenmue III è un progetto decisamente più contenuto.
Le risposte le avremo tra 20 giorni, ma a giudicare dai video e dalle anteprime tutto fa pensare che Suzuki abbia preso la strada della tradizione, creando un titolo in perfetta continuità con i primi due. Già c’è chi ha parlato di gioco vecchio, anacronistico, che difficilmente potrà conquistare giocatori abituati al gaming odierno.

La verità è che probabilmente Shenmue III non avrebbe mai potuto fare il botto a livello commerciale, e snaturare la serie per renderla più appetibile avrebbe fatto un torto ai fan che questo titolo lo hanno finanziato. Insomma, ricordiamoci che Shenmue III nasce grazie ai fan e quindi per i fan, che vogliono finalmente tornare a immergersi nel mondo creato da Yu Suzuki.
Un’opera forse fuori dal tempo, ma del resto sembra sia il destino di questa saga: prima avanguardista e pioniere, poi sogno nostalgico, fotogramma cristallizzato di un’epoca passata. E allora il 19 novembre molti potranno chiudere gli occhi e far finta che questi 18 anni siano stati un brutto sogno e che il terzo capitolo sia uscito regolarmente su Dreamcast.
Quanto questo apparente anacronismo peserà sull’esperienza complessiva è un qualcosa che ognuno potrà giudicare per sé pad alla mano, ma la speranza è che, al di là degli spigoli, Shenmue abbia conservato intatta la sua magia e la sua capacità di trasportarci nei panni del giovane Ryo.
Personalmente non vedo l’ora di scoprirlo.

And thus, the story goes on…

--

--