Sincronizzazione con Cyberpunk 2077

Un giorno di ordinaria cyberfollia.

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica
8 min readJan 11, 2021

--

Immedesimazione in Cyberpunk 2077?

Ancora una volta, il mio corpo riesce a generare quell’insieme di segnali chimici e impulsi elettrici necessari a farmi aprire gli occhi. Anche oggi, mi sveglio. Non saprei dire se in risposta a un naturale bisogno fisico oppure per via di qualche pezzo di cromo che ha deciso di uscire dallo stand-by. La testa mi scoppia, la nottata precedente è stata… turbolenta. Al mattino, trascinatami fino al mio lurido appartamento, ho raggiunto il letto a malapena. Il kerenzikov che da un pezzo mi inondava di notifiche d’allarme m’ha sbattuto in modalità sospensione quando ancora avevo mezzo corpo fuori dal materasso. Ora la schiena me lo fa dolorosamente notare. Intontita disattivo la copertura alle finestre, ricevendo una brutta sorpresa. La stanza viene inondata dalla luce dall’aspetto più malaticcio e sintetico che si possa vedere a Night City: il sole dietro la coltre di smog. Cazzo, è ancora giorno.

Il primo sguardo a Night City — Cyberpunk 2077

Mentre stendo lo sguardo sull’ammasso di edifici chiazzato da coloratissime insegne, l’immagine si deforma e sfuma in vari punti, in preda a glitch grafici di qualche tipo. Il lavoretto di ieri sera deve aver lasciato i suoi segni sull’hardware, o forse un qualche malware minore sta tentando di farsi strada attraverso il mio ICE. Pazienza, lascerò che il tempo e i sistemi di autodiagnostica facciano il loro corso. Per una volta che sono in anticipo, tanto vale provare a darsi una sistemata, una doccia per schiarirmi le idee magari. Mi infilo sotto l’acqua gelida senza nemmeno togliermi i vestiti, non so perché. Come sempre lo specchio del bagno è opaco, morto. Solo quando mi ci fermo davanti e qualche sensore riconosce la mia presenza si attivano i riflettori, mostrandomi una figura trasandata. Per qualche secondo addirittura i miei capelli scompaiono, forse un errore nella cache dell’elemento d’arredo. Mi dà sui nervi, prima o poi devo hackerarlo e bloccarlo in stato ON, come se fosse… beh, uno specchio.

Esco in strada. La notte non è ancora arrivata, ma all’ombra dei mega-edifici i vivi e pulsanti neon stanno già prendendo il sopravvento, per non parlare dei vicoli e sottopassaggi, territori sotto il loro dominio a qualsiasi ora. Mi sento più a mio agio. L’odore sprigionato dal chioschetto di ramen all’angolo mi raggiunge, lo stomaco brontola. Un lezzo poco credibile di vegetali appassiti e proteine da laboratorio ma, dopo quarantotto ore reggendosi in piedi solo grazie alle dosi di SynthCoke e l’adrenalina di qualche giretto nel cyberspazio, qualsiasi intruglio va bene. Mi avvicino al banco, faccio per ordinare qualcosa e… mi fermo. Resto imbambolata di fronte al gestore per nulla giapponese, non riesco a sedermi sullo sgabello, non posso chiedere un piatto e mangiarlo. È come se avessi perso queste funzioni basilari. Il “cuoco” resta a osservarmi con una professionale pazienza, tira una boccata da una sigaretta per poi riappoggiarla sul posacenere lì accanto, e al tempo stesso la tiene ancora in bocca. Ora ci sono due sigarette, una tra le labbra del tizio e una nel posacenere, come fossi di fronte a un brutto trucco di magia. Forse i glitch sono più gravi di quanto pensassi.

Mangiare giapponese in Cyberpunk 2077? Spiacente, non si può.

La fame è scomparsa, senza dire una parola mi volto e proseguo verso il mercato di Kabuki. Almeno le gambe si muovono ancora. Meglio correre subito da un ripperdoc per una sistemata. Il sole è finalmente tramontato, le cliniche dovrebbero aprire presto… oh, merda! Solo ora ricordo quant’è andato male l’ultimo lavoro. Niente paga. E senza grana, un ripperdoc me lo scordo. Devo trovare un impiego e in fretta, ma per fortuna Night City è sempre alla ricerca di disperati. Chiamo il fixer locale, pregando il trasmettitore non sia già andato. Squilla. Regina Jones è ben felice di appiopparmi l’ennesimo recupero di uno dei suoi amati cyberpsicopatici, ovviamente da consegnare vivo. Bah, un giorno di questi devo trovarmi un fixer serio. Richiamo il mio catorcio a quattro ruote dal garage e mi dirigo verso le coordinate che mi ha fornito, non è lontano.

Il pazzo s’è messo a sparare alle auto da un cavalcavia, ora sta barricato dietro un van riempiendo di piombo chiunque gli capiti a tiro. Lascio la macchina fuori dalla sua visuale, tolgo la sicura al fucile e inizio ad avvicinarmi non vista, nascondendomi dietro le auto schiantate nel caos generatosi. È da un po’ che non noto altri bug nei miei sistemi. Posso farcela… Oh vaffanculo, mi ha visto! Ognuno dietro la sua copertura, ci scarichiamo addosso le nostre armi, entrambi senza successo. Devo chinarmi per ricaricare. Cazzo, il folle ha una katana, sta correndo. In un secondo getto il fucile, estraggo la pistola dalla fondina, lui è ormai su di me, gli sparo dritto in testa, si accascia. Mi spiace Regina, ma non potevo farci niente.

Un lamento. Mi volto e vedo lo stronzo che ancora geme e si contorce. Com’è possibile? La canna era puntata dritta alla sua fronte, ho visto il sangue, il buco in mezzo agli occhi… non c’è impianto che possa proteggere da un colpo del genere. È come se fosse obbligato a restare in vita per qualche strano copione. Cristo, cosa sto dicendo? Posso fidarmi di quel che vedo ancora meno di quanto sperassi. Ripperdoc, subito.

Eccitata e scossa, in un attimo sono di nuovo in auto, metto in moto mentre la fixer mi contatta per il trasferimento di denaro. “Grazie V, ottimo lavoro”. Quindi è davvero vivo. Beh, voglio restarlo anche io. Affondo il pedale, schizzo per le strade per raggiungere l’esperto di impianti più vicino, prima che… troppo tardi. L’attacco colpisce duro stavolta, la vista si deforma, alberi allungati e distorti si piegano verso l’asfalto, la macchina è sempre più difficile da controllare. Sbando, sono contromano, un altro veicolo mi sta arrivando dritto addosso, ma scivola sopra la mia carrozzeria manco fosse di sapone. Cosa diavolo succede? Sconvolta, a malapena mi accorgo dei pedoni che affollano il marciapiede a fianco, quello dove sto per finire a tutta velocità. È un massacro. Non faccio in tempo a elaborare quel che accade che degli sbirri mi sono addosso, proprio in mezzo ai cadaveri vicino a me. Eppure sono certa che un secondo fa non erano lì. Non c’è tempo per pensare. Rimetto in moto, fuggo via. Devo seminarli, devo fare presto, devo… al primo incrocio, una di quelle balene a sei ruote dei corpo mi taglia la strada, stavolta non è di sapone. Sono fottuta, fottuta! Pochi secondi e l’NCPD mi sarà addosso. È finita. Merda!

Un ingorgo che non verrà mai risolto… finché non ci allontaniamo — Cyberpunk 2077

Non succede nulla.

Apro la portiera tremando, mi guardo attorno. Nessuno mi insegue. Ma mi sono allontanata solo di pochi metri! Com’è possibile? Attorno a me si sta formando una lunga e placida colonna di auto in sosta, pazientemente in attesa che il mio rottame si levi dalla strada. Qualcuno suona il clacson senza troppa convinzione, ma niente più, nessuno aggira l’ostacolo o mostra preoccupazione. Assurdo. Per un attimo ho la tentazione di tornare a quel marciapiede pieno di sangue e corpi travolti, ma ho troppa paura di cosa potrei trovare… o non trovare.

“È tutto a posto V, vai tranquilla”. Un check-up completo e nulla di preoccupante da segnalare, il ripperdoc mi rigetta nell’ancora più confuso mondo di Night City. Se quel che mi sta succedendo non è un guasto, cos’è? Gli anni sotto stupefacenti pronti a saldare il conto? Forse aver passato più tempo immersa nella rete che non nella realtà? Devo bere qualcosa. La solita bettola qui vicino andrà più che bene. Il tempo di appoggiarmi al bancone, chiedere una birra, ed ecco che spunta Panam, una vecchia amica. Mi si siede accanto, scambiamo un saluto e ordina lo stesso. Afferra la bottiglia, se la scola in un solo sorso e ne chiede un’altra. Niente male la ragazza. Accetto la sfida e tento di fare altrettanto, ma quando la poso la bottiglia non è ancora vuota. Che figura del cazzo. Un’altra lunga sorsata per chiudere questa triste storia. Oh, ma scherziamo!? Ce n’è ancora. Bevo. Bevo. Bevo. Lei mi osserva col suo solito sorrisetto, non capisco se nasconde compassione o scherno. La bottiglia non ha fine. Vaffanculo, non posso più nemmeno ubriacarmi in pace. Me ne vado.

L’alba a Night City — Cyberpunk 2077

Sono sul tetto del palazzo, a godermi la brezza fresca e ricca di scorie chimiche. Presto il sole sorgerà e tornerò a rintanarmi nel mio buco in attesa della prossima notte, sperando che queste allucinazioni spariscano. Scruto la periferia della città, delimitata dall’autostrada con la sua lunga linea di fari in movimento verso il centro. Trovo un breve momento di serenità osservando le luci che si avvicinano… fino a che, superato un misterioso limite invisibile, scompaiono pure loro. Appena oltrepassano quella linea semplicemente si spengono, svanendo nella penombra. Come se giunte troppo vicine a me fossero state inghiottite dallo stesso buco nero che mi sta scavando dentro.

Avete mai avuto la sensazione che il mondo esista solo finché voi lo guardate? Cosa accade quando chiudete gli occhi? Mi avvicino al parapetto e osservo le strade di sotto. Poco lontano, noto una familiare colonna d’auto in sosta, ancora in attesa che la carcassa del mio vecchio catorcio venga spostata. Scoppio a ridere, senza riuscire a fermarmi. Imbraccio il fucile, prendo la mira e sparo a uno dei guidatori nel traffico artificiale. Poi a un altro. Passo alle prostitute sul marciapiede. All’uomo del ramen. Muovetevi! Provatemi che esistete! Che io esisto! Sto urlando. Chissà di quanto dovrò allontanarmi perché tutti i corpi spariscano e il mondo si dimentichi di me. Cento metri? Duecento?

Ne ho ammazzati parecchi quando sento sbattere la porta d’accesso al tetto. Dietro di me c’è una ragazza: capelli verdi, giacca gialla, pantaloni aderenti di pelle nera che mettono in risalto un grosso cazzo in mezzo alle gambe. “Chi sei?”, le chiedo. “Uhm? Ha importanza? Comunque, sono V”. Ah! Ma certo, è logico. Sento il sibilo delle sue lame da mantide che schioccano fuori dalle braccia, e un gelo rovente nel mio petto quando mi infilza. Ma sono tranquilla, so che devo tenere duro solo per un po’, che di certo questo non può uccidermi. D’altronde, Regina non sarebbe contenta altrimenti.

Se avete ancora fame di analisi su Cyberpunk 2077, magari meno strampalate, non dimenticate di leggervi la recensione del nostro Dyni o l’approfondimento sui personaggi scritto da Revan per IGN!

--

--

Mattia “Harlequin” Mangano
Frequenza Critica

Appassionato di sistemi, trova ristoro in esplorazione, funghi e polenta.