Two Point Hospital e le malattie che tutti vorremmo avere

NON È LA LINEA COMICA! HAI CAPITO?! O forse sì?

Fabrizio "Bix" Salis
Frequenza Critica
8 min readApr 27, 2020

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Two Point Hospital rappresenta un grande ritorno di un genere, quello dei gestionali a tema ospedaliero, che è un po’ scomparso dai radar negli ultimi anni. Tra i fondatori della software house britannica che ha realizzato questo prodotto — Two Point Studios — ci sono persone che hanno lavorato al mitico Theme Hospital, quindi le aspettative non potevano che essere elevate. Non stupisce che dopo l’uscita del gioco SEGA abbia deciso di far entrare lo sviluppatore nella sua scuderia; del resto negli ultimi anni il publisher giapponese è diventato uno dei punti fermi di una serie di generi che fanno nel PC la loro piattaforma madre. Tranquilli, il gioco in questione è presente pure su console, Switch inclusa. Sono sicuro che non vediate l’ora di poter gestire un ospedale virtuale mentre vi trovate in un ospedale reale in attesa di qualche visita. Probabilmente avrete completamente sviscerato il gioco prima del vostro turno. E no, non è un riferimento alla sua brevità.

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Infermiere, infermiere, è vittima di un infulus!

Come probabilmente avrete immaginato, Two Point Hospital ci mette nei panni del direttore di un ospedale privato, per cui i pazienti dovranno spendere denaro sonante per vedere le loro malattie curate. Fin dall’inizio vi renderete conto di come il titolo in questione non prenda in considerazione nessuna malattia realmente esistente. Non solo, tutti i morbi che cureremo (o tenteremo di curare) sono totalmente sopra le righe. Gente mummificata, teste di lampadina (non è un insulto, eh), Piedilerci (neanche questo), c’è davvero di tutto per gli amanti di un humor sicuramente folle, ma mai fuori luogo. Un po’ british, oserei dire. E non pensate che i metodi di cura siano meno fuori di testa.

Dal punto di vista logistico, le cure si svolgono in un modo che si potrebbe definire credibile. Il paziente, dopo essere passato per la reception, si reca da un medico di base per un primo controllo e viene così indirizzato verso una sala diagnostica. Una volta che si ha una sufficiente certezza sulla natura della malattia (la percentuale la scegliamo noi), si passa alla terapia vera e propria. Tutto molto semplice quindi? Sì e no. In primo luogo va detto che di base ogni paziente, dopo ogni diagnosi, deve tornare dal medico di base perché gli possa confermare la terapia. Il risultato è che le file per entrare negli uffici dei medici di base tendono a congestionarsi con facilità. La gestione delle file è probabilmente il compito più impegnativo, manco stessimo giocando a Cities Skylines; starà a noi organizzare il layout dell’ospedale nel modo ottimale, in modo da permettere movimenti veloci dei pazienti tra le stanze ed evitare ingorghi. Vorrei segnalare che il gioco offre un’opzione molto utile in questo ambito, stranamente un po’ nascosta nei menu: è possibile far passare il paziente direttamente dalla diagnosi alla terapia, senza il passaggio “intermedio” dal medico di base. Vi consiglio vivamente di attivarla per semplificarvi un po’ la vita, a patto di avere percentuali di riuscita di cure e diagnosi buone.

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L’efficacia delle diagnosi e delle cure dipende dalle caratteristiche dei nostri dipendenti, nonché dalla qualità degli strumenti. I nostri sottoposti appartengono prevedibilmente a quattro categorie: medici, infermieri, inservienti e assistenti (questi ultimi si occupano dei rapporti col pubblico e della parte “burocratica”). Ogni membro dello staff ha dei tratti specifici che lo differenziano dagli altri, come la tendenza a lasciare spazzatura in giro o una maggiore velocità nella camminata. Ai tratti si affiancano cinque slot per i perk, che possono essere abilità passive generiche (10% in più di efficacia nella terapia, per esempio) oppure relativi a una specifica stanza, alcune di questa non possono proprio essere utilizzate da personale privo della relativa specializzazione. È quindi necessario utilizzare il personale giusto nella stanza giusta, in modo da massimizzare la velocità delle terapie e ridurre al minimo il rischio di fallimento delle stesse. Tranquilli, prima o poi qualche morto ci scapperà, e magari il povero paziente si tramuterà in un fastidioso fantasma. Ah, non vi avevo detto che ci sono i fantasmi? Forse non è il caso di riempire la nostra struttura di creature ectoplasmatiche. Meno male che gli inservienti col giusto perk possono cacciarli… con quella che è palesemente un’aspirapolvere.

I perk vengono acquisiti attraverso dei veri e propri corsi di formazione, che possono essere tenuti da personale dell’ospedale (occhio a non lasciare scoperte stanze fondamentali però) o da consulenti esterni, ovviamente in cambio di un lauto compenso. Formare il personale permette di promuoverlo, con un conseguente aumento dello stipendio e un miglioramento delle statistiche.

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Vorrei dire “pandemia” al posto di “epidemia”, è più bello, è più forte! È più… è più attuale, ti prego!

I pazienti non si accontentano di essere curati, ma vogliono anche un ambiente accogliente e pulito, nonché tanti modi per passare il tempo (compratevi una Switch, dannazione). Dovremo perciò soddisfare i loro bisogni posizionando bagni, distributori di cibo e bevande, cestini per la spazzatura in quantità e oggetti di intrattenimento, da semplici portariviste fino a cabinati arcade — ovviamente targati SEGA. Meglio non esagerare però, visto che l’I.A. ha la brutta abitudine di far andare un po’ troppo in giro i personaggi, col risultato di far allungare ulteriormente le code.

I pazienti diventeranno infelici se costretti a stare in un ambiente insalubre o poco stimolante e potrebbero andarsene via infuriati, danneggiando la reputazione dell’ospedale. Questa dipende non solo dalla felicità, ma anche dal livello dei prezzi e dalle campagne pubblicitarie che abbiamo la possibilità di attuare. Un’elevata reputazione permette di attirare un maggior numero di pazienti e di membri del personale da assumere. L’altro valore che ci da un’idea di quanto stiamo facendo bene è il livello dell’ospedale, influenzato dalle dimensioni dello stesso e dalla bravura dello staff. A rendere il tutto un po’ più dinamico contribuiscono una serie di piccoli compiti facoltativi, sia di natura “istituzionale” (come la visita del sindaco o di un ispettore sanitario) che proposti dai membri del personale.

Tutto questo sistema non è particolarmente complesso da gestire, anche per merito di un’interfaccia ben fatta, sia nell’estetica che nella funzionalità: possiamo controllare tutto in maniera molto intuitiva e diretta, senza essere costretti a navigare infiniti menu stracolmi di informazioni. Ottima anche l’idea di inserire una serie di consigli dinamici che ci vengono proposti in base alla situazione nell’ospedale. L’unica critica che mi sento di fare in questo ambito è una certa imprecisione nel sistema di selezione di pazienti e personale, da usare per vedere informazioni fondamentali (come il livello di felicità di quello specifico individuo), oltre che per spostare velocemente i membri nello staff in caso di necessità. Devo però precisare che ho giocato Two Point Hospital su PC, per cui non ho idea di quale sia la situazione su console.

Fallire è davvero complicato, salvo errori grossolani, e il livello di microgestione resta sempre abbastanza contenuto. È chiaramente una scelta deliberata dello sviluppatore, che da una parte rende il gioco più fruibile anche per chi non è esperto del genere — oltre che adatto a partite mordi e fuggi — ma dall’altra finisce per annoiare nel lungo periodo.

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Ma chi è ‘sta zinnona?

Il gioco ruota principalmente intorno alla modalità campagna, composta da 15 ospedali progressivamente più complessi. Per chi invece preferisce dare libero sfogo alla creatività c’è pure una modalità sandbox, introdotta qualche mese fa in occasione dell’arrivo su console. Apprezzabile il fatto che le varie meccaniche vengano presentate in maniera progressiva, facendo venire meno la necessità di inserire quegli infiniti tutorial strapieni di informazioni che gli amanti del genere senza dubbio conoscono e odiano. Il nostro lavoro in ogni ospedale è valutato da delle stelle, da una a tre. Ogni stella prevede una serie di obiettivi da raggiungere; per passare alla struttura successiva è sufficiente una stella, ottenibile senza troppi sforzi, mentre per ottenerne due o tre è necessario più impegno e, soprattutto, più tempo. Chiaramente non è un’opera fine a se stessa, dato che ottenere stelle permette di sbloccare una serie di oggetti utili per accelerare i nostri progressi o di ottenere Kudosh, una valuta distinta dal normale denaro utilizzata per sbloccare decorazioni (presenti in buon numero) e strumenti da posizionare negli ospedali.

Purtroppo gli obiettivi che ci vengono proposti (raggiungi un certo livello dell’ospedale, cura tot pazienti in una determinata stanza, aumenta il tasso di cure e così via) sono poco stimolanti e tendono a ripetersi; solitamente è più questione di pazienza che di capacità di sfruttare le meccaniche al meglio. Inoltre in ogni ospedale si parte solitamente da zero e si ripete più meno lo stesso schema: stesse stanze, stesso personale, stessi oggetti. Poco conta che ci sia un’estrema varietà nella forma degli edifici, a dire il vero spesso inutilmente arzigogolata. Certo, a volte è presente qualche variazione sul tema — epidemie, catastrofi naturali, un ospedale pubblico dove non si ottengono soldi curando i pazienti ma svolgendo specifici compiti — ma alla lunga la progressione perde di fascino, fino a diventare quasi tediosa. Sarebbe stato bello vedere qualcosa capace di spezzare questo schema: per esempio non avrei disprezzato uno o più ospedali organizzati realisticamente su più piani; d’altro canto questo avrebbe rischiato di compromettere la leggibilità delle situazioni, elemento sui cui chiaramente lo sviluppatore ha lavorato parecchio.

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Dal punto di vista tecnico il lavoro fatto dai ragazzi di Two Point Studios non si presta a particolari critiche, il motore Unity è stato ottimizzato a puntino e non ho riscontrato problemi di prestazioni o bug. Lo stile grafico cartoonesco ben si adatta all’approccio goliardico del gioco, mentre le musiche fanno esattamente il loro lavoro: dopo un paio d’ore di gioco sarete condannati a fischiettare quei dannati jingle... anche se non sapete fischiare. Ai brani musicali si affiancano una serie di strampalate trasmissioni radiofoniche e di annunci agli altoparlanti dell’ospedale, che vi strapperanno facilmente un sorriso (Announcement! Try not to die).

Insomma Two Point Hospital è un titolo realizzato sapientemente da un team che senza dubbio sapeva cosa stava facendo, ma paga la semplicità e, soprattutto, la ripetitività di fondo. Resta una produzione adatta a partite veloci e a un impegno non eccessivo, ma che non riesce a fare quel passo in più per andare a confrontarsi con i mostri sacri del genere gestionale. Chissà che SEGA non decida di produrre un secondo capitolo capace di migliorare questa buona base. Non si vive di sole visual novel coi robottoni e mafiosi nipponici.

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