Sekiro: Shadows Die Twice, ovvero il Giappone feudale in salsa From Software

“Ricordati che devi morire!” “Sì, sì, mo me lo segno”.

Marco "Brom" Bortoluzzi
Frequenza Critica
7 min readOct 29, 2019

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sekiro panorama ashina

Su le mani: chi, fra di voi, giocando a Dark Souls non si è mai chiesto come sarebbe stato essere messi nei panni di un personaggio che non fosse un povero cristo capitato quasi per caso nel ruolo del prescelto? Perché, diciamoci la verità, nonostante dal punto di vista della trama i vari Bearer of the Curse e Ashen One non siano certo i primi arrivati, se li paragoniamo con i nemici che ci troveremo ad affrontare l’impressione è sicuramente quella. Evidentemente deve esserselo chiesto anche qualcuno alla From Software, perché l’impressione iniziale di Sekiro: Shadows Die Twice è proprio quella di avere davanti un Dark Souls in cui finalmente il protagonista non sembra uno scappato di casa con una malsana passione per le armi bianche.

In realtà, più ci si addentra nel gioco e più ci si rende conto che Sekiro è qualcosa di diverso da un semplice “Dark Souls, ma con la grafica bella”. Il primo impatto però è sicuramente quello: focus sul combattimento all’arma bianca, nemici che lasciano cadere esperienza e monete che in parte perderemo in caso di morte, statuette dove, fermandoci a riposare, recupereremo vita e fiaschette curative facendo però ritornare in vita tutti i nemici e, ovviamente, l’accento posto sui boss da sconfiggere per poter proseguire. Il solito, insomma.

sekiro statua meditazione (assolutamente non un focolare)
Un po’ di meditazione non ha mai fatto male a nessuno.

Ma partiamo dall’inizio. Nel simulatore di camminate sui tetti della From Software ci troveremo a controllare Sekiro, shinobi con una missione molto chiara in mente: salvare Kuro, erede al trono di Ashina, dalle grinfie di Genichiro, samurai che vuole sfruttarne i poteri, conferiti dal sangue di drago, per restaurare la gloria di Ashina. Sì, perché i poteri mistici di Kuro non sono certo robetta da niente, visto che garantiscono l’immortalità: ed è proprio grazie a questi che Sekiro, “lupo senza un braccio”, riesce a sfuggire alle grinfie del tristo mietitore, non importa quanto letali le ferite da lui ricevute. C’è un prezzo da pagare per questo potere, però: il processo di morte e resurrezione infatti risucchia la forza vitale di tutti coloro che sono venuti a contatto con chi ritorna in vita, portandoli ad ammalarsi.

Sekiro è uno shinobi, e in quanto tale ben addestrato nell’arte di non farsi notare e di eliminare i nemici senza che questi abbiano una possibilità di reagire. Ma i vicoli di Ashina e i sentieri che ci troveremo a percorrere nella nostra ricerca di una soluzione al dilemma del sangue del drago e della corruzione che porta nel mondo sono ben pattugliati, e spesso e volentieri dovremo incrociare le spade con chi ci ostacola il cammino. Per fortuna, Sekiro ha a sua disposizione un braccio meccanico, al cui interno può installare diversi tipi di gadget che agevoleranno l’opera di rimozione degli imprevisti che si frappongono fra noi e il nostro obiettivo: da qualcosa di semplice come una brutale ascia, a un vero e proprio lanciafiamme, per arrivare a un talismano di piume di corvo che ci permette di sparire nel nulla quando attaccati.

sekiro action shot
E poi ti chiedi chi te l’ha fatto fare di alzarti dal letto la mattina.

Al di là di qualche similitudine, a livello di feeling il combattimento è diverso rispetto a quello di Dark Souls: più veloce, certo, ma anche molto più spettacolare, grazie anche alle abilità speciali che Sekiro sbloccherà nel corso della nostra avventura e alle varie finisher che ha a disposizione. Una cosa però è rimasta invariata, ed è la competenza degli sviluppatori giapponesi nell’offrire un sistema di combattimento incredibilmente soddisfacente. Ci sono alcuni tarli, certo: ad esempio, molte abilità offensive finiscono per sembrare più sceniche che utili (paradossalmente questo vale in particolare per quelle più avanzate); o anche il fatto che alcuni boss (uno nello specifico, per fortuna opzionale) non sembrano proprio adatti al sistema di parate e schivate che caratterizza gli scontri di Sekiro. Ma nel grande schema delle cose si tratta di difetti minori: il clangore di una parata eseguita bene non invecchia mai e il senso di soddisfazione quando, dopo aver imparato come reagire correttamente, si riesce a sconfiggere quel nemico che ci aveva dato tante rogne, resta una sensazione che pochi giochi riescono a far provare allo stesso livello dei prodotti della From Software.

Una componente importante del combattimento è quella data dalla mobilità. Oltre alle classiche schivate e ai salti che gli permettono di levarsi di torno da eventuali attacchi, Sekiro ha a sua disposizione un rampino, che sarà possibile utilizzare per raggiungere velocemente posizioni predefinite; di solito tetti, rami o sporgenze varie, ma in qualche caso anche nemici. Questo mezzo di locomozione, com’è ovvio, non ha solo finalità belliche, ma serve anche per l’esplorazione delle aree. In questo senso il lavoro fatto dalla From è molto piacevole: si vede che la componente “platforming”, se così si può chiamare, è molto più sviluppata rispetto ai loro titoli precedenti (dove pure era occasionalmente presente, mannaggia a loro), e volteggiare per i tetti è davvero una sensazione piacevole. In genere, il lavoro fatto nel design delle aree è molto buono; non siamo di fronte a un open world, ma le singole zone sono spesso abbastanza ampie da poter sfruttare le abilità da shinobi di Sekiro, se non altro per eliminare qualche nemico prima dell’inevitabile combattimento.

sekiro valle dei bodhisattva
Non fatevi ingannare da questo suggestivo scorcio: anche in questo gioco troverete la palude velenosa.

Com’è logico aspettarsi da un gioco From, i boss (e miniboss) sono ovviamente parte centrale dell’avventura. Rispetto ai giochi della serie Souls, in Sekiro: Shadows Die Twice l’approccio è leggermente diverso: invece di prendere a clavate i boss fino a svuotare completamente la loro barra della vita, qui l’accento viene posto sul rispondere correttamente ai loro attacchi: i colpi di spada dovranno essere deflessi, alle spazzate bisognerà saltare, per gli affondi premere schivata al momento giusto. Fare questo porterà la barra della postura dei nostri avversari a riempirsi mano a mano, e una volta giunta in fondo, Sekiro potrà effettuare un attacco speciale. Per molti boss questo va fatto due volte prima di vederli cadere, mentre per quelli più tosti la cosa andrà ripetuta tre volte. Certo, ci si può anche limitare a menare i boss quando vediamo delle aperture, ed è generalmente una buona idea visto che fare così limita la loro rigenerazione della postura; ma la spada di Sekiro non infligge grandi danni, e quindi a meno di avere tanta, tanta pazienza è meglio imparare a deflettere gli attacchi nemici.

La maggior parte dei boss di Sekiro sono divertenti da affrontare, ma ci sono — purtroppo — alcune eccezioni. Come potete immaginare, questo sistema funziona bene con nemici umani o umanoidi, ma a Sekiro capiterà di affrontare alcuni boss che non rispettano proprio questo schema. Uno dei primi che ci troveremo ad affrontare sarà un toro scatenato, e contro di lui tutta la questione delle parate al momento giusto, che comunque si possono fare, va abbastanza a farsi benedire; ma per fortuna la maggior parte di questi boss atipici (come lo sono ad esempio i guerrieri Shimichen o i Senzatesta) sono completamente opzionali.

sekiro parata e contrattacco (e scintille, un sacco di scintille)
Il sonoro, le animazioni, le scintille che volano: tutte parti fondamentali degli scontri all’arma bianca di Sekiro.

Anche dal punto di vista della storia l’approccio è diverso rispetto ai precedenti giochi From, famosi per la loro cripticità. Restano i dettagli da scoprire esplorando e leggendo le descrizioni degli oggetti, e giungere al finale ‘vero’ richiede o una dose sconsiderata di attenzione al dettaglio o la lettura di una pagina wiki, ma al di là di questo la narrazione è molto più diretta: ci sono video veri e propri in cui i vari personaggi dialogano e interagiscono, e non mancano gli spiegoni (poco -oni, per fortuna). Nonostante non manchino i momenti importanti, la storia di Sekiro non è certo il motivo che mi ha spinto a proseguire, ma fa comunque un buon lavoro nel fornire un perché alla sequela di nemici sconfitti che Sekiro lascerà dove passa.

In conclusione, Sekiro è un action dalla qualità mediamente molto alta, piacevole da vedere e divertente da giocare. Qualche pecca si può rilevare, oltre ai già citati boss atipici, nella varietà dei nemici non eccelsa, nella ripetizione di alcuni miniboss e, per chi ha giocato ai Souls così tante volte da conoscere ogni scalino di Lordran, nella limitata rigiocabilità. Ma si tratta di difetti che incidono in misura minore sulla mia impressione del gioco che è ampiamente positiva. E speriamo che la From, dopo aver finito di lavorare ad Elden Ring, trovi tempo per un seguito.

[Si ringrazia Daniele ‘Alteridan’ Dolce per alcune delle immagini usate in questo articolo]

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