I miei interessi stories: Jerzy Skolimowski

Solo 11 minutes.

Conto Facto
I miei “interessi”
3 min readSep 6, 2016

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“Non si può dire esattamente come funzioni la mente. Probabilmente ci sono dei temi ricorrenti che tornano nei miei film anche a distanza di tempo, ma io non tendo a guardare indietro al mio passato. Non possiedo neanche una copia dei miei film”

A Jerzi Skolimowky il leone d’oro per la carriera. Il regista, attore e sceneggiatore polacco che ha diretto 17 lungometraggi, tra cui “Il vergine” e “L’australiano”.

“Nella maggior parte dei miei film mi sono occupato di outsider, le persone ai margini della società, chi viene definito perdente, chi non trova posto nel mondo. Anche io sono stato migrante, so come ci si sente quando si è costretti a lasciare il proprio paese. Quello dei migranti è uno dei problemi più importanti dei nostri tempi: queste persone meritano di essere guardate con empatia”

Un decennale periodo di pausa per Skolimowski, ironico ultrasettantenne, per poi tornare alla regia nel 2008 con Quattro notti con Anna. Il ritorno che “11 minutes” suggella, dopo Essential killing del 2010, è quello di un regista iconico, con una visione chiara e un iter di narrazione preciso e sorprendente.

11 minutes si intitola così perché tutte le vicende narrate si svolgono nell’arco di undici minuti, dalle 17.00 alle 17.11. Una curva temporale che scorre autonoma ma che, casualmente, porterà i destini di alcune persone a trovare conclusione definitiva in un unico nucleo.

“Lo sfiorarsi per caso di storie distinte e la loro collisione in un unico, imprevedibile, tragico precipitare di eventi. Lì dove la tragicità non è nell’inarrestabile azione a catena, bensì nel costituire indifferenziato flusso di registrazione, visualizzazione dispersa dell’accadere, alle estreme conseguenze il riquadro di un maxischermo frazionabile all’infinito, che pullula di immagini fisse ininterrotte: sorveglianza non (sor)vegliabile nell’eccezionalità del caso singolo.”

https://www.youtube.com/watch?v=W7LWgSCJL7Q

“Per me, il cinema era Fanfan la Tulipe, il mio film preferito. Me ne fregavo del cinema, non ci andavo per ragioni intellettuali, ma per vedere le donne e i loro seni; era così, io scrivevo poesie e credevo che solo i poeti fossero veri artisti, non la gente di cinema”

Ed è poi invece stato il suo principale modo di raccontare, oltre che una costante scenografia di vita, dopo l’esordio del suo primo lungometraggio nel 1964.

Dalle composizioni esistenzialiste allo studio della metafora che si rivelerà poi essenziale nell’espletamento del suo punto di vista sul grande schermo. Gareggia come. Segue i corsi di etnologia. Si laurea a Varsavia in letteratura.

Una personalità “irregolare” che propone un cinema coerentissimo con la sua personalità e che lo renderà il rappresentante più significativo tra i registi polacchi degli anni Sessanta, vedendo avverata la profezia di Polanski:

“Skolimowski sovrasterà la sua generazione con la testa e le spalle”.

https://www.youtube.com/watch?v=NPlsAKOPaWU

Il regista della riflessione, dell’azione. Un moderno rappresentante della libertà, una libertà che con facilità riusciamo a riconoscere nei suoi film degli esordi come nelle opere più recenti.

È tutta dentro il cinema la vita di Skolimowsky, purtroppo o per fortuna, la sua penna, la sua persona. Un interesse in cui il regista si è imbattuto per vie traverse, come spesso nella vita accade, e che è andato poi a rappresentare il mezzo più adeguato ad esprimere la sua personalità e le sue storie.

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