Digitale, creatività, apprendimento

marco
Il digitale a scuola
3 min readMay 21, 2015

In coerenza con lo spirito e lo scopo di questo spazio, creato proprio per integrare, ampliare e approfondire alcuni argomenti che nel mio saggio Il digitale e la scuola italiana sono solo appena sfiorati, aggiungo qui una riflessione sulle teorie dell’apprendimento che nel libro accenno soltanto. Non si tratta di teorie nuove e rivoluzionarie (come ho già anche accennato in un’intervista a La Vita Scolastica), ma piuttosto di teorie vecchie più di un secolo, che con il digitale hanno ripreso vigore e senso.

A pagina 34, per esempio, accenno al costruttivismo e a Seymour Papert, molto attento al rapporto tra educazione e tecnologie, secondo il quale l’apprendimento si costruisce sempre per modelli mentali, ma risulta molto più efficace se l’apprendente è coinvolto in prima persona nella costruzione di un prodotto significativo.

In alcuni post di questo spazio integrativo del mio saggio ho già parlato della cultura dei “maker” e di come le nuove tecnologie legate alla robotica (una per tutte: la stampante 3D) possono trovare uno spazio didattico adeguato e coerente all’interno di un percorso scolastico.

Un articolo apparso recentemente su Educazione 2.0 ha messo perfettamente insieme i tasselli che avevo sparso, offrendone una sintesi a cui rimando perché sicuramente scritta ed elaborata in modo molto migliore di quanto non avrei mai saputo fare: l’articolo si intitola “Dal costruttivismo al costruzionismo: l’interazione con oggetti fisici”, di cui faccio di seguito un’estrema sintesi (ma rimando naturalmente alla versione completa).

Si parte dal concetto di robotica come atto creativo, per poi soffermarsi sul concetto di immaginazione di Vigotskij, la quale parte dal reale, ma ne ricombina gli elementi provenienti dall’esperienza, fino a farli diventare “nuovi oggetti reali”, frutto di ricombinazioni mentali, che divengono strumenti tecnici, macchine utensili e altro.

Altro importante apporto all’interazione tra uomo e oggetto è quello di Piaget, soprattutto quando sottolinea che il soggetto conoscente apprende attraverso l’azione, fisica o mentale che sia.

Di qui il concetto di conoscenza come “costruzione” (costruttivisimo, appunto) che avviene attraverso la manipolazione di oggetti e l’interazione con strumenti, siano essi fisici o mentali, che aiutino l’uomo nel suo percorso di ricerca e conoscenza del mondo.

Con Vigotskij l’apprendimento assume anche una valenza sociale (oggi è divenuto “cooperative learning”, concetto che ha addirittura origini settecentesche).

Nel pensiero di Papert ritroviamo quanto elaborato da Piaget e di Vigotskij, ma con una svolta decisiva: non solo il bambino apprende interagendo col mondo che lo circonda, ma anche il mondo esterno è modificato dagli artefatti cognitivi, utili allo sviluppo di specifici apprendimenti (Costruzionismo).

Arriviamo all’oggi: l’apprendimento così inteso (tra costruttivismo e costruzionismo), con l’avvento della tecnologia, trova nel computer prima, e nella Rete poi gli ambienti di apprendimento ideali in cui i soggetti divengono costruttori del loro sapere. Non solo, aggiungo io, ma con la possibile introduzione (graduale e inscritta in precisi progetti didattici) dei nuovi strumenti del movimento maker, si potrà dare all’intangibilità del digitale la concretezza e la fisicità dei manufatti pensati, progettati e realizzati grazie al digitale, con un reale ed efficace coinvolgimento attivo — e fattivo — del soggetto nel processo di apprendimento.

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marco
Il digitale a scuola

redattore editoriale, scrivo di tecnologie applicate alla didattica.