Facciamocene una ragione: la didattica non sarà mai digitale
Ho scelto un titolo volutamente provocatorio (per alcuni liberatorio, forse), ma è quello che mi è venuto in mente oggi pomeriggio, curiosando tra le risorse digitali messe a disposizione dagli editori del mezzo quintale di libri (cartacei) che ho dovuto comprare per mia figlia. La stessa che 3 anni fa mi aveva mestamente accompagnato nella prima incursione digitale in quello che, le avevo promesso, sarebbe stato un mondo meraviglioso fatto di conoscenza 2.0, e invece.
Sono passati tre anni, la bambina è diventata una ragazzina e dalle elementari siamo passati alle medie. Come sono cambiate le cose dal punto di vista dell’editoria scolastica e delle risorse digitali a disposizione degli studenti?
Tre anni fa il ritornello era: se vuoi accedere alle risorse digitali (sic) o alla versione digitale del tuo libro (ecco, già si è più sinceri), non devi fare altro (sic) che entrare nel Nostro Sito, digitare il codice Isbn del tuo libro, registrarti nel nostro ambiente di apprendimento (con la tua mail o quella di uno dei genitori), poi inserire il codice di accesso e finalmente scaricare l’app da cui selezionare il volume che stai utilizzando.
Facile, no? E comunque era tutto inutile, visto che il tablet andava in crash (come infatti scrivevo qui). Ora, a tre anni di distanza, gli editori hanno escogitato un sistema più semplice, immediato, meno macchinoso e di sicura efficacia: il cd rom! Quasi tutti i libri di I media adottati in classe di mia figlia hanno infatti una cosa che in effetti pochi ragazzini avevano visto prima, ma i loro genitori molto di più: la bustina trasparente con il fatidico dischetto che occhieggia tra il promettente e il minaccioso.
“Amore mio — inizio mellifluo, rivolto alla 11enne — vogliamo vedere com’è la parte digitale di questo libro?” Ma ella, ancora evidentemente memore dell’esperienza a dir poco deludente di tre anni fa, scuote la testa: “No, papà, fai tu, tanto non funzionerà niente.”
E’ bello crescere le nuove generazioni con una tale fiducia nella tecnologia e nell’innovazione. Anche se, parlando di cd rom, giustamente non vedono né l’una né l’altra.
Ma il papà è pervicace, crede ancora nelle magnifiche sorti e progressive dell’umana gente e inserisce il primo cd nel computer. E’ un cd di inglese. E una volta inserito, fa così:
Ci mette oltre 6 minuti per installare tutto. Tutto cosa? Una versione del libro per LIM, utilissimo magari per l’insegnante, forse un po’ meno per mia figlia, che almeno tre anni fa aveva l’opportunità di scaricare una versione digitale del libro sul tablet per evitare il peso del cartaceo o comunque utilizzarla in qualche modo anche in classe. Invece ora ha una versione pdf del libro proiettata a doppia pagina (con zoom poco agevole e utilizzo complicato) con pochissimi tool utilizzabili e in ogni caso piuttosto primitivi (disegna, sottolinea, evidenzia, cancella).
Passiamo allora al secondo cd, quello di matematica. Qui almeno non si deve scaricare niente e si entra direttamente in una home che indica due percorsi: il libro e le “esercitazioni”. Il primo è quasi ancora peggio di quello di inglese, se possibile (sì, è possibile): un buon vecchio pdf smarmellato su un anodino ambiente di lettura, la quale è resa però impossibile dal fatto che le due pagine non si possono nemmeno zoomare e le funzioni possibili sono tanto scarse quanto poco chiare da usare. La parte di esercitazioni invece funziona e si potrebbe addirittura utilizzare, anche se sembra realizzata nel 1987.
Il terzo è il cd del libro di musica, ma non saprei cosa dirne, a parte che è tutto molto poco user friendly e il layout è vecchio quanto il concetto di cd rom. Forse sono cose riesumate dall’editoria didattica anni ’90 e riportate in vita con la respirazione bocca a bocca.
Faccio un ultimo tentativo con il libro di storia, che promette mappe interattive e videotutorial. Qui niente cd, è roba Mondadori Education, mica pizza e fichi: questi c’hanno il loro MEBook, un ambiente di apprendimento, cose così. E’ sufficiente entrare, registrarsi nel portale e poi inserire il codice ISBN, poi il codice contrassegno, poi il codice seriale. E poi, con un semplice clic… “Attivazione non andata a buon fine”. Rifaccio. Questa volta con la lente di ingrandimento, perché i numeri dei codici sono miniati sull’etichetta SIAE (traslucida e poco leggibile) a corpo 6. Anche questa volta, l’attivazione non va a buon fine. Ma sicuramente va a quel paese, almeno da parte mia. Vorrà dire che Giulia farà a meno delle meravigliose carte “attive” e dei preziosi videotutorial.
Epilogo
Che l’editoria scolastica non stia tracciando nessun solco da seguire o su cui gettare i semi per una messe futura di innovazione digitale, era da temerlo. Non resta che pensare alle tecnologie non come tecniche ma come logiche e affidarsi non ai dispositivi, ma alle pratiche: proprio la scorsa settimana, per esempio, si è tenuto il Convegno FLIP-ME “Presente imperfetto, futuro capovolto” dove si è parlato ovviamente di classe capovolta, ma anche di tutte quelle strategie e metodologie didattiche improntate alla condivisione piuttosto che alla gerarchizzazione, dove l’apprendimento è visto come una pratica sociale che privilegia la costruzione del sapere attraverso la collaborazione. Del convegno ne ha parlato Chiara Spalatro nel blog docenti attenti, ma anche il Corriere ha dedicato un articolo all’evento.
So che ci sono parecchi critici, se non detrattori, della cosiddetta flipped classroom, ma è anche vero che ultimamente è sempre più forte la tendenza a criticare e a smontare piuttosto che aiutare a migliorare le cose. L’errore da evitare è, almeno secondo me, quello di ragionare per esclusione: strumenti e pratiche, tradizione e tecnologie possono e devono convivere, ma per trovare la giusta alchimia c’è bisogno del contributo di tutti. Sia di chi difende le une, sia di chi propone le altre. In attesa che anche gli editori entrino nel confronto, magari senza cd rom allegati.
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