Cambiando Blog

Zenware e Curation per scrittori

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La prima home page di Blogger

Uso i web log, al secolo blog, pressoché dai loro esordi quando erano ancora un fenomeno esclusivamente statunitense. Ne ho usati tanti e li ho usati un po’ in tutti i modi: divulgativi commerciali, personali… Li ho fatti confluire in dei miei siti. Poi ho chiuso i siti e alla fine ho anche abbandonato i blog.

La rete è un cimitero di blog spenti: alcuni vuoti, altri pieni ma dimenticati magari solo perché non più di moda, non tanto per i contenuti, quanto per le etichette, perché si parlava di teledidattica, poi di formazione a distanza, distance learning e poi e-learnimg, blended learning…

Vale la pena capitalizzare in post? Non saprei dire, ma a posteriori non mi sembra di poterlo sostenere. Di certo, chi come me lo fa soprattutto per piacere o interesse non vale la pena che si rivolga a piattaforme complesse o dispersive per integrare mille funzioni che tolgono al lato del piacere senza aggiungere nulla a quello dei risultati.

Ecco perché oggi che, dopo una sterile ubriacatura di Social Network, ho rifatto pace con i blog proprio grazie a quello che vado a raccontare, ho sviluppato una chiarezza nuova di quello che vuol dire fare blog.

Sostanzialmente per me esistono tre tipi di canali diversi:

Flipboard da Web
  1. Intanto quella che oggi si definisce Curation, con un anglismo di difficile traduzione (il curatore, divulgatore…) che personalmente preferivo chiamare condivisione delle conoscenze o knowledge sharing. Un tempo proprio a questo erano dedicati molti blog: riportare in un proprio contenitore contenuti presentati altrove. Ora questo lavoro si fa meglio con strumenti appositi: dai più tradizionali Social, come Facebook o Twitter, ai quelli più specializzati, soprattutto i magazine di Flipboard, e poi Scoop.it, Reddit, App.net, Paper.li…
Evan Williams, Blogger, Twitter and Medium creator
  1. Poi c’è la soluzione dei post condivisi. Da questo punto di vista esiste il rapporto spesso molto ambiguo con le testate on line, quasi tutte attrezzate con un’area blogger spesso decisamente mal gestita, confusa, entropica…
    Una seconda via proviene dal padre dei blog che, dopo l’esperienza Twitter, ha investito per recuperare un credo, quello che i blog fossero un patrimonio per il pensiero pensato oltre che scritto, a suo tempo venduto a caro prezzo a Google che però lo ha abbandonato a se stesso nel suo infinito mucchio di progetti ad alterni risultati. Questa strada si chiama Medium e al momento sta attraversando una costruttiva fase di calibrazione. Quello che sta avvenendo è che si stanno creando degli aggregatori, chiamati Collections, che costituiscono altrettante aree di blogging simili a delle analoghe di qualche giornale on line. Tutto il progetto segue un pensiero “darwiniano” di affermazione della specie in base all’adattamento reciproco con il suo ambiente che, almeno al momento ha una forte connotazione intellettuale, per quanto con le più svariate sfumature.
  2. Infine ha sempre un suo spazio il Blog Personale, filologicamente più conservativo delle origini diaristiche del web lob “primordiale”. Mentre per un certo periodo potevano esservi ragioni di produrre infinità di blog personali ora può essercene uno o al massimo due, magari con contenuti condivisi fra loro. Le piattaforme a questo proposito non sono tante: sono infinite! Ciò non toglie che, accanto al re del settore che rimane Wordpress, sempre più però orientato a proposte di content management principalmente editoriale o di gruppo, seguito da un Blogger a cui è la stessa Google ad aver sottratto risorse e da un’infinità di altri. Personalmente ritengo che un Personal Blog oggi debba rispondere a tre requisiti:

a. essere facile

b. supportare il codice markdown possibilmente in maniera trasparente (con un editor a tastiera e popup contestuale)

c. essere trasportabile, sia nel senso di compatibilità verso la mobilità (smartphone e tablet possibilmente di diverse piattaforme), sia nel senso di essere trasferibile da un sito editoriale all’altro

Per essere concreti, la mia soluzione consiste in due scelte precise: quella del servizio Roon.io per la pubblicazione dei miei materiali a prescindere da ogni condivisione collaborativa e un blog passivo con Tumblr. Che cosa intenda per “blog passivo“ è presto detto, un luogo che possa ricevere quello che di mio (dei blog o dei social) o di particolarmente interessante possa avere interesse di conservare e che posso inviarmi tramite bookmarlet o, ancor meglio, passandolo per delle app di curation, soprattutto Flipboard e Scoop.it.

Un esempio di Blog passivo con Tumblr

Credo molto nella soluzione Medium, specie nel fatto che dei curatori di Collezioni possano produrre delle proposte interessanti attraverso la “piattaforma darvinista” e non è impossibile che con qualche idea che migliori la visibilità del doppio accesso (collection e personal) e con delle app e altri adattamenti che consentano l’editing in mobilità, fra non molto potrà integrare al meglio il punto 2 e il punto 3, diventando una potenza del contenuto (momento in cui dovrà affrontare problemi molto maggiori, primo fra tutti la gestione dell’entropia).

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Ennio Martignago
Il Segno Chiaro | Zenware&Productivity

Master of curiosity and soul sharing, “circlesquaring man” and builder of impossible balancing; ph. d. in psychesoterology, freedomosophy and managemanarchy