Albero

Francesco Cisco Pota
inutile
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11 min readJul 23, 2018

Quando ho pianificato questo pezzo, che doveva essere il secondo della serie e poi è diventanto il terzo, niente mi faceva presumere che questa storia avrebbe avuto un significato così fortemente legato all’attualità politica. Eppure così è diventato. Quel che cercherò di raccontarvi è comunque la storia di un uomo e del suo tempo, con le sue particolarità e con il suo essere parte di quel tempo. Nonostante questo ho deciso di non sottrarmi al suo legame con l’attualità.

Johann Rukeli Trollmann By Hans Firzlaff (sintiundroma.de) [Public domain], via Wikimedia Commons

Ci sono storie contro cui si va a sbattere. Uno magari sta cercando altro e mentre legge salta fuori un riferimento o un dettaglio che aprono uno spiraglio e da lì un nuovo percorso, un nuovo incontro. Per me è stato così con la storia di Johann Trollmann. Stavo cercando storie di sport e di boxe in particolare quando tutt’a un tratto leggo di questo pugile che ridicolizzò i nazisti. Ma poi una lettura via l’altra, sono stato assalito da alcune domande. La storia che state per leggere è stato il frutto di domande tormentate: ho assillato la mia compagna con quel c’è qualcosa che non mi torna, ho scambiato mail con scrittori e ricercatori che si erano già occupati della vicenda di Trollmann e passato alcune nottate insonni a leggere. Le storie sono asce di guerra da disseppellire e bisogna maneggiarle con cura senza cercare di far dire loro quel che noi vogliamo che dicano.

La storia di Johann Trollmann è una storia complessa che negli ultimi anni è tornata alla luce e viene raccontata spesso per commemorare la Giornata della Memoria il 27 gennaio. Johann Trollmann era un pugile che boxava come nessun’altro faceva ed era un sinti. Volente o nolente non si liberò mai di questa appartenenza: se per la famiglia e gli amici era Rukeli per gli altri, giornalisti e tifosi, era Gipsy.

Johann Trollmann nacque nel 1907 vicino ad Hannover in una famiglia sinti con altri 8 fratelli. Ho trovato due grafie per il soprannome, Rukeli e Rukelie, mi attengo a quella presente sul sito dell’associazione che ne onora la memoria. In lingua romanì Ruk significa albero e da qui Rukeli. Johann era un giovane che ricordava un albero: forse per la sua altezza e la postura, forse per i suoi ricci neri che ricordavano una chioma e la sua bellezza.

Nel 1870, quasi quaranta anni prima della sua nascita e anche prima della nascita del Secondo Reich, il cancelliere Otto Von Bismarck chiese agli stati di Prussia, Baviera e Sassonia di impedire l’arrivo di zingari stranieri e di controllare quelli nativi: le bande che violavano la legge dovevano essere disperse e i loro membri indirizzati alla stabilità. Allora come oggi zingaro era sinonimo aprioristico di piccolo criminale. Sedici anni dopo venne rimarcata la differenza tra zingari stranieri e nativi, un po’ come dice oggi il ministro dell’Interno italiano anche i tedeschi di allora pensavano che purtroppo i nativi andassero tenuti ma imposero misure sempre più severe su documenti di identità e commercio. Questo e la volontà di renderli stabili li spinse sempre più verso l’illegalità e la povertà. Un anno prima della nascita di Johann, nel 1906, ancora un giro di vite: tutti gli zingari stranieri, inclusi quelli che non potevano provare la propria nazionalità oltre ogni dubbio, vennero deportati. A tal proposito vennero stretti dei patti bilaterali con l’Impero Russo, quello Austro-Ungarico, l’Olanda, la Danimarca, l’Italia, la Francia e il Lussemburgo. I rom che fossero tornati illegalmente sarebbero stati arrestati per aver violato l’ordine di deportazione.

Dieci anni dopo questo editto, Rukeli fece il suo esordio sul ring a otto anni. Con il tempo Trollmann si dimostrò un pugile davvero sui generis per il suo tempo: aveva uno stile che in molti paragonano a quello di Mohammed Alì ma con diversi anni di anticipo. Non stava mai fermo, ballava sul ring, continuava a muoversi e a saltellare, stancava l’avversario e poi lo colpiva. Era membro del Box Club Heros-Eintracht di Hannover e nel corso della sua carriera da dilettante divenne campione della Germania del Sud e del Nord. Tentò di partecipare alle olimpiadi di Amsterdam del 1928. Si conquistò sul quadrato il suo diritto a parteciparvi ma venne escluso dalla squadra tedesca con delle motivazioni poco chiare, secondo alcuni apertamente razziali visto che secondo la federazione tedesca non usava uno stile abbastanza tedesco di combattimento, e sostituito con un atleta che aveva già sconfitto.

Dal 1899 esisteva un’agenzia che si occupava di monitorare rom e sinti, nel 1904 aveva già raccolto 3350 dossier su singole persone e un anno dopo il suo soprintendente Alfred Dillmann pubblicò un libro nel quale raccoglieva i frutti di 6 anni di lavoro e che venne inviato a tutte le autorità con lo scopo “di combattere energicamente la piaga degli zingari”. Nel 1926 il governo della Baviera approvò una legge contro “zingari, vagabondi e i riluttanti al lavoro”: con lo scopo di prevenire il crimine vennero arrestate persone che non avevano ancora commesso nessun crimine. D’altronde per tutti gli anni ’20 molte delle misure di sicurezza e di contrasto al crimine prevedevano un censimento degli zingari. Secondo le istruzioni del ministero dell’interno il censimento venne condotto come verso persone sottoposte a un mandato di arresto. Nello stesso anno in Italia venne avviata l’epurazione dal territorio nazionale di tutti gli zingari non italiani. Con l’ordine dell’8 agosto 1926, il neonato regime fascista non solo aumentava i controlli alle frontiere per impedire l’accesso anche a quei rom con documenti validi per l’accesso nel paese ma iniziava un processo di deportazione fuori dal paese di tutti quei rom che non potessero provare con certezza la loro nazionalità.

Dopo l’esclusione e forse anche a causa di questa Johann decise che era ora di cambiare palestra. Nel ’29 si trasferì alla più famosa associazione sportiva di lavoratori di Hannover: la BC Sparta Linden. Qui viene notato da un allenatore di Berlino che lo convinse a seguirlo nella capitale e lo trasformò in un pugile professionista. A questo punto iniziò la carriera di Johann Trollmann che divenne più conosciuto come Gipsy. Una carriera a tratti esaltante.

Sembrava che il pugilato tedesco stesse aspettando proprio una figura come quella di Trollmann: non solo abile pugile dalla tecnica molto particolare ma anche una star fuori dal ring. I giornali parlavano di lui, i suoi incontri attiravano spettatori, signore e signorine ne notavano l’avvenenza. Dopo il primo incontro da professionista nel 1930, vinto per KO alla quarta ripresa, Rukeli inanellò altre 12 vittorie di fila. Sembrava davvero la nascita di una stella. Forse il suo essere diverso lo rendeva eccentrico indipendentemente dalla sua stessa volontà ma era sopratutto un pugile come non ce ne erano altri. Attirava odio e amore.

Vi ho detto all’inizio che questo pezzo è frutto di domande anche un po’ tormentate. La storia di Rukeli viene trattata spesso come una palla su un piano inclinato, destinata alla caduta. E anche alla luce di quel che accade oggi durante la lettura mi sono chiesto spesso se tutto quello che è accaduto fosse davvero ineluttabile. Si dice spesso che l’impoverimento dovuto alla crisi e alle conseguenze dei trattati di pace di Versailles sia stato ciò che spinse il popolo tedesco nelle braccia del nazismo. Ma il nazismo come parentesi orrorifica non mi convince fino in fondo, la versione che prevede i nazisti come degli alieni che arrivarono e cavalcarono la rabbia e la paura non mi soddisfa.

Mauro Garofalo è autore di Alla fine di ogni cosa, un romanzo basato sulla storia di Trollmann: è uno di quelli che ho disturbato per cercare di capire meglio quest storia.

Il passaggio da vicini di casa a delatori riguardò tutta la società. Nessuno è escluso. Siamo tutti potenzialmente diversi, passibili di qualche colpa primigenia a nostra insaputa ma non alla gogna pubblica

mi ha scritto nella mail di risposta. Passare da vicini a delatori è un elemento importante a mio avviso di questa storia. Non credo che i nazisti cavalcarono semplicemente una rabbia che in qualche modo annebbiò il popolo tedesco, in particolare annebbiò il ceto medio tedesco, quel che il partito nazionalsocialista fece fu di rimestare nel torbido di idee nazionaliste e razziste che già esistevano in tutta europa da secoli. La paura della povertà non ha soltanto annebbiato la mente di persone altrimenti buone e antirazziste ma ha scatenato istinti e credenze insiti nella cultura europea.

Dopo le 13 vittorie di fila nel 1930 Trollmann iniziò il percorso di avvicinamento al titolo. Parallelamente la Germania iniziò il percorso di avvicinamento al Nazismo. Dopo alcuni alti e bassi, nel 1932 Trollmann si confrontò con i migliori della sua categoria a livello internazionale: sconfisse l’argentino Russo per K.O., l’olandese de Boer e il tedesco Adolf Witt ai punti e pareggiò contro l’americano Baisley. Si allenava, combatteva e intanto osservava il suo paese andare velocemente verso la catastrofe. Nelle elezioni federali del 1930, il Partito Socialdemocratico prese il 24.5%, il partito nazionalsocialista il 18.3% e il Partito Comunista il 13.1%. Due anni dopo i nazionalsocialsiti presero il 37.8%, i socialdemocratici il 21.9%, i comunisti il 14.6%. Già nel ’30 forse era troppo tardi.

I nazisti, saliti al potere nel 1933, iniziaro a nazificare la Germania e la boxe venne ribattezzata “Deutscher Faustkampf” (pugilato tedesco). Esisteva a loro avviso un modo ariano di boxare: i due pugili al centro del ring a scambiarsi cazzotti fino al crollo di uno dei due. Lo stile di Rukeli era l’esatto opposto: lui evitava i colpi, non smetteva mai di muoversi e quando trovava il varco nella difesa avversaria colpiva duro. Per i nazisti questo era un modo effeminato e cordardo di combattere perché i veri uomini hanno il coraggio di stare lì come ciula a prendersi a pugni in faccia. Non so perché Trollmann non lasciò il paese, qualcuno credo lo consigliò: il suo allenatore/manager Zirzow, la sua compagna Olga, il campione della sua categoria Erich Seelig che avendo origini ebraiche ricevette anche minacce di morte prima dell’incontro per la difesa del titolo e che lasciò il paese senza combatterlo. Rukeli non lo fece nonostante i suoi viaggi in Europa gliene diedero la possibilità. Sarà stata probabilmente la voglia di vincere il titolo e forse la convinzione che in fondo la sua gente era abituata a queste minacce da secoli, in ogni caso Trollmann rimase.

Il successo del pugile e il suo fascino sportivo ne impedirono la sua immediata epurazione. Rukeli il 9 giugno 1933 salì sul ring e incrociò i guantoni con Adolf Witt, pugile ariano e sostenuto dai nazisti. Il dirigente della lega, il nazista Georg Radamm, pretendeva una vittoria di Witt per esaltare il pugilato ariano contro quello degli untermenschen, dei subumani. L’incontro deve essere stato emozionante perché alla potenza del pugile ariano si opponeva l’agilità di quello sinti. Ma quando l’incontro giunse alla fine della sua ultima ripresa era chiaro chi dei due avrebbe meritato la vittoria ai punti: Johann Rukeli Trollmann. Radamm però impose agli arbitri di dichiarare il pareggio, non poteva accettare l’onta di una sconfitta da uno zingaro. Il pubblico si ribellò e sotto la pressione degli spettatori gli arbitri dovettero cedere: Rukeli venne nominato campione nazionale dei mediomassimi.

Pochi giorni dopo la vittoria, il titolo gli venne ritirato, ritenuto non assegnato per le prestazioni non sufficienti di entrambi i pugili e venne fissato un nuovo incontro con un nuovo sfidante: Gustav Eder. Ma a Johann venne imposto di cambiare stile di combattimento: avrebbe dovuto combattere come il pugilato tedesco prevedeva, pena la perdita della licenza di professionista. Il 21 luglio 1933 tutto era pronto per la riedizione dell’incontro per il titolo e per la definitiva consacrazione del pugilato ariano. Nulla avrebbe impedito una vittoria scintillante e perfetta per la propaganda. Questo probabilmente fa parte del mito della storia di Trollmann quel che più lo incastra nonostante tutto nel pugile zingaro antinazista: si dice che salì sul ring con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina o il viso di cipria. La parodia di un pugile ariano. Cadde alle quinta ripresa e fu la fine della sua carriera di pugile.

Prendo ancora in prestito le parole che mi ha scritto Garofalo:

Rukeli aveva capito che non si può tornare indietro, e pur non essendo un politico, ebbe la forza o la stupidità di compiere un gesto politico, la cui eco è stata in grado di riverberare fino a noi, che poi sia stata la realtà dei fatti o la mitologia di quell’azione ad arrivare fino a noi poco importa. Siamo la narrazione del nostro quotidiano, e l’uomo (si) racconta storie da quando è apparso sulla Terra.

Dopo la sconfitta la vita di Trollmann sembra davvero la corsa di una sfera su un piano inclinato. Con l’emanazioni delle leggi razziali di Norimberga del ’35 gli venne revocata la licenza di pugile professionista in quanto untermensch. Venne sterilizzato, come previsto per gli zingari. Trovò qualche lavoro, ovviamente lontano dagli occhi delle autorità. Combatté per qualche tempo nelle fiere di paese fino a quando i nazisti arrivarono anche lì a urlargli buttati giù zingaro o ti ammazziamo. Si separò dalla moglie e dalla figlia neonata per proteggerle dalle vendette naziste. Venne rinchiuso in un campo per qualche mese. Dopo il rilascio visse nascosto nella foresta di Teutoburgo, sorpreso dopo lo scoppio della guerra nel ’39 venne spedito al fronte con la Wermacht ma quando i rom e i sinti vennero esclusi dall’esercito per motivi razziali nel 1942 venne arrestato e portato alla Centrale degli Zingari ad Hannover, una specie di carcere per soli rom e sinti. Qui venne pestato brutalmente e poi trasferito nel campo di concentramento di Neuengamme. Qui divenne soltanto il detenuto 9841 ma riconosciuto da alcune guardie fu costretto a combattere contro le SS nonostante fosse già palesemente debilitato dai lavori forzati.

Con l’aiuto del comitato illegale dei detenuti Rukeli Trollmann riuscì ad assumere l’identità di un prigioniero deceduto. Affinché non fosse scoperto fu organizzato il suo trasporto nel sottocampo di concentramento di Wittenberge. Anche qui venne però riconosciuto e costretto a combattere contro l’odiato kapò Emil Cornelius. Vinse, cioè vinse il combattimento, ma fu poi ucciso a tradimento dal kapò durante il suo turno di lavoro all’esterno del campo.

dal sito dell’associazione che ne cura la memoria.

Non è stato facile scrivere di questo pugile. Raccontare la sua biografia ha legami con l’attualità politica, con la storia e con come la storia viene raccontata. Mi sono chiesto se potesse essere un monito, anche se onestamente non è che ci creda più molto nei moniti. Non siamo noi a dover avvisare gli altri ma dobbiamo guardarci dentro, perché è in ciò che pensiamo sia scontato che a volte si insinua l’orrore. E poi dobbiamo opporci non ammonire. Alla fine ciò che spero di essere riuscito a fare è di aver raccontato la storia di Johann Trollmann, non quella del pugile che sfidò il nazismo. Quel gesto, avvenuto o meno, sarebbe comunque solo una piccola parte della sua vita. Mi è sembrato che il nazismo abbia inghiottito la sua memoria, oltre ad aver inghiottito la sua vita. Il suo gesto simbolico, che forse avvenne forse è mito, è inscritto nella sua storia personale: nel torto che gli veniva fatto in quanto pugile, come uomo prima che come sinti. Spero di essere riuscito a raccontarvi la storia di un uomo e il contesto dove visse, cercando di mantenere un equilibrio per quanto quel contesto sia così pesante. Dovremmo interrogarci su come ricordiamo quegli anni.

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