Episodio 5 | Empatia digitale

Marisandra Lizzi
l’età ibrida
Published in
6 min readDec 1, 2020

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In collaborazione con Elisa Lenci Botticella

Qui l’episodio 1 | Il funambolo
Qui l’episodio 2 | Phygital
Qui l’episodio 3 | Contaminati
Qui l’episodio 4 | Comunicare meno, comunicare meglio

Lo schermo del nostro smartphone è la finestra che noi abbiamo sul mondo digitale: tocchiamo la sua superficie e al di là di essa vediamo prodursi vibrazioni, onde e, a volte, persino piccoli terremoti. Un po’ come accade nel film Arrival: Louise Banks, la linguista interpretata da Amy Adams, è stata chiamata per tentare di comunicare con una specie aliena, protetta e confinata da una grande parete trasparente. Dapprima prova a comunicare con dei simboli, poi con dei suoni, ma il primo vero contatto si stabilisce soltanto quando Louise appoggia la propria mano sul vetro, lo stesso su cui anche il suo interlocutore alieno posa, poco dopo, il suo tentacolo.

Soltanto riconoscendo l’altro possiamo comunicare, che sia attraverso un vetro o lo schermo di un pc. È quando dimentichiamo l’altro, quello che sta dall’altra parte in quell’altro mondo, che le nostre parole perdono di efficacia, diventano barbare e crudeli, mancano di empatia.

Per il penultimo incontro de L’età ibrida abbiamo scelto di parlare di empatia digitale e di come usare la tecnologia per migliorare la vita delle persone. Camilla Archi, co-founder di “Bella dentro”, ne ha fatto una vera e propria missione: la sua startup è nata tre anni fa con l’intento di ridurre gli sprechi ortofruttiferi, soprattutto quelli legati ai canoni estetici brutto=cattivo e bello=buono. “Bella dentro” compra tutti quei prodotti che non si venderebbero nella grande distribuzione e li paga al giusto prezzo, un prezzo scelto dai produttori stessi. Non solo: la merce viene affidata a una cooperativa sociale, “L’Officina”, che forma e lavora con ragazzi affetti da autismo o con ritardi cognitivi. Dei veri belli dentro, insomma.

Il nostro secondo ospite è Roberto Murgia, imprenditore e fondatore di Infomail, che da sempre è impegnato ad aiutare le piccole realtà attraverso il digitale, per esempio con la sua nuova startup, “ShopCall”. Questo nuovo sistema di videocall-shopping consente di vendere online tramite una semplice applicazione che, partendo da una videochiamata, mette in relazione il cliente con il proprio venditore. In un certo senso, è come se tornasse centrale il contatto umano, anche se attraverso uno schermo: l’ecommerce diventa più empatico e dal calore umano, pur senza perdere di vista la semplificazione del digitale. In pochi passaggi, infatti, durante la videochiamata si può collezionare il proprio carrello elettronico e poi pagare con carta di credito in tutta sicurezza. Il Comune di Bra sta già dotando tutti i suoi negozi di questo servizio, provando a rialzare le saracinesche delle sue strade almeno nel mondo al di là, nel mondo digitale.

È una questione di empatia. E Assunta Corbo, la nostra terza ospite, è una vera e propria esperta. Giornalista e autrice, nel suo volume “Empatia digitale” spiega la sua missione: costruire un giornalismo diverso, che abbia alla base una comunicazione più empatica. Ormai lo sappiamo, il 2020 è stato un anno che ha accelerato il processo di digitalizzazione in tutto il mondo, entrando in moltissimi ambiti delle nostre vite: dalla scuola al lavoro, passando per le relazioni personali. Abbiamo dovuto ridurre le interazioni con colleghi, amici e familiari, e abbiamo cambiato abitudini.

Il risultato è che non possiamo più considerare il digitale come un corpo esterno, ma come parte integrante delle nostre vite. Eppure un rischio c’è, perché troppo spesso ci dimentichiamo che dietro ogni schermo si nasconda un’altra persona.

Sembra scontato, ma per ricordarcelo occorre allenare l’empatia, esercitarla proprio come se fosse un muscolo, e farsi sempre le domande giuste prima di scrivere qualsiasi cosa su internet, aspettando le onde e le vibrazioni che si producono nel mondo digitale. Corbo ha riconosciute otto domande in particolare, dietro cui si nascono gli otto valori dell’empatia digitale.

Pronti?

1 . Di chi sono le parole?

Certo le parole sono di tutti, ma il loro contenuto è personale. È per questo motivo che dobbiamo allenarci a usare bene le parole, pensando alle persone che ci stanno ascoltando e facendo i conti col fatto che ormai siamo diventati tutti dei piccoli personaggi pubblici, anche quando non ce ne accorgiamo. Usiamo bene le nostre parole quando commentiamo qualcosa, quando ci occupiamo della comunicazione di un’azienda o quando facciamo personal branding. Ma usiamo bene le parole anche quando scriviamo una mail di lavoro o quando rispondiamo a un nostro collaboratore. Tutto è comunicazione, non si può staccare mai.

2 . Ti accorgi di quello che scrivi?

A volte, in una storia, i dettagli possono davvero fare la differenza, perché mettono in luce aspetti che non avevamo considerato o persino cambiare il senso stesso della nostra narrazione. Non dimentichiamoci che tutto quel che scriviamo porta con sé una grossa responsabilità e che è importante mettere a fuoco la storia che vogliamo raccontare senza aggiungere parti che non sono funzionali.

3 . Stai scrivendo a te stesso o a loro?

Chiunque si occupi di produrre contenuti deve fare i conti con il suo pubblico, riconoscerlo e capire i suoi bisogni.

4 . Lo diresti in un faccia a faccia?

I social media sono i luoghi digitali in cui mettiamo più in discussione l’empatia. Pensiamo agli hater, per esempio, che quando vengono richiamati a un confronto privato di solito finiscono per moderare il proprio linguaggio e sgonfiare la polemica. È un processo molto delicato, perché è legato al concetto stesso di umanità: tessere una relazione con gli altri, rispettandoli e chiedendosi “ma io queste cose gliele direi in faccia?” è importante, perché ci lega gli uni agli altri come in una comunità.

5 . Lo senti con la pancia?

La gratitudine può dare tanti insegnamenti, per esempio il senso della prospettiva. Non è facile definire l’obiettività, e anzi oggi occorrerebbe ridefinirla: per Corbo, è fare un patto con il proprio lettore e lavorare sulla fiducia, seguire la notizia e cambiare idea se i fatti cambiano. Insomma, rimanere sul pezzo, offrendo più sguardi e risvolti della stessa narrazione.

6 . Sei davvero tu?

L’autenticità è un valore fondamentale per l’empatia digitale. Al principio, il digitale sembrava quasi una barriera per l’espressione di sé, ma oggi non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo chiederci chi siamo realmente, quali sono i nostri valori e in cosa crediamo prima di capire come comunicare. Emulare quel che sembra funzionare ormai è sorpassato, occorre plasmare la nostra comunicazione sull’identità, solo così diventerà davvero efficace.

7 . Hai fatto un buco nello steccato?

Per chiarire questo punto, Corbo ci racconta una storia: un giorno la maestra di sua figlia spiega alla sua classe che quando si offende qualcuno è buona norma chiedere scusa, ma farlo è un po’ come incastrare un chiodo in uno steccato e poi toglierlo: il buco rimane. Sulla rete accade qualcosa di simile, per questo dobbiamo provare a non “mettere il chiodo nello steccato”, a entrare nella vita delle persone con rispetto, accettando gli altri esattamente come vorremmo essere accettati noi stessi.

8 . Tu cosa puoi fare?

Il giornalismo costruttivo ha la cultura del come: il giornalista ha il dovere di accompagnare il proprio lettore nella comprensione della complessità del mondo. In questo senso, chiedersi come poter essere utili può rendere i nostri contenuti più interessanti e le storie diverse, mai ascoltate.

Provate a farvi queste domande ogni volta che realizzate un contenuto. Scrivete come se aveste il vostro lettore seduto accanto a voi alla scrivania e cercate di capire di cosa abbia realmente bisogno. La responsabilità è il cuore di tutto: quando saprete chi siete, saprete anche essere più onesti con voi stessi e potrete uscire dagli stereotipi in cui siete intrappolati, quelli che rendono meno efficaci la nostra comunicazione.

Se volete seguire l’intervento completo di Assunta Corbo, potete rivedere il quinto appuntamento de L’età ibrida a questo link.

Se, invece, volete approfondire questi temi potete rivolgervi a uno qualsiasi dei PID (Punti di Impresa Digitale) della Camera di Commercio e partecipare agli incontri di formazione che si organizzano per esercitare le vostre competenze digitali.

Il prossimo appuntamento è con Luciano Floridi, il 10 dicembre sempre alle 18. Se volete partecipare all’evento insieme a noi, iscrivetevi gratuitamente a questo link.

Alla prossima!

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Marisandra Lizzi
l’età ibrida

Scrivere per migliorare il mondo, partendo dal mio e poi allargando il raggio parola dopo parola