Principesse vs Antiprincipesse

Giulia Viganò
Iride Magazine
Published in
5 min readFeb 27, 2017

Gli stereotipi di genere nelle fiabe

Tutti conosciamo le principesse Disney. Le ricordiamo per la loro bellezza, i sorrisi sempre radiosi, i modi di fare gentili e aggraziati. Sono fanciulle deliziose, ma nella maggior parte dei cartoni completamente inutili. Prendete Biancaneve, Aurora e Cenerentola. Piangono di continuo (e se non lo fanno, è perché sono addormentate), si cacciano nei guai, e non risolvono né i loro problemi né quelli del regno. Il massimo dell’azione che viene loro concessa è pulire casa, rammendare vestiti e sfornare torte.

Secondo una ricerca recentemente pubblicata dal Washington Post, le principesse parlerebbero pure poco. Le studiose di linguistica Carmen Fought e Karen Eisenhauer hanno analizzato i dialoghi nei cartoni Disney e scoperto che i personaggi femminili sono decisamente meno loquaci di quelli maschili. Addirittura le principesse più moderne (anni ’90- 2000), nonostante mostrino maggior coraggio e personalità, parlano ancora meno di quelle del passato.

Parte del problema sta nel fatto che queste storie sono popolate principalmente da uomini, escludendo la protagonista femminile. «Chiunque faccia una qualsiasi attività che non sia trovarsi un marito, grosso modo, è un maschio», dichiara la Fought. E le presunte eroine spesso non sono altro che fragili creature in attesa di un uomo forte e coraggioso, capace di salvarle e di riportare la serenità. È grazie a loro che tutte le favole si risolvono con l’happy end, il classico “vissero felici e contenti”.

Biancaneve (1937)

L’accusa rivolta ai cartoni Disney è di offrire un’immagine della donna sottomessa e passiva. Sono in molti a pensare che le principesse abbiamo contribuito a definire, o meglio svalutare, la femminilità, riducendola a una serie di caratteristiche limitate e limitanti.

Per combattere questo cliché dell’immaginario fiabesco, sono nate diverse iniziative editoriali che propongono una narrazione diversa della “principessa”, e dunque della femminilità in senso lato. Nel panorama della letteratura per ragazzi emerge Antiprincipesse (2015), la collana ideata dalla casa editrice argentina Chirimbote, per raccontare le avventure di eroine alternative. L’idea è di raccogliere storie di donne reali che non aspettano il principe azzurro ma che «si sporcano costantemente le mani e combattono per affermare se stesse e quello in cui credono».

ANTIPRINCIPESSE #1 — Frida Kahlo

Il primo volume, uscito in Italia nel gennaio 2016, è dedicato all’artista messicana Frida Kahlo, una donna forte e ribelle che consacrò la propria vita all’arte. La cantautrice cilena Violeta Paura è la protagonista del secondo volume, seguito da un terzo dedicato all’eroina boliviana e lottatrice per l’indipendenza Juana Azurdy. L’autrice Nadia Fink ha scelto tutte figure femminili della propria cultura, quella sudamericana, così da rendere ancora più forte la contrapposizione con le classiche principesse europee.

Goodnight stories for Rebel Girls è un altro testo che vuole educare le bambine a crescere libere da pregiudizi e a decidere da sole il proprio futuro. L’opera raccoglie 100 brevi racconti illustrati, ciascuno ispirato a un personaggio femminile realmente esistito. Protagoniste sono donne come Serena Williams, Zaha Hadid, Elisabetta I e Rita Levi Montalcini, tutte prese a modello per talento, tenacia e determinazione. Per il momento il volume è stato pubblicato solo in lingua inglese, ma si comincia a parlare di un’edizione italiana.

C’è chi invece di proporre nuove figure femminili, preferisce rivisitare o dissacrare quelle tradizionali. È il caso di Fallen Princess (2007), progetto della fotografa israeliana Dina Goldestein. L’artista ha deciso di ritrarre in chiave ironica le principesse Disney nella vita reale, privandole della loro patina fiabesca. Ecco che Biancaneve diventa la moglie trascurata di un marito nullafacente, Ariel una triste attrazione da acquario, e Cappuccetto Rosso una ragazza palesemente in sovrappeso e vittima del trash food.

Dina Goldestein

Lo street artist svedese Herr Nilsson ha deciso di spingersi oltre, ritraendo le principesse in versione aggressiva per i muri di Stoccolma. Camminando per la città, si possono vedere suoi graffiti raffiguranti Aurora, Biancaneve e Cenerentola, armate di pistole e coltelli. L’obiettivo è di scardinare l’immagine stereotipata della fanciulla dolce e indifesa in attesa del principe, mostrandone, invece, il lato più oscuro.

Herr Nilsson

Nella crociata contro l’immaginario stereotipato Disney, è importante fare una precisazione. Le protagoniste dei primi lungometraggi — Biancaneve, Aurora e Cenerentola — sono state ideate tra il 1937 e il 1959. Anni difficili per le donne, anni in cui dovevano lottare per far sentire la propria voce e per guadagnarsi un ruolo al di fuori del nucleo familiare. Queste principesse sono coerenti con il contesto storico di riferimento e rispecchiano l’ideale di donna del tempo: sottomessa, docile ed estremamente passiva. Con il passare degli anni, la concezione e la posizione della donna è cambiata — e parallelamente si sono evolute le protagoniste Disney, che da fanciulle indifese sono diventate sempre più “eroine”. Nonostante parlino meno, è difficile negare che Jasmine e Mulan abbiano ruoli più attivi di Cenerentola e Biancaneve. Quando è uscita La sirenetta nel 1989, la critica ha accolto Ariel come la nuova eroina moderna. La grande svolta è arrivata nel 2012 con Ribelle (Disney Pixar), addirittura definito dalla rivista Forbes «un documento femminista mainstream». Merida, l’eroina del film, è intelligente, coraggiosa, sgraziata e disposta a tutto pur di mantenere la propria libertà.

«Io non voglio sposarmi, voglio rimanere single e sciogliere i miei capelli al vento e attraversare la valle al galoppo».
Niente di più lontano, insomma, dalle principesse tradizionali.

--

--

Giulia Viganò
Iride Magazine

“Inventiamo storie per poter vivere in qualche modo le molte vite che vorremmo avere quando invece ne abbiamo a disposizione una sola” — M. V. Llosa