Il DESI e le debolezze dell’Italia

Alfonso Fuggetta
La bella terra
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4 min readMay 13, 2017

Nei giorni scorsi è partito il lavoro dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sullo stato dell’Agenda Digitale Italiana. È un percorso che si rinnova ogni anno e che vuole contribuire a comprendere le dinamiche e le criticità che accompagnano l’attuazione della Digital Economy nel nostro paese e in particolare nelle amministrazioni pubbliche.

Il percorso 2017 è appena cominciato e non esistono ancora risultati da comunicare. Tuttavia, nel corso del primo incontro sono emerse alcune osservazioni sulle quali è utile riflettere. In particolare, si è discusso il ruolo del DESI, il sistema di indicatori utilizzato a livello europeo per valutare il grado di sviluppo di ciascun paese nel campo della Digital Economy.

Un primo elemento di studio e approfondimento è di carattere metodologico. È il DESI lo strumento più adatto per misurare il grado di maturità di un paese? Contiene gli indicatori appropriati? Cosa manca? Cosa andrebbe tolto o pesato meno?

Rimandando alla conclusione dei lavori dell’osservatorio questo tipo di considerazioni, è possibile comunque fare qualche riflessione su quale sia lo stato attuale del nostro paese, così come emerge dalla applicazione del DESI. Anche se il «termometro» non fosse dei migliori, in ogni caso dà indicazioni da tenere presente e ci aiuta a fare qualche parallelo con gli altri paesi ai quali è applicato.

Come è fatto e cosa dice il DESI

Il DESI è strutturato su cinque macro aree.

  1. Infrastrutture e connettivita
  2. Competenze e capitale umano
  3. Utilizzo di Internet da parte dei cittadini
  4. Utilizzo di Internet da parte delle imprese
  5. Servizi digitali delle amministrazioni pubbliche

Complessivamente, l’Italia ha un valore del DESI che la colloca al quartultimo posto nell’Europa a 28. Da cosa dipende questo posizionamento e ancora più importante quali sono i trend? Stiamo migliorando o stiamo peggiorando?

Nel corso del primo incontro dell’osservatorio abbiamo esaminato l’andamento dei sottoindicatori che determinano il punteggio nei cinque settori del DESI, sia come valore assoluto rispetto alla media UE (anno 2016), sia in relazione alla variazione degli stessi valori calcolati nel 2015. I risultati sono piuttosto interessanti.

Infrastrutture e connettivita

L’Italia nell’ultimo anno ha compiuto progressi significativi. Siamo molto più vicini alla media UE. Possiamo dire che se il valore assoluto non è ancora soddisfacente, le derivate prima e seconda (velocità e accelerazione di un fenomeno) iniziano ad esserlo. Merito all’investimento in offerta: c’è più banda, maggiore copertura e ci sono più servizi disponibili che richiedono banda (in particolare video streaming).

Tre considerazioni:

  • Esisteva una domanda latente dei consumatori che non si poteva manifestare fin tanto ché non si è sviluppata l’offerta sia di banda che di servizi applicativi.
  • I veri servizi che trainano la diffusione della banda larga non sono certo quelli pubblici o l’home banking, quanto lo streaming video e altri servizi “affamati di banda”.
  • Ancor più importante, non è la singola applicazione che conta, quanto la domanda aggregata: abbiamo sempre più device/utenti in casa che richiedono connettività (game console, TV, PC, smartphones, …) e quindi serve molta più banda (come scrivevo nel 2009 …).

Competenze e capitale umano

Sulle competenze il discorso è complesso in quanto, come sottolineano i colleghi del Politecnico, esiste un problema di aggiornamento dei dati. Quindi al momento serve un approfondimento che permetta di effettuare un confronto più significativo.

Utilizzo di Internet da parte dei cittadini

Sotto questa voce sono collocati 7 sottoindicatori. Di questi, 5 risultano abbastanza vicini alla media europea, mentre due si distaccano per circa 20 punti percentuali. Si tratta degli indicatori relativi all’uso dei servizi di home banking e di commercio elettronico. Perchè questo accade? Non voglio dare risposte, ma propongo alcuni stimoli di riflessione.

Si diceva che Amazon non avrebbe avuto successo in Italia. Invece sta crescendo molto. Quindi il ritardo non può essere ridotto semplicemente ad una arretratezza e mancanza di volontà dei consumatori.

Amazon ha alcune caratteristiche chiave:

  • Elevata semplicità.
  • Elevata qualità e ampiezza dell’offerta.
  • Prezzi estremamente competitivi.
  • Fiducia dei consumatori nella sicurezza dei pagamenti e delle spedizioni.

In poche parole, semplicità, prezzi bassi, vastità di scelta e fiducia/sicurezza.

Le aziende italiane stanno lavorando su queste direttrici? È solo una questione di brand? Se ha funzionato per Amazon, perché non dovrebbe funzionare per altri?

Utilizzo di Internet da parte delle imprese

È l’indicatore che ci posiziona più vicini alla media europea. Il dato potrà sorprendere, ma comunque va tenuto presente nel considerare gli elementi che maggiormente penalizzano il nostro paese. L’unico indicatore critico è quello relativo alle vendite online delle PMI. Due potrebbero essere le chiavi di lettura:

  • Un oggettivo ritardo delle nostre PMI.
  • Un maggiore orientamento al B2B rispetto al B2C di molte nostre PMI che sono in realtà fornitori “terzisti” di altre imprese, più che venditori di prodotti completi per l’utente finale.

Servizi digitali delle amministrazioni pubbliche

Dei quattro sottoindicatori che definiscono questo parametro, due sono significativamente inferiori alla media europea:

  • Utilizzo di servizi di e-government da parte dei cittadini.
  • Campi precompilati nelle form online relative a servizi offerti dalle amministrazioni.

Anche in questo caso, non ha senso affermare in modo netto quali siano le cause del ritardo. Ma certamente ha senso proporre almeno tre domande/spunti di riflessione:

  1. Abbiamo sviluppato molti portali e servizi digitali. Sono quelli che veramente servono ai cittadini e risolvono loro problemi pressanti?
  2. I servizi sono facili da usare e disponibili in mobilità?
  3. La mancanza di “campi precompilati” protrebbe rimandare ad un problema infrastrutturale noto: le amministrazioni “non si parlano tra loro” e quindi non sono in grado di offrire agli utenti informazioni complete e coerenti. In altri termini, abbiamo bisogno di interoperabilità e standard per sviluppare servizi più completi e quindi utili.

Alcune considerazioni finali

In modo telegrafico:

  • Non è vero che il problema sia principalmente l’immaturità di cittadini e imprese. Sicuramente, dobbiamo agire per sviluppare e diffondere la cultura digitale (quella vera, peraltro), ma questo non può essere un alibi per non investire.
  • Se si fanno le scelte giuste e le si sa portare avanti, il Paese cambia. Se si fanno scelte sbagliate o non si hanno le competenze per portarle avanti, il Paese rimane fermo o arretra.

Pubblicato su agendadigitale.eu il 10 Maggio 2016.

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Alfonso Fuggetta
La bella terra

Insegno Informatica al Politecnico di Milano. Condivido su queste pagine idee e opinioni personali.