Rappresentazione artistica di Altair, basata sulle osservazioni della griglia di telescopi CHARA. Credit: Zina Deretsky, National Science Foundation

Altair, la stella ovale

Altair è la prima stella di sequenza principale di cui è stato possibile osservare la superficie grazie all’interferometria. E quel che si è visto è che è fortemente appiattita ai poli. La causa? Una rotazione forsennatamente veloce

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
8 min readMar 15, 2009

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I telescopi CHARA e la risoluzione angolare

Gli americani, si sa, vanno matti per gli acronimi. CHARA — acronimo di Center For High Angular Resolution Astronomy — è la parola chiave che serve per capire come si sia arrivati alla prima immagine della superficie di una stella di sequenza principale come il Sole. La stella è Altair, Alfa Aquilae, la più luminosa della Costellazione dell’Aquila e la dodicesima stella più brillante del cielo notturno, nonché la più meridionale del famoso Triangolo estivo formato con Vega e Deneb.

Il Triangolo estivo è un asterismo formato dalle tre stelle più brillanti visibili nell’immagine. Altair è quella in basso a sinistra. Deneb è la stella in alto a sinistra, Vega quella sulla destra. Credit: J. McCrady

CHARA è invece una “costellazione” di sei telescopi con specchi da un metro di diametro, situati sullo storico Monte Wilson in California. I sei telescopi lavorano insieme formando un interferometro. Le immagini che producono possono essere cioè combinate tra loro, in modo tale da fornire particolari molto più dettagliati di quanto sarebbe possibile se ciascuno dei sei telescopi operasse per conto proprio. L’unione, dunque, soprattutto in questo caso fa la forza, come è ben spiegato sul sito di riferimento del progetto:

I telescopi sono sparpagliati sulla montagna in modo da creare uno schema bidimensionale in grado di fornire il potere risolutivo (ma non la capacità di raccogliere la luce!) di un singolo telescopio da un quinto di miglio di diametro. La luce proveniente dai singoli telescopi è convogliata attraverso tubi sotto vuoto verso la Beam Synthesis Facility centrale, in cui i sei segnali sono combinati insieme. I tracciati seguiti da ciascun raggio sono fatti corrispondere con un’accuratezza pari a meno di un micron, dopo che la luce ha percorso distanze di centinaia di metri: in tal modo, la griglia di telescopi agisce come un solo e unico telescopio, con la finalità di ottenere una risoluzione angolare eccezionalmente alta. L’array è in grado di risolvere dettagli fino alla grandezza minima di 200 micro-arcosecondi, equivalente alla dimensione angolare di una moneta da cinque centesimi di dollaro vista da una distanza di 10.000 miglia [= circa 16.000 km].

La dislocazione dei sei telescopi dell’interferometro CHARA. Credit: CHARA, Georgia State University

Può sembrare incredibile, ma questa straordinaria potenza è appena sufficiente a intravedere la superficie di Altair, nonostante abbia due volte il diametro del Sole e sia tra le stelle più vicine alla Terra. Secondo la stima del satellite Hipparcos, Altair dista da noi, infatti, “solo” 5,143 parsec, cioè circa 16,7 anni luce, una distanza — su scala astronomica — veramente trascurabile (l’affollatissimo centro della Via Lattea, giusto per fare un esempio, è lontano qualcosa come 25.000 anni luce).

Tuttavia, se passiamo a un’unità di misura più comprensibile per noi umani, il chilometro, anche solo 16,7 anni luce appaiono per quello che sono: una distanza siderale, un abisso di spazio lungo quasi 160.000 miliardi di chilometri! Ecco perché è così difficile riuscire a vedere le stelle, anche le più vicine, come qualcosa di più di un puntino luminoso.

La tecnica dell’interferometria permette di avere la risoluzione di un telescopio virtuale con il diametro corrispondente alla lunghezza massima della griglia formata dai telescopi usati in combinazione: nel caso di CHARA 250 metri. Questa straordinaria potenza si ottiene però a scapito della luminosità (i fotoni raccolti sono molto meno numerosi di quelli che colpirebbero un telescopio fisicamente grande quanto l’interferometro). Credit: Zina Deretsky, National Science Foundation

Studi precedenti basati sull’interferometria

La tecnica dell’interferometria, nelle sue numerose varianti, è però un potente alleato degli astronomi nello sforzo di osservare la superficie delle stelle. Prima della ricerca basata sui telescopi CHARA, erano già state effettuate altre osservazioni di Altair con tecniche di interferometria. Dei risultati di queste ricerche precedenti dà conto uno studio pubblicato a novembre 2005 su Astronomy & Astrophysics. Gli autori giunsero a una conclusione che può apparire sorprendente a chi, abituato a pensare alle stelle come a corpi simili al nostro Sole, le immagina somiglianti a sfere più o meno perfette. Scrivono infatti:

Le osservazioni inteferometriche hanno rivelato che il rapido rotatore Altair è una stella appiattita con una distribuzione di intensità non centralmente simmetrica.

L’ipotesi che spiega la non uniforme distribuzione dell’intensità luminosa di Altair è quella dell’oscuramento gravitazionale (gravity darkening). La teoria discussa in uno studio pubblicato a settembre 2004 su The Astrophysical Journal:

Abbiamo adattato i dati misurati a un modello con una zona brillante su un disco oscurato al bordo e abbiamo trovato che le osservazioni sono ben riprodotte da una zona brillante che ha un’intensità relativa del 4,7%, su un disco stellare di 3,38 mas [millesimi di secondo d’arco] oscurato al bordo. La rapida rotazione di Altair indica che questa regione brillante è un polo, che risulta più brillante delle restanti parti della stella a causa dell’oscuramento gravitazionale.

Tradotto in parole più semplici, quello che gli studi citati propongono è un modello che spiega le caratteristiche osservate di Altair — una stella oblata, cioè dilatata all’equatore e schiacciata ai poli — per mezzo della sua rapidissima rotazione. La forza centrifuga, spingendo il materiale stellare lontano dall’asse di rotazione nella zona equatoriale, rende questa zona meno densa. La minore densità determina una minore pressione gravitazionale e, di conseguenza, un abbassamento della temperatura media nella regione. Una stella con un forte rigonfiamento equatoriale, come Altair, è insomma più brillante e calda ai poli che all’equatore, e ha una gravità maggiore ai poli che all’equatore.

Una misura dello schiacciamento di Altair dovuto alla rapida rotazione era stata già fornita in uno studio del 2001 pubblicato su The Astrophysical Journal. I risultati ottenuti erano basati su osservazioni effettuate per mezzo del PTI, Palomar Testbed Interferometer, un sistema meno potente del CHARA, costituito da telescopi da 40 cm, separati da una distanza di 109 metri.

Modello tridimensionale di Altair ricavato dai dati interferometrici acquisiti con il Palomar Testbed Interferometer. Credit: The Astrophysical Journal, 559:1155–1164, 1/10/2001

Gli autori di questo studio avevano trovato che un modello ellittico della forma di Altair proiettata contro il cielo spiegava molto meglio le caratteristiche osservate tramite il PTI, rispetto a un modello di disco stellare circolare:

Le nostre misurazioni rappresentano le prime osservazioni mai effettuate di una diretta asimmetria in una stella che si trova sulla sequenza principale.

Le misure da essi ricavate erano di 1,915 ± 0,023 raggi solari per il semiasse maggiore dell’ellisse e di 1,681 ± 0,039 raggi solari per il semiasse minore, con una differenza del 14% tra i due.

È da notare che le misure qui indicate non corrispondono banalmente al raggio equatoriale e al raggio polare della stella, dal momento che non è esattamente nota l’inclinazione dell’asse di rotazione di Altair rispetto al punto di vista di un osservatore terrestre:

Dagli assi apparenti maggiore e minore possiamo quantificare il raggio della stella alle latitudini estreme. All’equatore, il raggio stellare dovrebbe essere semplicemente uguale all’asse maggiore proiettato. Ai poli, il raggio sarà minore o uguale all’asse minore proiettato. Data l’inclinazione ignota della stella relativamente alla nostra linea di vista, è probabile che il raggio ai poli sia anche più piccolo.

Rendering in falsi colori della superficie di Altair. Le zone blu sono più calde (8740 K ai poli), quelle rosse più fredde (6890 K all’equatore). Cortesia: D. M. Peterson et al. 2006 ApJ 636 1087 doi:10.1086/497981

Le immagini della superficie di Altair

E veniamo finalmente ai risultati delle osservazioni con i telescopi del CHARA. Sono riportati in uno studio apparso su Science nel luglio 2007, nel quale si conferma la presenza di un forte schiacciamento di Altair. Tuttavia la ricerca introduce nuovi elementi che non possono essere spiegati con i modelli teorici fino a quel momento utilizzati:

(…) presentiamo qui un’immagine nel vicino infrarosso della stella calda a rotazione veloce Altair con una risoluzione inferiore a 1 milliarcosecondo. L’immagine rivela chiaramente il forte effetto di oscuramento gravitazionale su una fotosfera stellare altamente distorta. I modelli standard per una stella uniformemente rotante non possono spiegare i nostri risultati, richiedendo una rotazione differenziale, leggi alternative di oscuramento gravitazionale, o entrambe.

Immagine di Altair ricostruita in base alle immagini interferometriche e alle differenze di temperatura. Credit: John D. Monnier et al., Science, 317, 20/7/2007

Il brano citato fa riferimento al teorema di Von Zeipel, risalente nella prima formulazione al 1924, che definisce in base a calcoli teorici un coefficiente di oscuramento gravitazionale β = 0,25 per gli involucri radiativi:

Le più elementari predizioni della teoria di Von Zeipel — la distorsione centrifuga e l’oscuramento gravitazionale — sono state in una certa misura confermate. […] Mentre la teoria di Von Zeipel appare funzionare a un livello di base, serie discrepanze sono emerse tra la teoria e le osservazioni. Più in particolare, il diametro della stella di tipo-B Achernar è stato misurato e trovato 1,56 volte maggiore in una dimensione che nell’altra: troppo perché sia spiegabile con la teoria di Von Zeipel. Tra le spiegazioni proposte vi sono una forte rotazione differenziale della stella o la presenza di un vento polare, entrambe le quali hanno conseguenze di larga portata per la nostra comprensione dell’evoluzione stellare. […] Allo scopo di migliorare i nostri adattamenti [dei dati osservativi], abbiamo esplorato un’estensione del modello di Von Zeipel, lasciando che il coefficiente di oscuramento gravitazionale β fosse un parametro libero. Abbiamo trovato che il modello β = 0,190 migliorava significativamente la bontà della corrispondenza e che tale miglioramento è visivamente riscontrabile quando si confrontano le immagini del modello sintetico di Altair con le immagini provenienti da CHARA. In aggiunta a un β minore, il nuovo modello suggerisce un orientamento meno inclinato, una più fredda temperatura polare e una maggiore velocità di rotazione.

In parole più semplici, ciò che lo studio pubblicato su Science nel 2007 suggeriva è che la variazione dell’oscuramento gravitazionale in stelle in rapidissima rotazione come Altair e Achernar avvenga in funzione di un coefficiente β diverso da quello calcolato nella prima metà del secolo scorso da Von Zeipel. Ciò può significare che i dati osservativi per stelle di questo tipo non si possono spiegare soltanto con lo schiacciamento polare dovuto alla forza centrifuga, ma devono essere integrati da elementi supplementari: probabilmente la rotazione differenziale e un vento stellare polare più intenso di quello che emana dalle regioni equatoriali.

Immagini di sintesi di Altair costruite su modelli convenzionali per una stella che ruota velocemente. Le linee tratteggiate corrispondono ai dati interferometrici ottenuti con i telescopi CHARA. Credit: John D. Monnier et al., Science, 317, 20/7/2007

Ecco infine alcuni dati relativi ad Altair, secondo il modello suggerito dallo studio di John D. Monnier e colleghi:

Secondo questi dati, Altair ha un diametro equatoriale di circa 2 milioni 822 mila km (poco più che doppio di quello del Sole), maggiore del 24% rispetto al diametro ai poli.

Definizione dell’asse di rotazione di Altair, sulla base dei dati interferometrici del CHARA. Credit: Ming Zhao, University of Michigan

La velocità di rotazione di Altair proposta dallo studio del 2007 (240 km/s) è impressionante. Corrisponde a 864.000 km/h. Ciò vuol dire che una stella grande il doppio del Sole impiega poco più di 10 ore per una rotazione completa all’altezza dell’equatore! La differenza rispetto alla nostra stella è enorme: una rotazione completa del Sole, misurata all’equatore, richiede ben 25,38 giorni terrestri, corrispondenti a una velocità di rotazione di appena 3.590 km/h: un passo da lumaca rispetto ad Altair, che fa un giro su se stessa in circa 1/240 del tempo impiegato dal Sole.

Altair, in effetti, ruota su se stessa così velocemente da non essere molto lontana dalla velocità angolare critica di rottura, stimata intorno ai 400 km/s. Nei dati riportati più sopra, il valore ω (omega) indica appunto il rapporto tra la velocità di rotazione di Altair e la velocità critica di rottura desunta in base a modelli matematici.

Quest’articolo è una rielaborazione di un articolo scritto nel 2009.

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.