Una vignetta di I. Maximov per illustrare una superciviltà galattica di tipo III, secondo la scala proposta da Kardašëv. Credit: N.S. Kardašëv, “On the inevitability and the possible structures of supercivilizations”, 1985

Non ci sono più gli alieni di una volta!

Un approfondito studio basato sulle osservazioni del satellite WISE della NASA nel medio infrarosso non ha trovato alcun segno evidente di vita intelligente in 100.000 galassie

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
6 min readApr 26, 2015

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In un articolo pubblicato su Science il 3 giugno 1960, il fisico Freeman Dyson teorizzava che, se esistessero civiltà aliene dotate di una tecnologia in grado di imbrigliare la luce della propria stella per usarne l’energia a proprio vantaggio, parte dell’energia catturata si disperderebbe nello spazio esterno sotto forma di calore e noi potremmo dalla Terra osservarne la traccia come radiazione infrarossa. Queste ipotetiche strutture extraterrestri, estese per diverse unità astronomiche intorno a una stella tanto da oscurarla nella regione della luce visibile, divennero note in seguito come “sfere di Dyson”. Purtroppo finora non ne è stata trovata nemmeno una, per quanto si sia scandagliato il cielo in tutte le direzioni con i più sofisticati telescopi sensibili alla radiazione infrarossa.

Nel 1964 l’astronomo russo Nikolaj Semënovič Kardašëv fece un ulteriore passo in avanti con l’immaginazione. Propose che la ricerca di segnali provenienti da civiltà extraterrestri facesse riferimento a una scala a tre livelli, basata sul tipo di controllo sull’energia posseduto da eventuali intelligenze aliene. Al livello più basso Kardašëv pose le civiltà che erano in grado di utilizzare l’intera “fornitura” di radiazione stellare destinata al proprio pianeta (una capacità che noi umani siamo ancora ben lontani dal possedere). Al secondo gradino pose le civiltà in grado di imbrigliare la totalità della radiazione emessa dalla propria stella (è il livello tecnologico necessario per costruire una sfera di Dyson). Al terzo e ultimo livello, infine, pose le superciviltà galattiche, costituite da intelligenze evolute al punto da aver scoperto come superare le distanze interstellari, fino a imbrigliare per i propri scopi la luce emessa dalla totalità, o quasi, delle stelle della propria galassia.

Un gruppo di astronomi facente capo alla Penn State University ha preso molto seriamente la possibilità che esistano superciviltà del terzo livello e ha pubblicato una corposa ricerca, in cui sono stati esaminati con certosina pazienza i dati forniti dal telescopio spaziale a infrarossi WISE su circa 100.000 galassie, sufficientemente vicine da consentire di analizzare l’intensità e la distribuzione della radiazione infrarossa al loro interno.

La ricerca è stata chiamata G-HAT, acronimo di Glimpsing Heat from Alien Technologies Survey, che significa più o meno “Ricerca di evidente calore proveniente da tecnologie aliene”. I membri del team hanno scandagliato immagini in falsi colori come quella della galassia di Andromeda, visibile di seguito. I colori utilizzati indicano le differenti temperature della radiazione osservata nel medio infrarosso da WISE: l’arancio, diffuso soprattutto nei bracci a spirale della galassia, rappresenta il calore emesso nelle regioni di formazione stellare, dove le polveri bloccano parte della radiazione visibile proveniente dalle stelle e la riemettono sotto forma di calore, captabile appunto nell’infrarosso.

Immagine in falsi colori della galassia di Andromeda, osservata nell’infrarosso dal telescopio spaziale WISE della NASA. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLAastrobiologia

Ciò che gli astronomi cercavano erano i segni, su scala galattica, di un ingente “sequestro” della luce visibile, riprocessata come radiazione infrarossa: cioè galassie molto poco luminose nella regione visibile dello spettro e molto brillanti, invece, nell’infrarosso. È un principio della termodinamica: se una civiltà aliena usa la radiazione stellare per produrre lavoro, una parte di quell’energia si trasformerà inevitabilmente in calore. Analogamente, se un computer è acceso in una stanza, un rilevatore a infrarossi sarà in grado di captare la frazione dell’energia elettrica destinata all’alimentazione del computer che è stata trasformata in calore.

Secondo gli autori dello studio, una galassia dominata da una superciviltà di tipo III sarebbe dovuta apparire nel campione analizzato come un oggetto in cui più dell’85 per cento della luce stellare totale è stata riprocessata, in modo da essere rilevata come radiazione nel medio infrarosso, la banda dello spettro a cui è sensibile il telescopio WISE, piuttosto che come luce visibile.

Purtroppo per chi ama la fantascienza e in particolare il famoso ciclo della Fondazione di Asimov, gli astronomi impegnati nella G-HAT hanno dovuto concludere piuttosto sconsolatamente che nessuna delle circa 100.000 galassie analizzate ha un livello di emissioni nel medio infrarosso superiore all’85 per cento. Non vi sono cioè evidenti segni di superciviltà galattiche. Solo 50 galassie (appena lo 0,0005 per cento del campione) sono risultate con valori intorno al 50 per cento o superiori, ma l’eccesso di radiazione infrarossa che esse presentano è probabilmente del tutto naturale, cioè dipendente da una forte attività di formazione stellare, come nel caso della ben nota Arp 220. Seguiranno comunque degli studi di approfondimento, per cercare di capire l’origine esatta della loro brillantezza nell’infrarosso.

Jason Wright, uno dei membri del team, ha tirato le conclusioni del lavoro svolto:

I nostri risultati significano che, delle 100.000 galassie che WISE è stato in grado di vedere con sufficiente dettaglio, nessuna è ampiamente popolata da una civiltà aliena in grado di usare la maggior parte della luce stellare della galassia per i propri scopi. Ciò è interessante, perché si tratta di galassie che hanno miliardi di anni. Hanno dunque avuto tutto il tempo per essere occupate da civiltà aliene, nel caso queste esistano. Per cui, delle due l’una: o non esistono oppure non usano abbastanza energia perché le si possa riconoscere.

Comunque sia, non tutto il male viene per nuocere. Mentre cercavano alieni tra le galassie, gli astronomi della Penn State si sono imbattuti in alcuni singolari oggetti appartenenti alla Via Lattea, quasi del tutto ignoti alla letteratura esistente. Uno di questi è un’enorme nube di polveri diffuse intorno alla stella 48 Librae, estesa per circa 15.000 unità astronomiche, chiaramente visibile nelle immagini di WISE, ma del tutto assente nelle frequenze ottiche.

48 Librae è una stella particolare. Classificata come una gigante Be (cioè appartenente alla classe spettrale B, ma con uno spettro che presenta righe di emissione), “stazza” circa 5–6 masse solari, dista intorno ai 500 anni luce dalla Terra e ha un’età stimata in 20 milioni di anni. Possiede la peculiare caratteristica di ruotare su se stessa ad altissima velocità: circa 400 km al secondo, pari all’80 per cento della sua velocità di rottura. A causa di questa forsennata rotazione, la stella è oblata (il diametro equatoriale è nettamente maggiore di quello polare) ed è circondata da un disco di materiale espulso. Gli astronomi ritengono che la nube di polveri visibile nell’infrarosso sia stata prodotta dalla stella medesima: lo “scudo” che circonda la stella si espande, infatti, a circa 25 km/s e ci vogliono, dunque, non più di 30.000 anni, perché il materiale gassoso espulso da 48 Librae raggiunga la posizione attualmente occupata dalla nube di polveri visibile nell’infrarosso. Anche qui, insomma, niente alieni…

Nelle immagini di WISE, la stella 48 Librae è circondata da una voluminosa nube di polveri, disposta secondo una simmetria ad anello. Credit: arXiv:1504.03418 [astro-ph.GA]

L’altro oggetto interessante scoperto nella Via Lattea sembrava avere, inizialmente, le caratteristiche giuste per essere interpretato come un sistema di sfere di Dyson: una forte emissione nel medio infrarosso, catturata da WISE, ma invisibilità totale nelle frequenze ottiche! Così apparirebbe la radiazione termica emessa da un gigantesco sistema di pannelli solari, disposti intorno a un gruppo di stelle per catturarne completamente l’energia radiante.

L’immagine di WISE nel medio infrarosso (a sinistra) mostra un misterioso oggetto rosso che non ha nessuna controparte nell’immagine ottica (a destra), nella quale la sua posizione è evidenziata dal cerchio rosso. Credit: arXiv:1504.03418 [astro-ph.GA]

Purtroppo, anche in questo caso la fredda razionalità scientifica impone di scartare l’ipotesi aliena. Esistono, infatti, immagini nel vicino infrarosso nelle quali l’oggetto scorto da WISE è visibile, sia pure con minori e differenti strutture.

L’oggetto osservato da WISE è visibile anche nel vicino infrarosso. Le immagini sono tratte dalla survey 2MASS. Credit: arXiv:1504.03418 [astro-ph.GA]

Il fatto che il misterioso oggetto sia visibile parzialmente nel vicino infrarosso indica che ha una temperatura molto più elevata di quella che avrebbero dei pannelli solari. Se la radiazione captata da WISE fosse stata emessa da un sistema di sfere di Dyson, ci sarebbe stato un crollo esponenziale della radiazione per temperature della luce maggiori della temperatura ambiente: cioè, non si sarebbe visto nulla non solo nel visibile, ma anche nel vicino infrarosso. Invece, il fatto che l’oggetto sia visibile nelle immagini di 2MASS, suggerisce che non sia altro che un’estesa nube di polveri, all’interno della quale si nasconde un giovane ammasso stellare ancora in formazione. La luce proveniente dalle stelle viene schermata dalle polveri rispetto al nostro punto di vista e riemessa come radiazione termica.

L’appuntamento con gli alieni deve essere ancora una volta rimandato.

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.