Sugli “Orientamenti per l’apprendimento della Filosofia nella società della conoscenza”(1)

A che serve studiare Filosofia nella “Società della conoscenza”?

Pietro Alotto
La Scuola Che Non C’é

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Parte prima | Parte seconda

Questo è il primo di una serie di post dedicati all’analisi del documento del MIUR pubblicato nel mese di Dicembre dal titolo ‘Orientamenti per l’apprendimento della Filosofia nella società della conoscenza’, a cura del Gruppo tecnico-scientifico di Filosofia, coordinato dal Direttore Generale, Carmela Palumbo, e che aveva fra i suoi componenti fra altri Massimiliano Biscuso (Docente Liceo Classico “Giulio Cesare” — Roma), Giovanni Boniolo (Docente — Università di Ferrara), Clementina Cantillo (Docente — Università di Salerno), Hansmichael Hohenegger (Ricercatore — CNR Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee).

Si tratta di un documento importante e che mette in campo una serie di idee innovative su cosa dobbiamo intendere per Filosofia a scuola, sugli obiettivi formativi da perseguire, e sulle strategie che possono essere utilizzate per rendere effettivo, concreto, efficace e “produttivo” l’insegnamento della disciplina.

E’ vero, il documento risente del fatto che è stato scritto da più mani. Da questo punto di vista, malgrado lo spirito che lo attraversa sia unitario, non mancano incoerenze e diversità di accenti: gli estensori delle diverse parti danno diversa importanza ora all’uno ora all’altro aspetto dell’innovazione.

Chiedere a cosa serva studiare filosofia oggi, non è farsi una domanda banale. E’ una domanda di senso che mette in discussione la stessa esistenza di un insegnamento filosofico nella Scuola italiana. E’ una domanda che si è periodicamente riproposta nel dibattito sul futuro della Scuola italiana, almeno a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.

In più occasioni si è ventilata la scomparsa dell’insegnamento della Filosofia dal curricolo scolastico e la sua sostituzione con altre discipline più “utili” o “spendibili” nella vita professionale (le scienze sociali e la Sociologia in particolare).

Il Documento progettato, realizzato e redatto dal Gruppo tecnico-scientifico istituito presso il MIUR (“composto da professionalità appartenenti al mondo della scuola, dell’università, della ricerca, della cultura, con competenze scientifiche e teoriche nei diversi settori delle discipline filosofiche, unite a una qualificata esperienza nell’ambito formativo”) dà una risposta chiara alla domada di cui sopra: non solo la Filosofia ha una sua ragion d’essere nella formazione “dei nostri studenti e nell’ottica del lifelong learning, in linea con i bisogni formativi delle nuove generazione e con le richieste della realtà contemporanea” , ma andrebbe addirittura estesa a “tutti”, con una didattica rinnovata!

Ed è su questo che la Commissione ha lavorato ed elaborato proposte da discutere con tutti “i soggetti interessati” in “incontri di riflessione anche a livello territoriale”.

Si tratta, quindi, di un “documento aperto e propositivo” che intende rilanciare il dibattito sul ruolo della funzione formativa, educativa e culturale della filosofia.

L’enfasi sul rinnovamento metodologico-didattico della disciplina

Già nella Premessa, il Documento sottolinea come ciò che il Gruppo ha elaborato è una proposta per “il rinnovamento della didattica della filosofia e la diffusione dell’apprendimento filosofico come opportunità per tutti” (p.4).

In un’epoca e in un mondo in cui il valore pratico delle discipline umanistiche viene sempre più messo in discussione, il Documento nella sua prima parte si sforza (in modo encomiabile) di sottolineare la valenza formativa del sapere teoretico per eccellenza, la filosofia, “per il contributo ad alimentare libertà di pensiero, autonomia di giudizio, forza dell’immaginazione, e a sviluppare intelligenze flessibili, aperte, creative, indispensabili per orientarsi nel mondo (p. 9); e la sua coerenza con il programma d’azione fissato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta dalle Nazioni Unite nel 2015 (p.7).

Ma quale insegnamento/apprendimento? Non l’insegnamento tradizionale, vista l’enfasi del Documento sulla necessità di “ri-pensare” l’insegnamento-apprendimento della filosofia anche nella prospettiva de “l’inserimento di possibili percorsi di filosofia là dove la disciplina non è prevista dall’ordinamento”. Estensione a tutti gli ordini di scuola e grado (con modalità e forme diverse) che è stata salutata da tutti come una novità positiva del Documento.

Il Documento non entra nel merito di ciò che deve essere insegnato (lasciata all’autonomia didattica del docente e alle Indicazioni nazionali alla pianificazione del curricolo di filosofia), anche se indica di andare oltre la “dimensione storico-diacronica” e l’approccio per temi e problemi” aprendosi a “nuove prospettive di studio e di pratica dell’insegnamento/apprendimento della filosofia” (p.8), inserendotali indicazioni nel contesto “delle trasformazioni didattiche e organizzative in atto nella scuola” (p.8)

Queste aperture si accompagnano a suggerimenti relativi a nuove e specifche modalità di progettazione didattica, che escono dal, e rompono il, vetusto e deleterio “programmismo” della prassi didattica tradizionale (va da sé che nessuno dei miei colleghi riconoscerà nel “programmismo” la propria prassi didattica personale!), individuando nel modello dell’ “Unità di apprendimento” quella che meglio piega Obiettivi, metodi didattici e modalità di verifica al raggiungimento di quanto previsto dal “profilo dello studente” in uscita.

Interessante (ma quanto “realizzabile” nell’attuale contesto scolastico è da vedersi) è l’idea di organizzare l’insegnamento della filosofia secondo “una logica organizzativa di corso istituzionale, monografico e seminariale” (p.11). I suggerimenti che seguono sono spunti che meriterebbero un approfondimento e un chiarimento sulle modalità operative concrete.

C’è poi un’interessante apertura di credito nei confronti di pratiche didattiche diverse dal modello tradizionale (flipped classroom, Debate ecc.).

Infine, la sezione sulla Valutazione. Qui l’enfasi sulle competenze è sicuramente più marcata.

Se il curricolo deve diventare un piano di riflessione progettuale ispirato a partire dalla fine, dai traguardi di competenza, la valutazione deve a sua volta diventare per i docenti l’elemento dinamico, fluido, che collega questi due estremi del curricolo attraverso il lavoro che in classe si realizza soprattutto nell’unità di apprendimento che consente di valutare lo studente a partire dalle competenze. La valutazione dell’apprendimento della filosofia dovrà quindi giovarsi di una forte simmetria tra competenze promosse, processi osservati e traguardi del curricolo. (p.12)

E’ quella “programmazione a ritroso” che la didattica per competenze richiede “che parte dalla fine più che dall’inizio dei percorsi” (p.11).

Abbastanza da far venire l’orticaria ai tanti detrattori della “didattica per competenze”.

Questa parte del documento si chiude con una serie di proposte che non potranno che suscitare (e già l’hanno iniziato a fare) un ampio dibattito (che si preannuncia aspro) nel mondo dell’insegnamento filosofico, scolastico e universitario.

Innanzitutto, una proposta su come declinare l’insegnamento/apprendimento della filosofia:

gli Orientamenti propongono di declinare l’insegnamento e l’apprendimento della filosofia in chiave di: pensiero critico, capacità argomentativa, ragionamento corretto; didattica per competenze al fine di consolidare gli elementi cardinali delle competenze di cittadinanza; didattica integrata per favorire l’interdisciplinarità e la contaminazione tra discipline e pratiche conoscitive; utilizzazione della metodologia Content language integrated learning (CLIL) per potenziare le competenze linguistiche nella lingua inglese e nelle lingue dell’Unione Europea.

Spazio anche alle competenze digitali, alla didattica laboratoriale alla peer education, alla riflessione sull’alternanza scuola lavoro. Infine, ultima, ma non per importanza, l’estensione (non della filosofia, si badi bene, ma della “cultura filosofica”) a tutti i segmenti e settori dell’istruzione: una filosofia per tutti:

… per praticare l’uso critico della ragione, il confronto tra le idee, il dialogo tra i vari ambiti del sapere; per costruire una scuola aperta, inclusiva, innovativa; per affermare i valori democratici, i diritti fondamentali, la cittadinanza autonoma e responsabile. (p.12)

Molta roba, insomma, tanta roba, fin troppa! Ho paura che nel tentativo di rendere “moderno”, à la page, e di rivendicare ad ogni piè sospinto la sua “utilità” (una giustificazione non richiesta?), l’insegnamento della Filosofia venga caricato di aspettative “irrealistiche”, amplificandone oltre misura le sue potenzialità effettive.

L’insegnamento della filosofia rischia, come alcuni critici hanno giustamente osservato, di diventare una sorta di coltellino svizzero utile per ogni bisogna: una volta mi serve per potenziare le competenze logico-argomentative; una volta mi serve per far maturare “valori democratici e di cittadinanza”; una volta per integrare saperi disciplinari (in una visione della filosofia di stampo tardo-positivistico che mi sembra un po’ anacronistica) e tutto questo in una sola disciplina.

D’altra parte, il fatto che parlando di “filosofia per tutti” si sostituisca ad un certo punto “filosofia” con “cultura filosofica” (con i suoi atteggiamenti e metodi) mi pare significativo di un modo di intendere la “filosofia” come una sorta di disciplina ancillare, una sorta di “Organon”, di strumento utile per sviluppare competenze trasversali a tutte le discipline.

Insomma, sembra quasi che non potendo (perchè non si può, punto e basta!) buttarla a mare per sostituirla con cose che, forse, sarebbero più efficaci per raggiungere questi obiettivi (penso a corsi di Critical Thinking che uniscano logica informale e Argomentazione), si cerchi di utilizzarla come un “succedaneo”.

Quindi attenti nelle Università e fra i laureati in Filosofia a fare la Ola per l’estensione della filosofia a “tutti”. Chi insegnerà cultura filosofica alle elementari, per esempio? Chi insegnerà cultura filosofica negli Istituti tecnici? E cosa verrà insegnato? Torneremo sull’argomento.

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Pietro Alotto
La Scuola Che Non C’é

Scrivo di scuola, di filosofia, argomentazione, critical thinking e argument mapping (su cui ho scritto l'unico libro pubblicato in Italia).