Insegnare il “pensiero critico” con la tecnologia

L’ “argument mapping” per imparare a ragionare e argomentare

Pietro Alotto
La Scuola Che Non C’é
6 min readAug 25, 2017

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Analisi dal “Fedone” di Platone

La sapienza non consisterà più nella sola memoria, ne più dirassi “scire est re­minisci”, ma bensì, “scire est ratiocinari”.

Alessandro Verri

Il grido di dolore.

Credo che sia ormai una preoccupazione comune di molti insegnanti di tutte le discipline quella che “i ragazzi di oggi non sanno leggere, non sanno scrivere, non capiscono, non hanno logica”.

Ad ogni ordine e grado di scuola gli insegnanti si rimpallano accuse sul fatto che gli studenti arrivano loro senza avere maturato le competenze sintattiche, testuali, pragmatico-comunicative, rielaborative e valutative di base, che avrebbero dovuto raggiungere grazie a qualche altra disciplina o nel livello scolastico precedente.

Per attenerci al tema (le competenze logico-argomentative) e limitandoci ai problemi nella comprensione di testi non letterari, sembra che il “non sanno leggere” si possa scomporre in rilievi come:

  • non sanno cogliere il nucleo di un testo o di un paragrafo;
  • non sanno definire i confini di un argomento;
  • non sanno definire un argomento;
  • non sanno scomporre un testo in sequenze;
  • non sanno dare ad ogni sequenza il giusto rilievo nella gerarchia dei temi testuali;
  • non sanno cogliere i nessi e le relazioni presenti nel testo;
  • non sanno operare una sintesi.

Per quanto riguarda la scrittura le cose non vanno molto meglio. Una statistica condotta dall’Invalsi su un campione dei temi presentati alla prima prova dell’esame della maturità ha evidenziato

“la scarsa padronanza nell’uso scritto della lingua italiana dei ragazzi in tutte le quattro competenze fondamentali: testuale, grammaticale, lessicale-semantica e ideativa […] Sul piano testuale, un tipico errore è il non andare mai a capo[…]; in più i maturandi non sembravano preoccupati dei nessi logici tra un blocco di testo e quello successivo, né dei rimandi interni, con conseguenze deleterie sulla coerenza e la coesione dell’insieme.”

Il compianto prof. Luca Serianni, storico della lingua, in un’intervista a Repubblica faceva notare come “il deficit principale [nell’italiano scritto degli adolescenti] non è l’ortografia, su cui la scuola insiste molto. Un problema ricorrente è la violazione della coerenza testuale, che è poi l’incapacità di argomentare, gerarchizzando le questioni trattate.” Più avanti nello stesso articolo, il prof. Serianni sottolineava l’incapacità di molti studenti di ponderare il valore degli argomenti o dei dati che portano a sostegno delle proprie opinioni.

Queste lamentazioni a me pare (e lo si vede quando gli autori prepongono le loro ricette e soluzioni) falliscano nell’individuare la ragione di fondo di questi deficit e di queste défaillance, ragione che, a mio modo di vedere, va ricercata nel fatto che i nostri studenti, generalmente, non sanno ragionare; non hanno nessuna o poca confidenza con i processi del ragionare e dell’argomentare; non sanno valutare né i ragionamenti altrui, né i propri; non hanno una qualche idea di come si possa e si debba fare e degli strumenti per farlo. E questo semplicemente perché nessuno glielo ha mai insegnato in modo esplicito.

Questi problemi nelle classi di filosofia vengono amplificati in modo esponenziale a causa della natura argomentativa della disciplina, del suo linguaggio fortemente astratto e della sintassi della scrittura filosofica, non sempre di facile lettura e comprensione. Nel campo della nuova manualistica storico-filosofica sempre più spazio viene dato ai laboratori testuali e di scrittura filosofica: esercizi di comprensione, di analisi e ricostruzione di argomenti, valutazione degli stessi si trovano sin dall’inizio negli eserciziari che chiudono le diverse unità, dando per scontate negli studenti del triennio quelle “competenze sintattiche, testuali, pragmatico-comunicative, rielaborative e valutative di base”, che gli studenti dovrebbero poi applicare nello svolgimento degli esercizi stessi e delle attività proposte. E questo sin dall’inizio del percorso di studi. Insomma, si dà per scontato proprio ciò che si dovrebbe insegnare e far maturare.

Le soluzioni

Le soluzioni prospettate, come dicevamo, partono spesso dal presupposto che alla base di questi problemi ci siano l’uso massivo di cellulari, tablet e computer (cosa disperante, ma inevitabile, che sembra condurrà i nativi digitali a una sorta di demenza precoce!) che disabituano alla scrittura lenta, meditata, corretta, e che deve essere, perciò, il più possibile limitato; la disabitudine alla lettura e, in particolare, alla lettura di testi di saggistica o di riviste specialistiche, a cui ovviare (vedi l’intervista al prof. Serianni o le proposte di alcuni esperti di didattica della filosofia) abituando gli studenti alla lettura di testi che offrano “modelli di organizzazione linguistica del pensiero complesso” o di modelli di argomentazione (platonica, aristotelica ecc.) che i ragazzi impareranno ad imitare. Qualcuno, poi, lamenta la pratica dei temi di italiano che diventano sempre più esercitazioni retoriche (senza l’Arte, ai più sconosciuta) sull’universo mondo.

Pochi puntano l’attenzione sul fatto che in Italia manca un insegnamento specifico puntato sull’apprendimento di quelle conoscenze e abilità (di logica e di retorica) che costituiscono il fondamento di quelle che, genericamente, chiamiamo competenze logico-argomentative e che stanno alla base non solo della capacità di decodifica delle argomentazioni altrui, ma anche della capacità di valutarle e di produrne in modo autonomo.

Un insegnamento specifico che esiste, per esempio, nel mondo anglosassone e che porta il nome di Critical Thinking (Pensiero Critico) o di Critical reasoning, e dove il dibattito ruota intorno ai metodi più efficaci per ottenere gli obiettivi, piuttosto che sulla necessità che ci sia un tale insegnamento.

Nella scuola italiana (almeno in quella novecentesca, in quanto nelle scuole superiori ottocentesche ancora si studiava logica e retorica), al contrario, l’idea è che le competenze di livello superiore si apprendono con le discipline, come una sorta di epifenomeno residuale dell’apprendimento dei contenuti (le competenze logico-matematiche con la matematica; le competenze metodologico-sperimentali con le scienze naturali, ecc.).

In realtà, i risultati che mediamente vediamo raggiungere dagli studenti agli esami di stato stanno ad attestare che si tratta più di un’aspettativa figlia del desiderio che di una realtà.

Insegnare l’Argomentazione attraverso l’ “argument mapping

Argomentare e ragionare sono due facce della stessa medaglia: ragionare vuol dire stabilire una conclusione a partire da evidenze o prove di qualche tipo connesse logicamente tra di loro; l’argomentare è il processo attraverso cui ragioniamo sistematicamente per supportare una data tesi.

L’Argomentazione è, dunque, un processo di pensiero volto a supportare o a ricavare una conclusione, tesi, opinione a partire da fatti, evidenze, conclusioni di inferenze, espressi come ragioni o premesse. Si tratta di un processo, i cui modi e le regole delle suo svolgimento corretto e della sua valutazione venivano affidate dalla tradizione allo studio di tre diverse discipline: la Logica, studio del ragionamento dimostrativo; la Dialettica, l’arte del disputare; la Retorica, l’arte del persuadere.

La comprensione della logica dell’argomentazione e del ragionamento può essere utile non solo per sviluppare o migliorare quelle “competenze sintattiche, testuali, pragmatico-comunicative, rielaborative e valutative” di cui si diceva sopra, ma anche per sviluppare e far maturare la consapevolezza dell’importanza di ragionare bene e di migliorare le abilità di analisi e di valutazione dei propri e degli altrui argomenti.

Per sviluppare tali competenze negli studenti occorre un insegnamento consapevole e intenzionale finalizzato al loro perseguimento, anche se all’interno delle diverse discipline.

L’approccio che noi riteniamo più utile a questo scopo (e che utilizzo nelle mie classi di filosofia) è quello laboratoriale, fatto di molta pratica e poca teoria (l’essenziale per padroneggiare la materia e poterla applicare), da introdurre gradualmente come strumentazione offerta agli studenti per risolvere problemi, piuttosto che all’inizio e una volta e per tutte.

In particolare, molto utile riteniamo l’uso di software dedicati, come Rationale o Argument visualization, per mappare singoli argomenti o intere argomentazioni. Si tratta di software che nella loro architettura hanno implementato i principi fondamentali dell’analisi logica di un’argomentazione/ragionamento.

Esempio di analisi di un passaggio argomentativo dal “Fedone” di Platone

L’uso di queste impalcature visuali impone il rispetto delle regole logico-argomentative di decodifica e di codifica di ragionamenti e argomentazioni, che col tempo, come sembrano assicurare alcuni studi, dovrebbero venire introiettate dagli studenti, diventando un habitus.

Esempio di analisi

Naturalmente, come ogni protesi che si rispetti, essa raggiungerà il suo scopo se ad un certo punto se ne potrà fare a meno, o se la si userà solo per comodità, facendone un uso strumentale.

Di seguito un esempio di uso del mapping applicato allo svolgimento di un tema argomentativo (Prima prova, tipologia B, Esame di Stato):

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Pietro Alotto
La Scuola Che Non C’é

Scrivo di scuola, di filosofia, argomentazione, critical thinking e argument mapping (su cui ho scritto l'unico libro pubblicato in Italia).