Capre, dromedari,

Patrizia
Le ragazze di Wuchale
3 min readJun 7, 2015

Juve-Barcellona

Sulla strada che da Addis Abeba porta verso nord, le lamiere delle baraccopoli spariscono a poco a poco cedendo al verde limpido dell’altopiano.

La highway è asfaltata di fresco: solo le mucche, le capre e qualche volta i dromedari rallentano il nostro conducente. Ogni tanto un camion ribaltato gli ricorda di stare attento. Poi, una galleria scavata dai colonialisti italiani negli anni Trenta: poche centinaia di metri, ma quasi tremila etiopi morti per farla, ci racconta Getachew, il nostro fixer. Ma lo dice senza rabbia, come uno dei tanti prezzi che l’Africa ha pagato, e in fondo noi italiani non eravamo peggio dei francesi, dei belgi o degli inglesi, anche con tutta l’iprite che abbiamo sganciato facendo stragi di civili.

Dalla capitale a Wuchale sono una decina di ore di minibus.

Ci fermiamo solo un paio di volte, una sigaretta, un caffè. Il sole batte ma l’aria non è torrida. Marco compra un sacchetto di frutta e in omaggio arriva un rametto di chat, la lieve droga acidula che si mastica e dà energia, o l’illusione di averne. Sembra un po’ alloro, alla vista, ma le foglie sono più morbide. Forse siamo troppo stanchi per sentirne l’effetto, o forse poche foglie non bastano: vediamo i camionisti che infatti ne comprano a chili, per tenersi svegli.

Si continua tra i tornanti, case sempre più rare, terrazzamenti coltivati. Sembra impossibile che con tutta questa terra, qui si soffra talvolta la fame — e la fame uccida persone a decine di migliaia; ma le siccità quando arrivano non fanno prigionieri, si dipende sempre dal cielo che alterna a suo piacere inondazioni e lunghi mesi senza una goccia di pioggia, giocando con le vite umane. E in questi campi non sono mai arrivati trattori, qui è ancora il bue a creare il solco e la fatica dei contadini a fare tutto il resto.

Arriviamo a Wuchale che è già quasi buio, giusto per l’evento della serata, che è lo stesso qui come da noi: Barcellona-Juventus, finale di Champions. Nel compound della stazione della polizia, c’è una grossa sala comunitaria: è la public meeting hall, più diffusamente chiamata “Dstv room”, perché un padellone permette di ricevere i programmi della tivù sudafricana, tra cui appunto la partita. Il pubblico è composto da circa trecento persone di tutte le età e di entrambi i generi, che in maggioranza parteggiano per la squadra catalana, senza nessun’altra ragione in realtà che la maggior fama dei suoi idoli, a iniziare da Messi. Ma l’importante in fondo è divertirsi e far casino e anche al provvisorio pareggio della Juventus è esploso il boato.

A partita finita, nel buio più profondo, ciascuno a raggiungere sotto le stelle il giaciglio di sempre, sia esso una casa, una baracca di fango, quattro lamiere incrociate e una quinta a fare da tetto.

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