Cataffo

Criature
Le storie di Criature
2 min readJun 16, 2017

di Alfredo Martinelli (6 di 6)

foto di Alfredo Martinelli

Il giaciglio di terra, stracci e secche foglie era vuoto. Facendo attenzione a non fare troppo rumore, lentamente ruotò su se stesso per guardare intorno. Non scorse nulla. Ingoiò secco.

L’appetito rendeva nervoso il suo compagno e complicava il rapporto. Qualche mese prima stava per finire veramente male, la fortuna volle che, nel muoversi, fece cadere una delle pentole in rame appese al muro e il rumore spostò l’attenzione il tempo necessario a interrompere l’azione.

Memore dell’episodio diede uno sguardo alle pareti e imprecò mentalmente contro la madre, rea di averle regalate alla figlia della sorella, quell’odiosa cugina, ignorante come una capra, ma dotata di un seno in grado di oscurare qualsiasi altro difetto.

Per capire dove fosse iniziò a battere i tacchi sul pavimento, ma lo strato di terra, foglie e fieno aveva invaso tutto il locale e attutiva il rumore.

Deglutì nuovamente secco e iniziò una cantilena simile a una ninna nanna.

Gliela cantava la nonna da bambino: “Nel bosco di notte la fata ti inghiotte, ma se chiudi gli occhi la mangiano i pidocchi…”. Inconsciamente la cantava ogni volta che aveva paura e in quel momento la sua era alta più del solito. Si concentrò sulla porta alle spalle e contò mentalmente i passi. Con movimenti lenti e innaturali incurvò la schiena per posare davanti a sé il cadavere del sorcio.

Nel momento in cui si eresse percepì uno strano fruscio ed ebbe la sensazione che sul capo gli si fossero drizzati tutti i capelli, compresi quelli del riporto.

Sollevò gli occhi, giusto in tempo per far sì che venissero centrati dalle gocce d’un muco a lui ben noto.

Non ebbe il tempo di pulirsi, né di deglutire e imprecare.

Rapida e silenziosa come un soffio, la bocca dell’enorme anaconda, da anni nutrita con psicotico affetto, aderì intorno al cranio impastato di sudore e lacca. Le parole questa volta si smorzarono direttamente in gola. Non provò a divincolarsi, non reagì all’accadimento, ma si lasciò andare quasi sollevato di non dover più lottare per dimostrare d’essere diverso da quel che gli altri di lui avevano da sempre pensato.

Nel buio dell’avvolgente e lungo collo ebbe solo il tempo di rodersi dell’impresa che non avrebbe mai compiuto.

L’ultima immagine che si materializzo fu di lei che gli andava incontro immersa nella luce dell’alba che nasceva alle sue spalle.

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