Terra e fango (3 di 7)

Antonio Furno
Le storie di Criature
4 min readMay 11, 2017

Criature è un progetto di scrittura creativa ideato da me e Flavio Ignelzi. Il racconto che segue è il Terzo Capitolo del mio contributo al progetto. Ogni capitolo è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto. Tutti i personaggi, tranne uno, sono ispirati a persone reali che oggi non ci sono più.

3.

Quello era il primo giorno di lavoro di Evaristo come autista dell’autobus. Quando Mariuccia lo risvegliò gli ci vollero molti e lunghi minuti per rendersi conto che i bambini erano scomparsi.

Scattò qualcosa nel suo cervello, una nuova modalità di funzionamento, uno stato di iperconcentrazione probabilmente dovuto all’eccesso di adrenalina. Uscì di corsa fuori dal pulmino alla ricerca dei bambini. Mariuccia venne sbalzata di lato da quel movimento rapido, non cadde per terra solo perché riuscì ad aggrapparsi ad un sedile. Riprese l’equilibrio e si sedette.

Evaristo incominciò a correre per la campagna, urlando i nomi dei bambini. Si dovette fermare solo quando il suo cellulare iniziò a squillare, era il bidello della scuola che non aveva visto arrivare lo scuolabus e si era iniziato a preoccupare. Mariuccia aveva passato tutto quel tempo ad osservare Evaristo. Lo vide parlare al telefono, poi lo vide avvicinarsi e urlare “mi hanno detto di chiamare il centotredici”. Lei annuì in silenzio.

La prima macchina della polizia arrivò poco dopo. Evaristo guardò l’ora e penso che erano passati solo quaranta minuti dalla sparizione dei bambini.

Dopo due ore dalla scomparsa, Evaristo e Mariuccia vennero portati via a bordo di una macchina dei carabinieri.

A tre ore dalla scomparsa il maresciallo dei carabinieri a capo delle operazioni di ricerca decise di far allontanare con la forza tutti i genitori che stavano cercando di raggiungere lo scuolabus fermo in mezzo alla strada.

Solo dopo cinque ore arrivò a San Cupo il primo giornalista.

Dopo sei ore si vide arrivare il primo elicottero.

Nove ore dopo la scomparsa, la notizia era già sulla homepage di tutti i giornali nazionali.

Dieci ore dopo arrivò il buio e le ricerche proseguirono. Sul posto nel frattempo era arrivato il Prefetto dalla città.

Il Sindaco di San Cupo acconsentì a fare un appello televisivo da trasmettere nel telegiornale di prima serata. Qualcuno gli suggerì che sarebbe stato utile mostrare le foto dei bambini dispersi, ma sarebbe stato troppo complicato contattare tutti i genitori per ottenere foto e consenso.

Il Sindaco conosceva tutti i genitori coinvolti, uno per uno, ed era certo che tutti sarebbero stati d’accordo con lui, perciò corse il rischio. Sapeva dove avrebbe potuto trovare le foto dei bambini, perciò uscì dal Comune e si diresse verso la scuola al centro del paese. In strada era pieno di giornalisti e cameraman. Il Prefetto decise che il Sindaco doveva essere scortato da un carabiniere, un ragazzo magro e alto che era arrivato in paese insieme al grosso della squadra di ricerca.

Il Sindaco e il carabiniere riuscirono a schivare microfoni e telecamere e arrivarono alla scuola. Ad attenderli c’era Peppino, il bidello che la mattina aveva chiamato Evaristo, era rimasto a scuola tutta la giornata, anche oltre il suo orario di lavoro. Peppino sentiva che il suo compito era quello di tenere la scuola aperta fin quando i bambini non fossero ritornati in paese.

Il bidello li fece entrare e disse: “Sindaco, lei conosce la strada. Io resto qua nel caso tornassero”. Il Sindaco fece strada e insieme alla sua personale guardia del corpo salirono le scale per il primo piano.

“La settimana scorsa abbiamo fatto una festa per la fine delle vacanze” disse come per rispondere ad una domanda che il carabiniere non aveva ancora fatto.

“Abbiamo scattata delle foto per ogni classe, il Comune le ha fatte stampare e oggi i bambini avrebbero dovuto riceverle come regalo di inizio anno scolastico”.

Arrivati in cima alle scale il Sindaco accelerò il passo e si diresse verso una delle classi. Sulla cattedra c’era una pila di foto e un foglio con la lista dei nomi dei bambini della classe. Prese una foto e la lista e le mostrò al carabiniere. “Ecco, sono loro.”

Maicol, Martina, Saverio, Giada, Clemente, Gionatan, Francesco, Marco M., Raffaella, Jessica, Filiberto, Marco C., Camilla.

“Sono i bambini del ’13. In paese li chiamavamo così, tutti nati nell'inverno dello stesso anno, tutti da famiglie che vivevano nelle contrade.”

Il carabiniere abbassò lo sguardo per guardare la foto.

“La sa una cosa? Quell'autobus l’abbiamo comprato per loro, perché i bambini del ’13 quest’anno iniziavano la scuola. Io lo odio quell'autobus”.

<<<<<< Capitolo 2

Capitolo 4 >>>>>>

--

--