Terra e fango (6 di 7)

Antonio Furno
Le storie di Criature
4 min readJun 1, 2017
disegno di Costanza Furno

(​Criature​ ​​è​ ​un​ ​progetto​ ​di​ ​scrittura​ ​creativa​ ​ideato​ ​da​ ​me​ ​e​ ​Flavio​ ​Ignelzi.​ ​Il​ ​racconto​ ​che​ ​segue​ ​è​ ​il​ ​mio contributo​ ​al​ ​progetto.​ ​Ogni​ ​capitolo​ ​è​ ​ispirato​ ​ad​ ​un​ ​fatto​ ​di​ ​cronaca​ ​realmente​ ​accaduto.​ ​Tutti​ ​i personaggi,​ ​tranne​ ​uno,​ ​sono​ ​ispirati​ ​a​ ​persone​ ​reali​ ​che​ ​oggi​ ​non​ ​ci​ ​sono​ ​più.)

6.

“Il Sindaco ha detto che la scuola è chiusa. Mi dispiace signorina, ma qua non ci potete stare”.

Peppino stava con le gambe ben piantate al centro del portone della scuola. Di fronte a lui c’era una ragazza con i capelli ricci neri e una borsa a tracolla dello stesso colore. La ragazza era magra come una scopa, alta e un po’ incurvata. A Peppino quella lì non piaceva per niente.

“Ma io devo prendere servizio.”

Peppino era inflessibile. Gonfiò il petto e cercò di scandire bene le parole:

“Qua non ci sta nessuno. La dirigente non ci sta, qua viene solo una volta alla settimana. La trovate in città. Andate a parlare con lei”.

La ragazza stava quasi per scoppiare a piangere. A Peppino sembrò che il ciuffo di ricci neri si fosse un po’ afflosciato quasi a seguire l’umore di quella maestra al primo giorno di servizio.

“Ma ci sono stata in città e non c’era la Dirigente. Era in Prefettura e io non so più che fare. Io ho vinto il concorso. Devo prendere servizio”.

Peppino fece un passo indietro e le chiuse il portone in faccia. Sentì la maestra iniziare a piangere, ma non se ne preoccupò. Aveva cose più importanti a cui pensare adesso. Doveva andare a salvare i suoi bambini.

Lui se li ricordava bene i bambini del ’13. Erano stati tutti suoi alunni quando facevano l’asilo. Ne aveva puliti di culi a quelle belve.

Peppino si lasciò alle spalle la voce della maestra che urlava e piangeva e si diresse verso l’interno dell’edificio. Fuori era mattina, il sole era alto e luminoso, ma nella scuola era tutto scuro. Peppino aveva lasciato chiusi i vecchi finestroni del palazzo, il suo cuore era triste e voleva che anche la sua scuola fosse a lutto.

Entrò nell'aula dove i bambini del ’13 avevano trascorso gli anni dell’asilo. Sul tavolo della maestra aveva steso tutti i libri e i fogli che aveva trovato nei vecchi armadietti. Riprese a sfogliare da dove si era interrotto quando era dovuto andare ad aprire il portone. Ripensò a quella maestra che non aveva avuto alcun rispetto per il dolore di Peppino e della sua scuola.

In città si diceva che Peppino fosse un po’ scemo e che avesse trovato lavoro proprio grazie a questo suo handicap. La gente diceva che aveva sfruttato una legge sulla tutela delle categorie protette. Peppino sapeva che in paese dicevano queste cose, ma non se ne importava. Perché lui non era scemo, era solo più sensibile degli altri e sapeva ascoltare la voce della sua scuola.

(Peppino non lo sapeva, ma in città molti erano convinti che “lo scemo della scuola” fosse il responsabile della scomparsa dei bambini.)

La scuola parlava ogni giorno a Peppino. Mentre non c’era nessuno, quando la mattina veniva ad aprire, quando la sera si aggirava da solo per chiudere tutte le finestre, la Scuola di San Cupo parlava a Peppino. E lui ascoltava. Era sempre stato così, fin dal suo primo giorno di lavoro. L’edificio gli raccontava storie antiche, gli diceva se nel pomeriggio avrebbe piovuto o meno, gli indicava quale lampadina stava per fulminarsi, lo avvisava se un bambino era caduto mentre correva in mezzo ai corridoi. Peppino sapeva di non essere scemo perché la Scuola gli diceva che solo le persone più intelligenti riuscivano a sentire la sua voce.

Quella mattina la scuola gli aveva detto che per trovare i bambini doveva cercare tra i vecchi lavoretti dei bambini.

Iniziò ad osservare i disegni sul tavolo, quelli che erano rimasti nella scuola e che le maestre non avevano dato ai genitori quando era terminato l’anno scolastico precedente.

Solita roba. Sfogliava un disegno dopo l’altro e trovava solo disegni di bambini. Erano tutti normali disegni di bimbi in età prescolare: casette, cani, alberi, stelle di Natale, alberi di Natale, famiglie, castelli, l’uomo nero.

Un altro uomo nero, un cane nero, un albero nero, il cielo nero, il mare nero, una mamma tutta nera. Poi arrivò al disegno che la scuola voleva fargli trovare.

Una bocca gigantesca che riempiva tutto il foglio. Al centro della bocca c’erano due file concentriche di denti appuntiti. Al centro del foglio, dentro la bocca, una piccola figura colorata con due gambe e due braccia.

Peppino ebbe paura e fu allora che sentì la scuola sghignazzare.

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