Blind Sider: ambire e uscire dall’area di comfort

Chi l’ha detto che un blind sider deve stare nelle retrovie?

Roberta Zantedeschi
Learning Diaries
5 min readSep 25, 2018

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Photo by Aaron Burden

Quando ho letto il manifesto dei Blind Siders mi è venuto naturale alzare la mano e dire “presente!”.

Si tratta di persone non necessariamente visibili, magari non sempre titolari di onori e menzioni, ma che svolgono nelle seconde linee un ruolo essenziale affinché interi progetti, strutture, aziende e istituzioni (anche educative) possano avere successo.

Ecco, a dire il vero io non mi sono mai sentita “essenziale per il successo di intere istituzioni” e ho qualche problema con il non essere visibile (il mio ego avrebbe da ridire), ma so di non possedere quello spirito imprenditoriale o manageriale tipico dei condottieri, di chi ha idee geniali, la determinazione e gli strumenti per perseguirle, di chi si sente chiamato a convincere le folle o anche solo a coordinare dei collaboratori.

Non fa per me. Non ne sono capace.

Eppure so di essere brava nel mio lavoro, in una posizione professionale che, in parte è autonoma, e dall'altra concorre a un un progetto creato e governato da altri.

Un po’ della mia bravura nasce proprio da questa consapevolezza, che orienta le mie ambizioni evitando rovinose cadute e aspettative prive di fondamento. Sono un’ottima blind sider, lavoro bene quando vengo guidata e quando ho qualcuno a cui fare riferimento. E non è volare basso o mancare di aspirazioni: lavoro per avere successo, per crescere e per fatturare sempre di più facendo sempre meno fatica, ça va sans dire. Quindi no, non si tratta di stare nelle retrovie ma di portare all’eccellenza ciò per cui si è predisposti, di sviluppare e creare valore attorno alle proprie inclinazioni, evitando di sudare, sentirsi scomodi o addirittura incapaci, in posizioni che non si confanno ai propri talenti.

Evitare, insomma, quel vestito che sul manichino ci fa impazzire ma poi ci tira davanti e dietro, trasformandosi in un bozzolo fastidioso che ci fa sentire anche un po’ a disagio, avete presente?

Riconoscersi blind sider è un po’ come capire cosa ci sta meglio addosso, è riconoscere di avere delle qualità che si rivelano preziose soprattutto per chi invece ha altri doti: per il condottiero a cui serve una spalla e che però non può accontentarsi di una spalla qualunque. Attenzione, non sto dicendo che bisogna indossare solo capi comodi e non osare qualcosa di più… restando dentro la metafora, c’è differenza tra infilarsi un abito che non fa per noi e decidere di rimetterci in forma per infilarci dentro una taglia in meno che ci fa sentire orgogliosi della nostra forza di volontà.

Fuori di metafora: uscire dall'area di confort si può e si deve. Mettersi alla prova, ambire, guardare lontano e anche un po’ oltre. Blind sider non significa avere un perimetro più stretto di altri all'interno del quale muoversi, è più una questione di come ci si muove dentro e fuori della propria area di sicurezza. Con motivazioni e stile differenti ma con le stesse possibilità di auto-realizzazione. Sfidatevi quindi, sempre e comunque. Mettetevi in forma per indossare quel vestito giusto per voi e della taglia che più vi valorizza.

Personalmente ho capito da tempo che una delle cose che mi riesce meglio è lavorare a supporto di una persona, di un progetto o di un’idea. Idea che, lo ammetto, spesso e volentieri non è la mia. Nasco come assistente in uno studio professionale e ho lavorato come segretaria di direzione, qualcosa vorrà dire. Ho bisogno che l’orizzonte mi venga indicato, poi vado come un treno. Sono veloce, affidabile, mi faccio coinvolgere e come si suol dire “sposo il progetto” apportando grande energia.

A una condizione però, imprescindibile e inevitabile: devo crederci!

Devo stimare le persone per cui lavoro e fidarmi, devo sentire che sono impegnata in qualcosa che ha un senso all'interno della mia scala di valori e ambizioni. Penso valga per tutti i blind siders, in un modo o nell'altro, è una parte essenziale dell’ingranaggio che ci fa funzionare bene. La nostra criptonite è la mancanza di commitment. Le endorfine, che lo stare in prima linea genera nel condottiero, in noi nascono dalla possibilità di identificarci, dall'orgoglio di essere dentro a qualcosa che ci rappresenta e ci assomiglia. È un catalizzatore importante e forse anche un limite, richiede una grande consapevolezza e di nuovo, non esclude l’ambizione e nemmeno la possibilità di fare carriera (si dice ancora?).

Torno alla mia esperienza personale: da segretaria di direzione a libera professionista e consulente aziendale, chi l’ha detto che un blind sider deve mantenersi in posizioni di secondo piano o restare dietro le quinte? Io no.

Non ambisco ad avere una mia azienda o a ricoprire ruoli apicali, sono felice di contribuire in modo decisivo a un progetto professionale in cui mi rispecchio e all'interno del quale crescere, affrontare sfide, inseguire ambizioni e conciliare la mia vita personale e familiare. Non sono una che si accontenta, però so che da sola non avrei la stessa soddisfazione e gli stessi risultati che ho quando posso seguire qualcuno di più bravo, supportarlo e imparare da lui/lei.

Ok Roberta, è se quella di blind sider fosse una posizione transitoria? Qualcuno potrebbe lanciare questa provocazione e ammetto che ci ho pensato anch’io. Un passaggio intermedio verso traguardi diversi insomma, una tappa -tra le prime- del percorso di costruzione della propria personalità professionale.

Che il blind sider può fare carriera l’ho già detto e lo ripeto. Sono certa che non sia destinato a vivere di luce riflessa e che possa ambire a ruoli, posizioni e professioni sfidanti. Dall'altro lato credo che nel farlo, manterrà sempre il suo stile, un entusiasmo garbato e non per questo, meno potente.

Io, per quello che mi riguarda, ho compreso i confini all'interno dei quali mi muovo bene da sola, dove posso osare un po’ di più e dove invece preferisco -ed è opportuno- che io abbia una guida. E ho scoperto che (ri)conoscere e ammettere i propri limiti e rafforza le proprie doti.

A chi si è un po’ riconosciuto in questo articolo io dico: avanti tutta, con consapevolezza e ambizioni (al plurale).

Scritto, con cura, da Roberta Zantedeschi su Euristika!

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Roberta Zantedeschi
Learning Diaries

Recruiter e blogger. Corro, in ogni accezione del termine, vivo di relazioni e di entusiasmi (al plurale). Scrivo per il piacere di farlo (e di farmi leggere).