Episodio 4 | Comunicare meno, comunicare meglio

Marisandra Lizzi
l’età ibrida
Published in
5 min readNov 20, 2020

In collaborazione con Elisa Lenci Botticella
Qui l’episodio 1 | Il funambolo
Qui l’episodio 2 | Phygital
Qui l’episodio 3 | Contaminati

La lingua è la materia ibrida per eccellenza. Tutta la nostra realtà viene filtrata attraverso di essa, perché con la lingua noi definiamo il mondo che ci circonda e anche tutti i suoi cambiamenti. Per questo una lingua cambia, si evolve e vive insieme a noi.

Con la lingua noi protestiamo o ci mettiamo in contatto con le altre persone, tramandiamo competenze e trasmettiamo un’informazione, chiudiamo un accordo, pubblicizziamo un nostro prodotto.

Insomma, qualsiasi mestiere facciamo, le parole rimangono una componente centrale nella nostra vita.

È per questo che per il quarto appuntamento de L’età ibrida, progetto di confronto organizzato dalla Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi e curato da Paolo Iabichino, ci siamo confrontati con Vera Gheno, sociolinguista e autrice, sull’importanza delle parole. “Una lingua ci rimane addosso come gli anelli di accrescimento sul tronco di un albero”, ci ha raccontato Gheno. “Un esperto vi può leggere un periodo di siccità o magari delle piogge intense, ma anche il passaggio di parassiti o persino un’esplosione nucleare, come accade nei dintorni di Chernobyl”.

Nella lingua rimangono le tracce della nostra realtà insieme alle parole che la descrivono. Per questo un vocabolario è come una polaroid di queste tracce, la foto di un momento linguistico ben preciso. Il nostro compito è quello di preservare le nostre parole, in modo da salvaguardare la memoria collettiva della nostra società che oggi, più che in ogni altra epoca, sembra dominata dalle parole.

In molti, infatti, definiscono il nostro tempo l’era della comunicazione, perché in questo momento le parole rivestono un’importanza che non hanno mai avuto. Ce lo spiega anche Vera Gheno nel suo intervento: in passato la parola era elitaria ed elitista, appannaggio di pochi soprattutto nella sua versione scritta. Poi è arrivata la televisione e poi ancora internet, e allora la bolla mediatica ha cambiato forma e, insieme a lei, anche le persone che ne facevano parte. Il cambiamento è stato repentino ma epocale: se fino a 30 anni fa il mondo si divideva in emittenti (giornalisti, politici, scrittori) e ascoltatori, oggi l’utente si è fatto molto più attivo. Non solo riceve le informazioni, ma le invia anche, trasformandosi di fatto nel nodo di una rete di comunicazione globale che non conosce più limiti.

Questa rete si fonda sulle parole.

E se decidiamo di farne parte, anche noi siamo esposti a queste parole. Ecco perché occorre fare attenzione. Come? Ce lo spiega Gheno: innanzitutto, dobbiamo imparare ad ascoltare. Dobbiamo praticare quel che viene definito un ascolto attivo, che non vuol dire soltanto star zitti di fronte al nostro interlocutore, ma richiede un interesse sincero per quel che ci viene raccontato. Poi, dobbiamo sforzarci di riflettere di più prima di scrivere o di dire qualcosa, soprattutto online. Ci capita ancora di pensare che il mondo virtuale sia chiuso, lontano da noi. Ma non è così: ogni cosa scritta su internet vale anche nel mondo reale e, anzi, sempre più spesso frasi o discussioni online mettono in pericolo o minacciano la nostra vita analogica. Questo, in generale, riflette anche un terzo problema: non pensiamo abbastanza alle parole. Non ci curiamo del loro significato tanto che ci capita di usarle a sproposito. Le interpretiamo non in base a quel che sappiamo, ma a quel che pensiamo di sapere.

Insomma, Gheno ci dice che per usare bene le nostre parole servono soprattutto consapevolezza e responsabilità. E per farlo ci propone un metodo, il DRS, che gira attorno a tre parole chiave: dubbio, riflessione e silenzio.

Dubbio rispetto a quel che ci arriva addosso: pattugliamo con attenzione i confini del nostro sapere, perché non è necessario capire tutto. Come ci hanno insegnato i filosofi dell’antica Grecia, dobbiamo sapere di non sapere. E a volte persino sapere di non sapere di non sapere, dato che ormai ci sono sono cose che non possiamo neppure sperare di sapere che esistano.

Riflessione rispetto a quel che buttiamo fuori: pensiamo alle parole che usiamo, con consapevolezza e responsabilità. E ogni volta che scriviamo qualcosa, chiediamoci: sono in grado di reggere le conseguenze di quel che sto per scrivere? Se la risposta è no, è meglio evitare di scrivere.

Spesso, è meglio stare in silenzio: e se vi sembra che il silenzio significhi assenza di comunicazione, sappiate che invece è una forma potentissima per “farsi sentire”. Il modo migliore per costruirsi una reputazione al giorno d’oggi, infatti, è parlare quando si è competenti, ma stare zitti in tutti gli altri casi.

Avete ancora dei dubbi?

Allora leggete il decalogo di regole pratiche stilato da Vera Gheno. Dieci semplici regole che vi aiuteranno a migliorare la vostra comunicazione quotidiana:

  1. Riconosci e pattuglia i limiti della tua conoscenza. Ricordati che c’è un pezzettino che sai, un pezzettino che sai di non sapere e tante altre cose che non sai neppure di non sapere.
  2. Poniti dubbi su quel che senti e leggi, e chiediti se ti stanno manipolando. Chiediti se la persona che ti ha fornito l’informazione vuole provocare in te una precisa reazione.
  3. Pratica l’aikido nella comunicazione: come previsto da questa arte marziale giapponese, impegnati a non “dare colpi all’avversario”, ma piuttosto a “sfruttare l’energia cinetica dell’avversario” per farlo cadere. Cosa vuol dire? Soprattutto online non serve blastare la gente, ma è meglio ignorare l’aggressività e rimanere sulla questione.
  4. Costruisci la tua reputazione in un certo ambito: non fare il tuttologo e parla soltanto quando sei competente. Fornisci un arsenale di fonti che possano dimostrare le tue conoscenze e condividi il tuo sapere.
  5. Pratica l’autoironia e non difenderti mai quando hai detto una frase poco riuscita, cercando di nasconderti dietro l’ironia.
  6. Sii capace di riconoscere l’errore: non è facile, ma tante discussioni online potrebbero sgonfiarsi sul nascere semplicemente riconoscendo i propri errori.
  7. Se non capisci, dillo. Se non lo sai, ammettilo.
  8. Ricordati che sei sempre in pubblico: nel mondo globalizzato di oggi i nostri spazi privati sono molto più “stretti” rispetto a quelli che avevamo qualche anno fa. Siamo tutti come dei “personaggi pubblici” e dobbiamo curare la nostra immagine pubblica.
  9. Non smettere mai di studiare e di approfondire. Non vantarti perché hai potuto studiare.
  10. Sappi quando scegliere di stare in silenzio. E se hai un problema col silenzio, interrogati sul perché.

C’è un’espressione che usavano i cartografi del XVI secolo per descrivere tutte le regioni del mondo ancora inesplorate, “terra incognita”. Ecco, davanti a una qualsiasi terra incognita, ci racconta Gheno, possiamo avere paura e rimanere bloccati, oppure provare curiosità ed essere stimolati verso l’esplorazione.

Il nostro augurio è di poter fare tutti un piccolo passo verso qualsiasi “terra incognita” del sapere.

Il prossimo appuntamento con L’età ibrida si terrà il 26 novembre insieme ad Assunta Corbo, autrice di “Empatia digitale — Le parole sono di tutti” e fondatrice del Constructive Network, il primo network italiano di professionisti dell’informazione dedicato alla comunicazione costruttiva e al giornalismo delle soluzioni.

Se volete essere dei nostri, potete iscrivervi gratuitamente a questo link e seguire la diretta insieme a noi.

L’intervento completo di Vera Gheno, invece, lo potete vedere qui.

Grazie a Paolo Iabichino per questo bellissimo viaggio nella nostra età ibrida. Alla prossima!

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Scrivere per migliorare il mondo, partendo dal mio e poi allargando il raggio parola dopo parola

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