DEVS

Andrea Lupia
M E L A N G E
Published in
2 min readMay 17, 2022

Devs tratta di una multinazionale hi-tech chiamata Amaya, gestita dall’enigmatico amministratore delegato, Forrest (Nick Offerman). Ha sede al centro di un lussureggiante bosco nella Silicon Valley, e vorrebbe ispirare la fiducia dei suoi impiegati, tra cui la coppia Lily (Sonoya Mizuno) e Sergei (Karl Glusman). Quando Sergei ottiene una promozione al misterioso reparto Devs, non vede l’ora di scoprire finalmente cos’è che fanno lì dentro. Ma l’entusiasmo durerà poco, anzi l’uomo non riuscirà a tornare da Lily, che sarà costretta a indagare.

L’impressione generale, condivisa da molti, è che la storia avrebbe potuto essere raccontata in due ore (di film o di miniserie) piuttosto che nelle seppur belle otto puntate. Garland costruisce in maniera fredda ed esteticamente appagante nelle prime sette puntate quanto poi verrà concluso nell’ultima. Le ottime premesse della serie sono mantenute solo parzialmente perché Alex Garland, che con grande capacità aveva messo su schermo lo stupendo romanzo Annientamento di Jeff VanderMeer e ancora prima ci aveva regalato lo strepitoso Ex Machina, qui si dedica con estrema attenzione all’estetica del progetto senza offrire la medesima cura ad altri aspetti del lavoro.

La trama pur essendo molto interessante non riesce a creare tramite i suoi protagonisti principali (i già citati Forrest e Lily) quel rapporto emotivo con lo spettatore che sarebbe necessario per portare a casa il risultato. Mentre le mancanze nel caso del personaggio di Nick Offerman risiedono soprattutto in uno script che avrebbe dovuto offrirgli più possibilità, nel caso di Mizuno invece è proprio l’interpretazione ad essere il più delle volte vuota e al limite dell’irritante. La sceneggiatura ci dice che la protagonista è forte, indipendente, incapace di arrendersi ma sullo schermo risulta poco convincente. I temi della serie d’altra parte sono affascinanti. Da un lato il determinismo puro e semplice, dall’altro il paradosso che si crea quando il suddetto si scontra con una libertà di scelta che esiste e non esiste al tempo stesso.

Pur apprezzando per mia natura i pipponi filosofici all’interno delle opere di finzione non posso non essere un po’ deluso da questa miniserie che però non scalfisce in alcun modo le capacità di Garland. Anzi aspetto con grande trepidazione Men il suo ultimo film che uscirà a maggio. Un piccolo passo falso (che vale comunque la pena di recuperare) ma nulla di grave.

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