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Che cos’è (davvero) la Gamificazione?

Se l’uomo è davvero se stesso solo quando gioca, allora chi è quando lavora?

L’Architetto della Mente
M.A.D. Gazette

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Photo by Carl Raw on Unsplash

Alla domanda “Che cos’è la Gamificazione?” la risposta che danno in molti, spesso addetti ai lavori, è qualcosa tipo:

“La gamificazione è usare i principi dei giochi e dei videogiochi nelle attività umane”.

A partire da questa Informazione, ciò che ne consegue naturalmente è che gamificare un’attività umana significa “trasformarla” in un gioco.
Da qui, altra naturale conseguenza: l’uso dei componenti più “banali”, ovvero Points, Badges and Leaderboards.

Per molti infatti la Gamificazione è ancora dare dei punti a chi lavora meglio o arriva prima, dare un trofeo a chi vince, usare una classifica per stimolare la competizione.

Eppure, nel 2020, possiamo legittimamente affermare che la Gamificazione è molto, molto più di punti e trofei.

In questo articolo ti spiegherò perché la Gamificazione non dovrebbe neanche chiamarsi così e perché dovresti seriamente considerare di capire di cosa si tratta.
Partiamo dalla domanda più importante.

Dunque? Che cos’è la Gamificazione?

In poche parole, la Gamificazione è la costruzione di un’esperienza irresistibile per chi la vive.

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Questa irresistibilità può essere costruita “a tavolino” perché si basa su elementi presenti nel nostro cervello, fa uso dei cosiddetti “bias cognitivi” e lega tra loro inclincazioni e attitudini che normalmente non vengono considerate importanti, in una società che vuole (anzi, vorrebbe) basarsi sul concetto di “Prima il dovere, poi il piacere”.

Nella Gamificazione non c’è una separazione, anzi: se proprio devi fare una cosa, perché non renderla divertente?

Dopotutto questa strategia nasce proprio da una riflessione molto semplice: perché le persone possono giocare fino allo sfinimento senza guadagnare nulla (anzi, spesso perdendo tanto), e al tempo stesso non riescono magari ad impegnarsi nel lavoro o nella propria crescita personale anche quando la posta in gioco è molto alta?

Chiunque abbia mai giocato ad un videogioco conosce la sindrome dell’ultima partita ad esempio, quando pensi “ancora una e poi smetto” ed invece ti ritrovi lì, davanti lo schermo, per tutta la notte.

E basta dire “l’ultimo che arriva paga!” per far nascere un senso di competizione fortissimo.

Se per tanto tempo i videogiochi ed i giochi in generale sono stati considerati cose per bambini (then again, in una società che si illude di vivere secondo il principio di “Prima il dovere poi il piacere” non può essere altrimenti) c’è stato chi ad un certo punto ha smesso di giudicare e ha iniziato a chiedersi perché giocare fosse così irresistibile e si è chiesto se potesse accadere lo stesso anche per cose apparentemente più importanti come il lavoro, le relazioni, la formazione.

E per poter capire questo è stato necessario indagare approfonditamente su una questione apparentemente banale.

Le persone sono davvero così diverse tra loro, oppure funzioniamo tutti allo stesso modo?
Sì, insomma… cosa motiva davvero gli esseri umani?

CORE DRIVES: LE MOTIVAZIONI INTRINSECE

Un fiore illuminato dal tramonto
Photo by Anne Nygård on Unsplash

Nel mio lavoro di Coach mi è capitato di relazionarmi con centinaia di persone, che al di là delle singole motivazioni personali e necessariamente uniche, avevano sempre una cosa in comune: erano tutte convinte di essere speciali.

Ogni mio cliente pensa sempre che la storia che sta per raccontarmi sia una novità, che nessuno ha mai vissuto quello che ha vissuto e che quindi la soluzione deve per forza essere inventata da zero.
La verità è che quando lavori con tante persone per tanti anni impari una lezione importante: siamo tutti uguali.

Vogliamo le stesse poche cose, ci arrabbiamo per gli stessi pochi motivi.

Dopo tanti anni, attraverso un certosino lavoro di abduzione, ho imparato a non concentrarmi solo su come la persona sta affrontando la sua situazione, ma a capire il più velocemente possibile il perché delle sue scelte ed il cosa vuole davvero ottenere.
Nella mia metodologia di Coaching queste Informazioni compongono un’Architettura Mentale che influenza le scelte di una persona ed è ciò su cui intervengo.

Immagine dell’Octalysis Framework di Yukai Chou
Octalysis Framework by Yukai Chou

Nella Gamificazione ho trovato che il sistema più elegante e semplice in grado di rispondere a questo mio bisogno di capire velocemente come costruire un’esperienza irresistibile sia quello ideato da Yukai Chou, l’Octalysis Framework.

Secondo questo modello le Motivazioni per cui gli esseri umani agiscono possono essere ricondotte sostanzialmente ad 8:

  1. Epic Meaning and Calling: motivazione basata sul Significato che si dà ad un’azione
  2. Development and Accomplishment: motivazione basata sulla crescita e lo sviluppo
  3. Empowerment of Creativity and Feedback: motivazione basata sul potersi esprimere e sull’ottenimento di una risposta
  4. Ownership and Possession: motivazione basata sul possesso di un qualcosa, materiale o astratto che sia, e che è stato ottenuto vincendo una sfida
  5. Social Influence and Relatedness: motivazione basata sul far parte di un gruppo sociale di cui far parte
  6. Scarcity and Impatience: motivazione basata sulla scarsa disponibilità di risorse che si desiderano
  7. Unpredictability and Curiosity: motivazione basata sulla curiosità e sul desiderio di scoprire cosa succederà
  8. Loss and Avoidance: motivazione basata sul proteggere ciò che si ha e l’aver paura di perdere

Queste 8 Informazioni prendono il nome di Core Drives, e vanno usate con equilibrio per “attivare” un essere umano.

Ad esempio l’idea di “perdere” ciò che si è ottenuto può spingere una persona a combattere: è l’uso combinato del quarto core drive, ownership and possession, e l’ultimo, loss and avoidance.

L’idea di far parte di qualcosa di più grande può invece spingere anche la persona meno schierata a prendere posizione, come nel caso delle rivolte degli States dopo il twitter di Trump in cui ha definito l’Antifa un’associazione terroristica: è il primo core drive, l’Epic Meaning and Calling.

Trump e la bandiera dell’Antifa

Ciascuno di questo Core Drive indica un aspetto specifico della percezione della realtà da parte degli esseri umani e possiamo ritrovarli in ciascuno di noi se ragioniamo con lucidità ed onestà.

Tutti noi abbiamo qualcosa che ci fa sentire stimolati (Development and Accomplishment); tutti noi proviamo fastidio quando i nostri amici fanno tardi ad un appuntamento (Impatience); tutti noi sentiamo il brivido di un conto alla rovescia (Urgency).

Gamificare un’attività significa dunque costruire un’esperienza in cui i Core Drive siano utilizzati in modo equilibrato e soprattutto mirato, perché non tutti reagiscono allo stesso modo ad uno stesso Drive.

Non tutti sentono il desiderio di vincere (accomplishment), e non tutti sono interessati a condividere con altri i propri successi (social influence).

Quando si costruisce un’esperienza Gamificata occorre dunque conoscere con precisione quale giocatore si ha davanti così da potersi focalizzare sul Core Drive più adatto.

Solo a quel punto si può scegliere la meccanica o le meccaniche da implementare perché l’esperienza sia davvero irresistibile.

MECCANICHE: MOTIVAZIONI ESTRINSECHE

una bussola che indica il tramonto
Photo by Tim Graf on Unsplash

Con il termine “meccaniche” si intende il tipo di azioni che un utente deve compiere durante l’esperienza che abbiamo creato, in modo che i Core Drive che abbiamo selezionato vengano attivati in modo costante.

Se sappiamo che un giocatore ama raccogliere trofei, sarà importante porsi una serie di domande, tipo:

  1. Qual è il modo migliore perché la raccolta sia divertente?
  2. Cosa deve fare il giocatore perché ottenga un trofeo?
  3. Quanto difficile deve essere la sfida?

E così via.
Di meccaniche, dette anche “Game Techniques” ne esistono decine e decine, ed è importante sceglierle con cura, evitando che distraggano l’utente da ciò che vogliamo faccia davvero (comprare un servizio? guadagnare una competenza? lavorare più efficacemente? you name it).
Importante è poi saper scegliere la meccanica più adatta in base alla fase del Player’s Journey in cui l’utente si trova.

Quindi, esattamente come nel caso di una buona architettura delle informazioni, in cui la struttura che lega i dati deve essere percepita ma mai invasiva, nella Gamificazione il “gioco” è uno strumento, non il fine.

Questo ci porta dunque al prossimo tassello: la scelta dei componenti.

COMPONENTI: LA COSTRUZIONE DELL’INTERFACCIA

Con questo termine si indicano i “pezzi” da usare per costruire una interfaccia intuitiva, grazie al quale il giocatore potrà concentrarsi sull’esperienza e sul risultato da raggiungere.

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L’idea è molto semplice: meno tempo impieghi a capire come funziona un’interfaccia, più tempo ed energie avrai per concentrarti sull’Endgame, ovvero il Risultato.

Alcuni componenti di cui parlo:

  1. Punti: che siano rappresentati come stelline, come monete o con un valore numerico, basta un’occhiata per capire che se ci sono dei punti, è necessaria fare qualcosa per ottenerli, ma cosa?
    E qui, inizia la meccanica che hai scelto.
  2. Foto profilo: che sia una tua foto oppure un avatar disegnato, la presenza di una foto profilo indica la possibile personalizzazione della propria identità digitale (che porta allo sviluppo di meccaniche legate alla customizzazione e allo sfruttamento del Core Drive dell’Ownership and Possession)
  3. Waypoint: nei videogiochi, soprattutto negli Open World in cui il grado di libertà concessa al giocatore è totale, è sempre presente una bussola che indica la direzione da seguire. Nel caso di un Funnel oppure di un percorso di formazione è importante concedere all’utente la libertà di decidere ciò che vuole, ma grazie all’uso dei Waypoints è possibile suggerire direzioni che siano più in linea con i nostri obiettivi di business o formativi (il che attiva una meccanica potentissima, “L’illusione del controllo”)
  4. Classifiche e tasti di condivisione: avere la possibilità di condividere i propri risultati con gli amici oppure vedere in diretta che qualcuno sta per acquistare il prodotto che stiamo osservando e di cui restano pochi pezzi permette di attivare i core drive della Social Influence e della Scarcity, grazie alle meccaniche della Condivisione e della Competizione.
  5. Barre di progressione, visualizzazione del feedback e percentuali: per un giocatore è importante sapere sempre in che punto del gioco si trovi, e avere davanti gli occhi conseguenze immediate delle proprie scelte. Un sistema di feedback è fondamentale per stimolare un giocatore, così come la presenza di una barra del di progressione che mostri chiaramente cosa manchi per arrivare alla fine o un countdown per sapere quanto tempo rimane ancora.
    Queste componenti attivano i Core Drive dell’Urgency e dell’Empowerment, legati quindi al portare a termine compiti e sapere di aver ottenuto il massimo.

Di componenti ne esistono molti altri e non basterebbe un articolo per descriverli tutti, anche solo superficialmente.

Ciò che conta comunque è che non basta inserire un “big red button” per ottenere risultati.
Occorre sapere come inserirlo, dove e perché.

In poche parole, occorre ragionare in termini di Game Designing.

GAMIFIED HUMAN EXPERIENCE: GAME DESIGN NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI

Con il termine Game Design si indica l’unione di Componenti e Meccaniche al fine di costruire un’esperienza ludica.
Il Game Designer è colui che progetta un gioco, si chiede quali meccaniche implementare così da poter scegliere i componenti più adatti.

E’ un lavoro complesso, e basta leggere il libro “Blood, Sweet and Pixels” per farsi un’idea di come tra progettare un gioco e farlo uscire sugli scaffali possano passare anche 10 anni.

Sì, perché nello sviluppo di un gioco accade che un’idea che ti sembra geniale sia poi noiosa da giocare; magari un’idea funziona perfettamente nella tua testa, ma risulta impraticabile o ridondante quando la provi.

E questo è qualcosa che accade anche nella nostra vita di tutti i giorni, o nel lavoro, in cui spesso pensiamo ad una soluzione per un problema che stiamo affrontando che però non ci da i risultati sperati quando la applichiamo.

Il problema è che nella stragrande maggioranza dei casi le persone non cercano altre soluzioni: insistono nel provare quella che hanno immaginato, per quanto scarsi o nulli siano i risultati.

E’ qualcosa che mi è capitato di vedere all’interno di Team che continuavano a proporre le stesse idee o le stesse soluzioni, pur rimanendo bloccati in un limbo; mi capita di vederlo ogni volta che mi ritrovo in un ambiente legato alla formazione, specialmente la scuola, dove si continuano a portare avanti modelli educativi antiquati ed inefficienti.

Il Game Designer adotta un approccio diverso: ho un’idea, creiamo una Demo per vedere se funziona, raccogliamo il feedback, se necessario ricominciamo da zero.

Nel mio lavoro di Coach ho iniziato a ragionare in questi termini, probabilmente grazie al mio passato (e presente!) da nerd, ed i risultati sono stati stimolanti.

Come consulente per la gamificazione faccio lo stesso.
Non fornisco soluzioni già esistenti: costruisco esperienze tailor made sulla base di ciò che un cliente non sa neanche di volere, probabilmente.

Componenti e Meccaniche sono ormai standardizzate, tanto che hanno nomi precisi e sono poco più di pezzi di lego da montare assieme, ma è il Designing a fare la differenza.
E’ questo ciò che manca alla maggior parte della Gamificazione che capita di vedere in giro.

L’errore più grande è probabilmente continuare ad usare questo nome, “Gamificazione”, che spinge sempre le persone a pensare ad un gioco.

Occorre forse ragionare in termini più concreti, o forse più astratti a seconda del punto di vista, e chiedersi se non abba ragione Yukai Chou quando parla di Human Driven Motivation in opposizione a Data Driven Motivation.

Dopotutto non è il “gioco” in sé che dobbiamo imparare a capire: è ciò che c’è dietro, l’insieme di motivazioni e desideri che animano il nostro cervello, cervello che non è cambiato poi molto da quando cercavamo di sopravvivere in mezzo a pericoli di ogni sorta.

Saremo anche andati sulla Luna, ma desideriamo ancora la stessa cosa di sempre: sentirci vivi.

CONCLUSIONE

In realtà sarebbe impossibile elencare tutti i componenti utili o necessari per gamificare un’attività, così come sarebbe impossibile scrivere un articolo esaustivo su tutte le combinazioni possibili.
Certo, avrei potuto scriverlo all’inizio ma ehy, visto che siamo arrivati comunque fin qui?

Le possibilità sono infatti pressoché infinite ed è il motivo per cui nella maggior parte dei casi ci si limita alla triade più famosa della Gamificazione: la PBL, ovvero Points, Badges and Leaderboards.
Nella stragrande maggioranza dei casi basta davvero usare dei punti e dei trofei per ottenere risultati.

Ma questo è un uso non solo banale della Gamificazione: è un vero e proprio spreco.

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La costruzione di un’esperienza Gamificata è infatti qualcosa in grado di trarre l’assoluto massimo dal minimo sforzo da parte del Giocatore.
Ma bada bene: quando parlo di giocatore forse immagini un adolescente che gioca da solo in casa.
Oppure che “perde tempo” sullo smartphone o su Fortnite.

Ho scelto volutamente di usare questo termine per tutta la durata dell’articolo.

In realtà immagina che al posto del giocatore può esserci un tuo dipendente, che devi formare perché acquisisca competenze in modo rapido.
Certo, puoi fornire il classico corso e-learning obbligatorio che seguirà controvoglia e che permetterà ad entrambi di portare un minimo risultato a casa.
Oppure costruire un’esperienza in grado di trasformare un tuo dipendente in un top player senza che se ne renda conto.

Al posto del termine “giocatore” puoi inserire il termine Prospect o Cliente: una persona che viene sul tuo sito e peggiora solo il tuo bounce rate, ma che grazie alla Gamificazione può ritrovarsi a farti pubblicità e a sentire il bisogno di comprarti senza che si ponga il problema di pensarci.

E puoi anche immaginare, al posto di “giocatore”, il termine allievo: qualcuno che debba seguire un tuo corso ma che mostri molte resistenze.
Grazie allo sviluppo dei Core Drive diventa possibile infatti creare un’esperienza tailor made con lo stesso sforzo che metteresti per creare un corso qualunque.

La domanda è dunque solo una: are you ready for the Game?

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L’Architetto della Mente
M.A.D. Gazette

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