A Cosa Servono le Crypto

Una disamina lucida tra scenario economico, potere d’acquisto e comportamenti virtuosi.

Filippo Albertin
Nakamotas
6 min readFeb 21, 2024

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Moneta e potere d’acquisto: una dicotomia ovviamente costante, che rimane non solo invariata, ma potenziata quando sostituiamo la valuta (fiat money emessa dalle banche centrali) con una qualsiasi cryptovaluta (asset digitale “minato” da strutture algoritmiche decentralizzate).

Crypto in uscita

Essendo che la quasi totalità delle transazioni in crypto si basa su asset che sono stati brutalmente comprati, ossia scambiati con fiat money lungo un processo che necessariamente ha comportato la spesa di una certa quota, fissa o variabile in percentuale (fee di acquisto), è piuttosto evidente che il potere d’acquisto attuale di chi trasforma la moneta corrente in moneta decentralizzata è — sia pure di poco — inferiore rispetto a quello prima dell’acquisto.

Quindi, escludendo la bizzarra ipotesi di una moneta corrente che perde il suo valore a velocità “fanta-economiche” (cosa che comunque, intendiamoci, potrebbe accadere nel caso di svalutazioni deliberate, e in certi paesi è effettivamente accaduto), la morale di questa banale argomentazione è esprimibile in un esempio:

Ho 100 euro. Compro BTC al 2% di commissioni di acquisto (questa è infatti la commissione media reale che ho sempre riscontrato). Ottengo un potere d’acquisto attuale pari a 98 euro in BTC. Chi me lo fa fare di ridurre il mio potere d’acquisto attuale di 2 euro?

Le risposte possono essere solo e unicamente quattro:

  1. Risparmio di moneta deflativa: Mi conviene perché quei 100 euro sono dei risparmi; ossia, si riferiscono a una quota di potere d’acquisto che posso permettermi di non spendere attualmente. Si tratta di un surplus che altrove non mi renderebbe nulla, mentre in BTC può ragionevolmente crescere in ragione della natura deflativa di questa cryptovaluta. (Nel caso remoto della sopraccitata “superinflazione” questa motivazione diventa lapalissiana. Mi conviene perché la moneta che mi lascio alle spalle non vale più 100 euro, ma ne vale 50, 30 o 20. Evidente che parliamo di fattispecie almeno per ora lontanissime dalle economie occidentali, inflazione strutturale a parte.)
  2. Trading: Si tratta esattamente del caso 1, con la sola differenza di un orizzonte temporale molto più ravvicinato. Mi privo di un certo potere d’acquisto perché so benissimo, o almeno credo, che i guadagni a breve termine nel rivendere quella valuta digitale saranno ben più abbondanti rispetto alla rinuncia in termini di cambio.
  3. Economie circolari: Mi conviene perché, in generale, acquistare beni e servizi in BTC mi potrebbe permettere di ottenere un vantaggio in termini di potere d’acquisto attuale, superiore a quello che avrei pagando in fiat money. Questo è il caso di economie circolari dove sono vigenti alcune regole promozionali, prima fra tutte lo sconto utile sugli acquisti effettuati nativamente nella cryptovaluta di riferimento. (Se per esempio, pagando in BTC, ottengo uno sconto del 15% sul cambio in euro, io non devo più pagare 100 euro in BTC, ma solo 85 euro in BTC. Avendone 98 in BTC, il mio risparmio è di ben 13 euro in BTC.) In materia, consiglio vivamente di leggere questo mio articolo dedicato.
  4. Vantaggi congiunturali o misti: Mi conviene perché, pagando in BTC, ottengo vantaggi di altra natura, indipendenti o comunque non esclusivamente dipendenti dal potere d’acquisto. Per esempio privacy, anonimato, possibilità di pagare professionisti che accettano solo cryptomoneta, etc… Tali vantaggi possono essere anche di carattere detentivo (sicurezza e anonimato, protezione, essere banca di me stesso), o di convenienza in fase di transazione (rimesse, commissioni di rete più basse rispetto alle analoghe bancarie). Da notare che vantaggi di questo genere possono anche riguardare situazioni centralizzate o decentralizzate di cosiddetto staking, ossia conservazione di una certa somma di asset digitali (specie token specifici legati a particolari progetti) a fronte di una premialità specifica: cashback, interessi passivi, sconti su commissioni, airdrop, etc… In questo caso una componente risulta chiaramente collegabile a un potere d’acquisto, da cui la definizione di vantaggio misto.

Faccio comunque notare che tutti questi vantaggi si confrontano necessariamente col potere d’acquisto, ora ponendolo come obiettivo futuro (rinuncio oggi per avere di più domani), ora spendendolo per ottenere un vantaggio economico sul cambio, oppure valutandone la parziale perdita in ragione di vantaggi evidentemente ritenuti preferibili.

Immediato corollario: Se il potere di acquisto attuale è inferiore alle necessità altrettanto attuali della persona, e se non sussistono scontistiche da economie circolari “deliberate”, non esiste alcuna pensabile convenienza nel detenere cryptovaluta.

Partire da un’idea in fondo basica come quella del potere d’acquisto è secondo me il modo migliore per delineare razionalmente il senso effettivo, sia attuale che prospettico, della cryptomoneta, in quanto stabilisce una sorta di criterio di transizione, ovvero di scelta razionale nella transizione, da quella che spesso ho chiamato economia “euclidea” (centralizzata) alla sua speculare versione “non euclidea” (decentralizzata).

Se è vero che la decentralizzazione costituisce il cuore delle cryptovalute, è anche vero che alla base delle scelte d’adozione c’è la considerazione oggettiva dei costi e dei benefici connessi al rapporto tra potere d’acquisto e valore intrinseco della specifica crypto che andiamo a considerare di volta in volta.

Crypto in entrata

Ci si concentra quasi sempre sulla spesa delle cryptomonete, ossia sull’accumulazione a mezzo cambio da fiat money, e sulla più o meno giustificabile sensatezza dell’atto di collezionarle in wallet per poi spenderle o valorizzarle quando conveniente. Ben poca attenzione viene invece dedicata all’aspetto primario direttamente connesso e speculare a questa prassi: i professionisti, le aziende e gli esercenti che accettano cryptomoneta come strumento di pagamento nativo. Ebbene, io credo che sia soprattutto, o come minimo anche questo un veicolo di centrale importanza per costruire economie alternative, come dicevo “non euclidee”, da sfruttare a vantaggio degli appartenenti alle stesse.

In altre parole, alla base di una qualsiasi economia c’è una pregressa accumulazione della moneta che identifica in tutto o in parte quella specifica economia.

Se è innegabile quanto lo strumento di accumulazione crypto sia oggi il banale acquisto da CEX (exchange centralizzati) o DEX (decentralizzati), è anche altrettanto innegabile quanto un metodo ancora più agevole sarebbe l’accettazione diretta di crypto, che nativamente verrebbero ad accumularsi nel portafoglio digitale dell’utente.

Lasciando per un attimo da parte il problema a monte, ovvero il fatto che, accettando crypto, stiamo automaticamente spostando altrove l’onere di acquistarle (cosa tutt’altro che scontata, anzi), potremmo affermare con certezza una sorta di slogan valido per tutti:

Se vuoi ricevere “nativamente” (onchain) crypto da tuoi clienti attuali o potenziali, stabilisci un congruo sconto a loro destinato nel caso di pagamento attraverso questi strumenti (io propongo un minimo del 10% sul cambio in fiat).

La domanda implicita che dà il titolo a questo mio articolo deve quindi essere posta sulla base di un bilanciamento naturale tra due istanze opposte: da un lato il potere d’acquisto, dall’altro i vantaggi pagati dalla parziale perdita del medesimo, momentanea o sistematica a seconda dei casi in analisi.

Dovendo dare io stesso un’indicazione generale, posso dire che l’avvento delle cryptovalute, Bitcoin in primis, ha generato i presupposti di una rivoluzione che può essere per molti versi paragonata a quanto accaduto per il web da circa trent’anni a questa parte. Tale rivoluzione, la cui fibra più intima poggia certamente sullo sviluppo delle reti che ne veicolano gli algoritmi, è per forza indirizzata a cambiare notevolmente il volto dell’economia mondiale, delle transazioni tra attori economici e sociali, delle modalità di fare impresa e produrre ricchezza, in forme e configurazioni che oggi possono essere solo parzialmente ingegnerizzate o comunque prefigurate a tavolino. Serve quindi una capacità non solo razionale, ma anche creativo-razionale, per generare occasioni sempre più nuove ed efficaci nel migliorare un certo processo, servizio o prodotto che sia.

Il fondamento operativo di queste idee resta comunque vincolato a pilastri molto precisi e irrinunciabili:

  • formazione di base, che permetta a utenti finali, imprenditori e operatori di padroneggiare in sicurezza le modalità d’uso delle crypto;
  • networking reale, che permetta di comunicare con semplicità ed efficacia lo stato dell’arte tecnologico ed economico a platee sempre più vaste (includendo la scuola, le università e le associazioni di categoria);
  • diffusione di una cultura della sicurezza, per evitare passi falsi, truffe e insidie proprie di un uso scorretto delle crypto.

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A proposito di economie circolari e relativi sconti per pagamenti in cryptomoneta, sono orgoglioso di far parte del Bitcoin Veneto Team, che attraverso la più vasta partecipazione al progetto Referenze adotta questa politica come standard. Veniteci a trovare!

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Filippo Albertin
Nakamotas

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