Atto, lutto e melotto

exedre
NaNoWriMo in zona di comfort
7 min readDec 4, 2015

5/ Come l’elaborazione del lutto può aiutare il viaggio del personaggio

Evolvere significa abbandonare posizioni consolidate, perdere sicurezze, mettersi in gioco per raggiungere nuovi obiettivi.

L’uomo è avverso ai cambiamenti, si lamenta della vita noiosa ma non si mette in gioco e cambia il suo destino. Per questo si leggono i romanzi: i personaggi cambiano, si mettono in gioco, evolvono, crescono.

Anche il personaggio di un romanzo, l’eroe, non vuole andare incontro alla sua avventura; vorrebbe non avere nessuna ragione o stimolo per inoltrarsi nel pericoloso cammino del romanzo.

Fosse per lui, l’eroe, se starebbe tranquillo a casa a poltrire sul divano, a guardare la partita della Maggica Roma in TV, a mangiare pizza e bere birra. Tutti i personaggi principali di un romanzo sono così, riottosi e scostanti. Ma no, un bravo scrittore deve stanarlo di lì, farlo uscire e correre dietro situazioni assurde. Così funziona, lo scrittore non deve avere pietà per l’eroe come questo non ne dovrà avere per i cattivi.

Quando l’eroe avrà lasciato, e malvolentieri, il suo stato di quiete, la sua «zona di comfort», dovrà assorbire questo cambiamento. Tutto il libro servirà a questo: fargli accettare questa trasformazione.

Ma che tipo di cambiamento è questo?

Diciamolo subito, la narrativa non è la zona dei sentimenti tenui. Le emozioni dei romanzi sono sempre forti, belle cariche, intense, i dolori sono lancinanti, le angosce sono terribili, le amicizie sono indissolubili, i coraggi sono leggendari e via dicendo. Se così non fosse non riusciremmo a coinvolgere i lettori. Emozioni incerte, ambigue e non troppo comprensibili sono per la vita di tutti i giorni, dove non si capisce mai niente, dove si fatica a trovare un centro, una storia, un’evoluzione. In un romanzo no, ogni tre righe una tragedia.

Il cambiamento affligge il personaggio come qualcosa di assoluto. E cos’è più assoluto della morte?

Il cambiamento è per l’eroe un lutto in tutto e per tutto

L’eroe affronta tutta questa incredibile avventura per tacitare la sua contrarietà di aver dovuto sollevare il suo grazioso didietro dal divano, per aver perduto la Maggica in TV e aver fatto freddare la coda alla vaccinara che la madre gli aveva preparato per cena. In effetti, quale eroe non considererebbe perdere la Maggica o un piatto di coda alla vaccinare meno di un lutto vero e proprio?

Nel campo dei sentimenti quando si parla di lutto, e solo quando si parla di lutto, si usa un’espressione che fa molto al gioco nostro: «elaborare il lutto».

Se si esclude il campo della motoristica o della progettualità, il verbo “elaborare” non si usa praticamente per nessun altra cosa. In biologia anche il pancreas elabora il succo pancreatico, il che sottolinea la superficialità degli affari di cuore.

Il lutto invece si «elabora» quasi fosse un progetto o una gara d’appalto.

Non si elabora l’amore, ad esempio, che pure è un casino, non si elabora la rabbia, non si elabora la paura, no quella non si elabora proprio, il lutto sì, il lutto si elabora quasi come se fosse una cosa così tanto complicata che senza un piano preciso non la si riesce a dominare.

Sì, è proprio vero: il lutto si domina con difficoltà. Più è profondo e meno è facile venirne fuori.

Io non vorrei mai parlare di cose tristi ma purtroppo quando si ha a che fare con l’eroe di un romanzo, anche umoristico o d’azione, non si può prescindere da questo.

«Ho detto a Dio,» dichiarò Elisabeth Kübler Ross nel 2002, «che è un maledetto procrastinatore».

Elisabeth Kübler Ross

A quel tempo era quasi del tutto paralizzata come conseguenza di una serie di infarti e morirà solo due anni dopo all’età di 78. Elisabeth, come psichiatra, è stata una delle principali contributrici al campo della tanatologia, lo studio scientifico della morte, ed in particolare ha fondato la psico-tanatologia, ovvero il sostegno psicologico per il superamento del trauma della morte sia per i pazienti terminali che per i loro parenti. Già nel 1969, con la pubblicazione del suo saggio più noto La morte e il morire, Elisabeth aveva definito un modello a cinque fasi per l’elaborazione del lutto.

Il suo modello a cinque fasi rappresenta uno strumento per capire le dinamiche mentali di un malato terminale, ma è stato constatato che è valido ogni qualvolta ci sia da elaborare un lutto di qualsiasi tipo, anche solo affettivo o ideologico.

Le fasi esposte dalla Kübler-Ross sono:

  • Fase della negazione o del rifiuto: è la fase caratterizzata dal fatto che il paziente si difende rigettando la realtà. Il rifiuto psicotico della verità circa il proprio stato di salute è funzionale al malato per proteggersi dall’ansia di morte. Con il progredire della malattia questo meccanismo solitamente si ammorbidisce ma talvolta può irrigidirsi e raggiungere livelli psicopatologici.
  • Fase della rabbia: dopo la negazione iniziale si manifestano emozioni forti. Rabbia e paura esplodono in tutte le direzioni, investono i familiari, il personale ospedaliero, e chiunque viene di solito correlato con il proprio stare bene, ad esempio la dimensione divina.
  • Fase della contrattazione: in questa fase la persona valuta quanto ancora può realizzare e in quali progetti può investire la speranza. Diventa a tutti gli effetti una fase negoziale sia nei confronti dei medici, ad esempio, che dei propri cari o delle figure religiose vicine.
  • Fase della depressione: solo da questo momento il paziente prende consapevolezza delle perdite a cui sta andando incontro soprattutto con il progresso delle manifestazioni della malattia e l’aumento del livello di sofferenza; l’imminenza della morte acuisce la fase depressiva.
  • Fase dell’accettazione: arrivato a questo punto il paziente ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui e accetta la propria condizione sviluppando una consapevolezza di quanto sta per accadere; durante questa fase non viene abbandonato da rabbia e depressione, ma si esprimono in intensità moderata. Silenzio, solitudine e raccoglimento, sono i tratti distintivi della fase, insieme a momenti di profonda comunicazioni con i cari.

Secondo la Kübler-Ross, la morte non è la fine se può diventare vita per ciò che è dopo. Una considerazione interessante nel nostro lavoro, infatti il lutto del personaggio in un certo senso cura la vita del lettore. Meglio l’eroe elabora il proprio lutto, meglio il lettore riuscirà a ritornare alla vita.

È un modello è un modello a fasi e non a stadi. Ovvero può essere percorso in modo non sequenziale e addirittura alcune fasi possono presentarsi più volte nel corso del tempo, con livelli di intensità differenti, o addirittura non presentarsi per nulla per una data persona, secondo la sua inclinazione.

Secondo altri autori le fasi del lutto sono definite in modo differente. Ad esempio Granger E. Westberg in Good Grief propone addirittura una suddivisione in dieci fasi che sono per lo più una suddivisione di quelle della Kübler-Ross. Westberg ha però il merito di esplicitare in modo molto chiaro la prima fase, che nell’ambito della narrativa ha una importanza fondamentale, che è la fase dello shock, e una più accurata definizione della fase dell’accettazione suddivisa in tre differenti parti:

  • La resistenza al rientro (fase della riflessione);
  • l’alba della speranza (fase della scelta);
  • il conflitto nell’affermazione della realtà (fase dell’integrazione).

Dal punto di vista narrativo, la composizione di queste otto fasi completa il viaggio del personaggio nel percorso del suo cambiamento. L’eroe entrato nell’avventura (spesso incolpevolmente) ne esce non solo cambiato ma anche maturato della completa elaborazione di questa sua necessaria (spesso non richiesta) trasformazione.

Le otto fasi sono quindi così identificate:

  • SHOck
  • NEGazione
  • RABbia
  • TRAtativa
  • DEPressione
  • RIFlessione
  • SCElta
  • INTegrazione

Gli otto atti del romanzo possono quindi essere costruiti su questo modello esteso di elaborazione del lutto (chiamo questa cosa con una sigla: MEL8) che ci fornisce anche una valutazione numerica:

Ecco così spiegato il valore (magico) del numero 8. A questo punto è anche facile introdurre gli atti del romanzo nelle sezioni.

Anche se è solo una traccia, il modello di elaborazione del lutto a 8 fasi (MEL8) ci fornisce una cornice emozionale molto potente all’interno della quale muovere l’eroe della storia. L’applicazione di questo modello permette una precisa identificazione degli spazi in cui suddividere il romanzo ma rimane indifferente alla strategia di esecuzione, come vedremo si compone molto bene sia con la strategia del viaggio dell’eroe (Vogler) che con le scene obbligatorie (Shawn). (continua al prossimo post)

Riferimenti:

Applying Grief Stages to Organizational Change P. Scire

La morte e il morire, Assisi, Cittadella, 1976. 13ª ed.: 2005. ISBN 88–308–0247–6; ISBN 978–88–308–0247–6.

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