Prima avevo un ruolo e una carriera. E adesso? — Parte II

“Prima avevo un ruolo e una carriera, e adesso?” è una domanda che ci pongono sempre più spesso nell’ambito delle trasformazioni Agile o durante i cambiamenti organizzativi. È una classica domanda “da manuale” Agile? Assolutamente no. Dobbiamo iniziare a trovare risposte, assieme? Assolutamente sì.

Davide Tarasconi
Nobilita
6 min readApr 16, 2018

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Nella prima parte abbiamo visto come i ruoli siano una realtà più complessa e sfumata di quello che abbiamo creduto per diverso tempo: i ruoli necessitano di essere osservati e curati in maniera più personale, partendo dalle aspettative reciproche che azienda e persona hanno rispetto l’uno o più ruoli ricoperti.

Anche lo sviluppo di carriera soffre di una distorsione fondamentale, di una eredità che ci portiamo con noi dal modello industriale, seguito poi dalla scuola e dall’università: siamo abituati a percorsi che ci premiano per comportamenti prevedibili, ripetuti, per la risposta giusta, univoca.

Dopo una serie di buone verifiche a scuola, verremo promossi. Dopo aver superato una serie di esami all’università, ci laureeremo. Anche i percorsi di carriera tradizionali sono questo: dopo aver raggiungo una serie di obiettivi, spesso decisi arbitrariamente da qualcun altro, riceviamo una promozione.

Forrest Gump: dopo solo cinque anni di partite di football, prese la laurea.

Forse per alcuni di voi sarà un argomento trito, ma vale la pena ricordare che: non per tutti “essere capo di qualcuno” è un avanzamento di carriera desiderabile. Spesso, però, è l’unica alternativa.

Tratto ed adattato da “Most people don’t want to be manager”—HBR.

Al di là di alcune evidenze empiriche (pare che più della metà delle persone non sia interessata a ricoprire posizioni di management), provate a pensare quante persone conoscete che vi abbiano detto la frase “Voglio diventare un manager”. Ora pensate a quante persone vi hanno detto la frase “Voglio fare il mio lavoro al meglio”.

“The key to being a good manager is keeping the people who hate you away from those who are still undecided.”

Casey Stegel

Da cosa è definita una carriera, quindi?

Da una serie di momenti critici che rappresentano il passaggio da uno stato all’altro, lungo un percorso. Nella sua essenza quindi una carriera ha delle fasi, e almeno una direzione.

I momenti “critici” di cui parlavo potrebbero essere promozioni, ma non solo: sono momenti di confronto delle aspettative reciproche tra la persona che sta percorrendo un certo percorso, e qualcuno che sta valutando le possibili strade che questo percorso potrebbe prendere.

Maggiore la distanza tra le aspettative della persone e le aspettative dell’azienda, maggiormente fragile sarà il passo di carriera successive. Questa distanza a volte è solo un ritardo o una mancanza di feedback.

È quello che sta alla base dei concetti espressi da Luca nel primo articolo, dedicato ai ruoli: le aspettative di sviluppo vanno chiarite e definite su base personale, avere feedback a cadenza regolare in merito è di fondamentale importanza.

È difficile “misurare” una persona: le persone, sul lavoro e non solo, sono una somma di comportamenti, caratteristiche personali, capacità tecnico-pratiche, capacità relazionali. È difficile tradurre tutto questo in una pagella, se non addirittura contro-produttivo ridurre tutto ad una misura quantitativa.

Un modo alternativo di pensare a come le persone vedono il loro successo in azienda dovrebbe essere basato sui comportamenti. Impatto, influenza ed autonomia sono elementi importanti a livello individuale che dovrebbero essere considerati alla stregua di misura di possibilità di carriera.

  • Impatto: chiediamoci cosa non sarebbe stato possibile in assenza di questa persona? Quel prodotto o quel servizio sarebbero stati lanciati? Quella funzionalità sarebbe davvero stata così di impatto? Cosa ci aspettiamo dalle persone che vogliono aumentare il proprio impatto?
  • Autonomia: lavorare con gli altri, il lavoro di squadra, sono importanti. Ma a molti livelli della vostra organizzazione troverete persone e team che danno molto più valore all’autonomia.
  • Influenza: non riguarda la struttura dei riporti, non significa “Quante persone ho sotto di me”, significa “Quante persone considerano importante la mia opinione? Quante persone vengono da me a chiedere consiglio?”.

“People were nearly two and a half times more likely to take a job that gave them more autonomy than they were to want a job that gave them more influence”
— Melissa Dahl

Un modello basato su misure di impatto, autonomia e influenza, come qualsiasi modello, è sbagliato: per fare un esempio (e citare anche uno studio in merito), pare che per molte persone l’autonomia sia molto più importante dell’influenza. Dove sta la verità? Dovete scoprirlo chiedendolo alle persone che lavorano per voi, non applicando un modello statistico.

Il fatto che per alcuni l’autonomia sia più importante dell’influenza significa forse che l’azienda del futuro sarà costituita da gregari, contrariamente al senso comune e alla tendenza generale che vorrebbe porre l’accento al lavoro in team?

No, significa solo che se riusciremo a captare le preferenze individuali, è probabile che anche i gregari avranno una motivazione intrinseca in più per lavorare in team, o supportare più team con le loro attività.

Come vedete non sto parlando di job title, di ruoli, non sto parlando di livelli di inquadramento contrattuale, non sto parlando di obiettivi, non sto parlando di conoscere 12 linguaggi di programmazione e 27 framework diversi.

Sto parlando di comportamenti, perché una delle piccole-grandi rivoluzioni che dobbiamo seguire per progettare le carriere del futuro è premiare i comportamenti virtuosi e non solamente l’accumulazione di competenze o di obiettivi raggiunti.

C’è poi un percorso da seguire. Il problema della “corporate ladder” è che non è un percorso. È una scala, si può andare in una sola direzione e non ci si può muovere in nessuna altra direzione.

È come se salissimo le scale di un palazzo per poi trovare ad ogni piano delle porte chiuse. L’unica opzione che abbiamo è salire fino in cima: cosa succederebbe se invece potessimo entrare su un piano, esplorarlo, farlo nostro, e solo dopo decidere se vogliamo o possiamo salire al piano successivo?

Il modello tradizionale: per ogni ruolo c’è un solo percorso di carriera. I punti deboli sono molti ed evidenti.
Il modello “pillola rossa-pillola blu”: ci sono alternative, ma sono mutualmente esclusive.
Un modello alternativo: creiamo alternative, biforcazioni, possibilità di ricongiungimento, movimenti laterali, trasformiamo il modello di carriera in qualcosa di più simile alla vita reale.

Qualche tempo fa su Twitter girava questo simpatico giochino, corredato dal relativo hashtag #firstsevenjobs: quali sono stati i tuoi primi sette lavori?

Chissà se Buzz Aldrin, mentre lavava i piatti, pensava che un giorno sarebbe finito sulla Luna…

Ad di là della curiosità e del divertimento che questi esempi possono regalarci, fermiamoci un attimo a pensare: quanti di noi hanno avuto esperienze lavorative varie ed eventuali prima di iniziare una carriera in azienda, e a volte punti di svolta anche decisi a “carriera inoltrata”?

Questi sono i miei primi sette lavori. Le cose sono diventate ancora più interessanti in seguito…

Classifichiamo la fine dei “lavoretti estivi” come un “prima”, seguiti da un “dopo” fatto di percorsi di carriera prefissati e spesso senza grosse alternative.

Per quale motivo nel momento in cui entriamo in azienda le nostre scelte di carriera sembrano ridursi drasticamente ed essere quasi obbligate? È possibile ricreare quella varietà all’interno di una stessa azienda? È un lusso che solo le aziende più grandi possono permettersi?

E poi, la domanda fondamentale: “Da dove si parte?”.

Nella terza e ultima parte di questa serie, proveremo a rispondere a quella domanda, sfatando alcuni miti riguardo ai modelli famosi, e proveremo a ragionare in termini di ingredienti (cosa effettivamente abbiamo a disposizione nella nostra azienda) e possibili ricette (come creare un proprio modello partendo dagli “ingredienti” a disposizione e dalle lezioni imparate lungo la strada).

“Prima avevo un ruolo e una carriera. E adesso?” è una serie in tre parti tratta da una presentazione che io e Luca abbiamo fatto al Reloaded Camp, evento per i clienti di Agile Reloaded che si è tenuto lo scorso 21 Marzo.

Qui trovate la prima parte.

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