Progresso e crescita. Facciamo i conti

Luca Bergero
Nobilita
Published in
5 min readMar 4, 2018

Siamo sinceri, spesso le formule che sembrano darci un’indicazione chiara ed efficace ci piacciono. Ci danno un senso di semplicità e precisione, una rotta, una direzione verso cui indirizzare i nostri sforzi. Ci danno più o meno inconsapevolmente delle risposte. E di qualche risposta spesso ne sentiamo il bisogno.

Tra le tante ne abbiamo incontrate due, che in qualche modo ci hanno stuzzicato particolarmente e ci hanno suggerito un’intuizione su cui abbiamo ragionato, su cui ci siamo confrontati per capire se risuonasse con l’immagine che abbiamo di noi, ovvero di un gruppo che sceglie deliberatamente di svilupparsi. È un aspetto su cui continuiamo a ragionare, ne percepiamo l’utilità, di conseguenza lo vogliamo condividere.

Non spaventatevi, oggi andremo a ripescare tra le nostre competenze matematiche di base, ma non sarà nulla di complicato, ci servirà solo un po’ di ragionamento logico.

Una formula semplice che usiamo spesso con i nostri clienti per introdurre il tema del miglioramento continuo ce la fornisce Ray Dalio con i suoi principi.

DOLORE + RIFLESSIONE=PROGRESSO

Spesso nelle aziende che affrontano una fase di difficoltà suggeriamo di introdurre dei momenti periodici (retrospettive) per riflettere in modo collaborativo e trovare un’occasione per poter progredire.

Una seconda formula è legata invece al tema dello sviluppo nell’adulto, tema di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo dedicato al cambiamento.

SUPPORTO + SFIDA=CRESCITA

Se vuoi crescere, in qualche modo dovrai affrontare una sfida, ma farlo da soli potrebbe essere molto più difficile. Avere supporto rende il percorso molto più costruttivo.

Ora, facciamo una semplice ipotesi. Supponiamo che, rispetto all’ambito di cui ci occupiamo in Nobilita, ovvero quello della valorizzazione del talento nelle organizzazioni, progresso e crescita siano equivalenti.

Utilizzando le due formule precedenti arriveremmo a:

DOLORE + RIFLESSIONE=SUPPORTO + SFIDA

Quindi, da questa equivalenza, che cosa otteniamo? (E qui, a distanza di più di 20 anni, il mio severo professore di matematica delle medie sarebbe veramente orgoglioso di me).

  1. DOLORE=SUPPORTO + SFIDA -RIFLESSIONE

Il modello Kubler-Ross ha fornito negli anni molti spunti per ragionare sul tema del dolore. Sebbene non siano mancate le critiche, il modello rimane comunque un buon punto di partenza per affinare la propria consapevolezza in molte situazioni reali. Pensando a quelle condizioni in cui proviamo o abbiamo provato dolore, molto probabilmente riusciremmo a ritrovare tracce delle fasi suggerite: diniego, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Ed in queste magari stiamo affrontando una sfida, forse abbiamo anche del supporto, ma non abbiamo modo di riflettere. Purtroppo ci capita di incontrare persone che sostengono di non avere il tempo, singolarmente o in team, per riflettere. Sono proprio quelle situazioni in cui i gruppi non hanno la possibilità di imparare e crescere, rimangono solo la fatica ed il dolore. Anni fa, lessi un romanzo piuttosto interessante che si intitola “Un giorno questo dolore ti sarà utile”; quando mi trovo in situazioni difficili e dolorose, o incontro una persona che sta soffrendo, ripenso spesso a questo titolo ed alla copertina di quel libro, ma a quel punto mi rendo conto che senza riflessione sarà probabilmente un investimento poco costruttivo.

2. RIFLESSIONE=SUPPORTO + SFIDA -DOLORE

Riflettere è ascoltare più forte.
Samuel Beckett

Se, a differenza del sentire, ascoltare è un atto intenzionale, riflettere è quindi un atto intenzionale ancora più forte. Riflettere è uno dei nostri strumenti preferenziali, ci siamo arrivati attraverso i nostri percorsi personali o grazie alla nostra storia legata all’agilità ed al miglioramento continuo. Ci piace, non possiamo negarlo. Abbiamo il privilegio di confrontarci quotidianamente con contesti complessi in cui riflettere e prendersi il tempo per riflettere è assolutamente fondamentale. Agire di istinto e solo grazie all’esperienza non è per noi, e per il tipo di relazioni che ci piace coltivare, la soluzione sempre migliore. Ma per farlo abbiamo dovuto mettere in discussione la nostra capacità di confrontarci con il dolore. Non sempre abbiamo trovato in noi la conferma che avremmo desiderato, ma siamo sereni nell’ammettere i nostri limiti e nel tenere sott’occhio le nostre aree di miglioramento. Facciamo a nostra volta esperienza di situazioni dolorose, non è sempre facile. Siamo però consapevoli di quanto una riflessione diventi più costruttiva e lucida nel momento in cui si riescono a trovare strategie per allentare la presa del dolore.

3. SUPPORTO=DOLORE + RIFLESSIONE -SFIDA

Il supporto è un elemento chiave dello sviluppo sia a livello personale che professionale. Nei workshop dedicati al tema del conversation design siamo chiari su questo punto: affrontare e mettere in discussione le proprie convinzioni richiede supporto. In Nobilita ed Agile Reloaded siamo un team molto unito e per primi sentiamo l’esigenza di avere la certezza di trovare supporto. Vogliamo per primi sperimentare ed usare gli strumenti e le pratiche che suggeriamo ai nostri clienti. Noi stessi ci siamo confrontati, ad esempio, con la necessità e l’inevitabile difficoltà iniziale, di imparare a dare e ricevere feedback continui. Una forma concreta di dare e ricevere supporto. Alcuni giorni fa, facevo notare a mia moglie questo aspetto. Lei mi ha sottolineato un elemento di cui non mi ero ancora reso conto del tutto: “siete più di un’azienda”. E forse è vero, sicuramente mi piace esserne più consapevole. Ma il supporto di per sé non richiede ne sfida, né desiderio di prevalere. La sfida, se fine a se stessa ed interna ad un team, è qualcosa di incompatibile con il supporto. Lo renderebbe vano.

4. SFIDA=DOLORE + RIFLESSIONE -SUPPORTO

Abbiamo sempre avuto una passione per le sfide, ma soprattutto per le sfide che ci permettono di evolvere. Per anni la mia grande passione, al di fuori dell’ambito professionale, è stata correre alcune maratone in diverse città d’Italia. La sfida è stata piuttosto elevata e difficile, affrontare quel tipo di competizione richiede un cambio drastico, sia a livello fisico che mentale. Confrontarsi con questi obiettivi sfidanti comporta non poche conseguenze, personalmente ho però sempre cercato e trovato qualcosa di più rispetto al risultato cronometrico o la classifica. Certamente una sfida importante implica una buona dose di dolore (nel caso della maratona, in particolare, non manca assolutamente). Richiede sicuramente anche riflessione. Per affrontarla al meglio è imprescindibile un approccio empirico basato su prove, errori ed apprendimento (sono sicuro che i miei polpacci non sarebbero d’accordo). Ma il rimuoverne il supporto ci obbliga a limitarci solo alla nostra visione del mondo, alle nostre convinzioni, senza reale possibilità di confronto. Una sfida rimane competizione, senza trasformarsi in sviluppo, se viene negata la possibilità di mettere almeno in discussione il nostro punto di vista.

Cosa ne pensate?

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