Innovazione, fare i conti con (03) — Il mediumform ucciderà gli articoli lunghi

Il longform potrebbe avere i giorni contati, ecco quali piattaforme è meglio tenere d’occhio

Alberto Motta
4 min readDec 1, 2015

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Articolo pubblicato per la prima volta su Wired il 5/11/2015

Il longform è un format di scrittura determinato dalla sua lunghezza, più che dal suo contenuto, e con una lunghezza fissata dall’omonimo sito di riferimento in duemila parole almeno. Indicativamente, stiamo parlando di sette cartelle standard, o, se preferite, sette pagine. Non meno. Spesso di più.

Detto della forma, il contenuto del formato giornalistico più charmant dell’anno può essere declinato in diversi modi; esistono longform multimediali di reportage come il celebre apripista Snow Fall del New York Times (dicembre 2012), longform non fiction come quello di Roberto Saviano per il Guardian (gennaio 2015), longform al femminile pubblicati dalla rivista The Riveter.

Val la pena fare qualche altro nome (oltre agli esperimenti di Wired): se volete avvicinarvi al mondo degli articoli lunghi e larghi vi segnaliamo Longreads, The Paris Review (la Gertrude Stein di tutte le riviste letterarie) Rivista Studio (feudo editoriale radical chic di Milano), Prismo, cui aggiungiamo l’inserto culturale de Il Foglio (ogni sabato in edicola).

Il longform è in cima alle agende degli editori più smaliziati e il culto dei pezzi lunghi viene evangelizzato con dispiego di mezzi (siti, piattaforme, carta, app, scrittori).

Attenzione però, il longform potrebbe essere un bluff. Lo è quando gli scrittori di longform (da qui in avanti longformer) si arrogano pretese di originalità che vanno invece attribuite a scrittori di altre generazioni; a titolo indicativo e non esaustivo segnaliamo l’Ernest Hemingway di Verdi colline d’Africa (1935), W.C. Heinz nel Professionista (1958), il Truman Capote di A sangue freddo (1966). Un altro precedente — più vicino ai longformer contemporanei — è il verboso David Foster Wallace: il suo reportage narrativo Shipping Out “sui comfort (quasi letali) di una crociera di lusso”, commissionato da Harper’s e pubblicato nel 1997, è lungo 24 pagine.

Il longform, inoltre, non è il sangue buono di internet, sebbene gli vadano riconosciuti diversi requisiti: surplus di gratificazione intellettuale del lettore, tempi di permanenza sulla pagina gonfiati e antidoto alle classifiche di Buzzfeed e alle brevi clickbait di cui è maestro indiscusso Il Mattino di Napoli (e omologhi in giro per il mondo) — la rete potrebbe avere già secreto gli anticorpi volti proprio a debellarlo.

Vediamone qualcuno. Si pensi a Medium (agosto 2012): lo strumento di scrittura progettato per divellere le gabbie della concisione internettiana viene oggi utilizzato, ironicamente, per produrre articoli con un tempo medio di lettura di due minuti (per i non avvezzi: sono pochi). Spesso ottimi i pezzi pubblicati, che si risolvono nel giusto tempo, che hanno il giusto respiro, che non trasformano una scampagnata intellettuale in una prova di resistenza.

Si pensi alla cenerentola del web, Quora: il sito domanda-e-risposta che raccoglie la comunità meglio scolarizzata della rete è attivo dal 2009 e conta tra le regole non scritte quella di esaurire le risposte nello spazio di uno scroll.

Si pensi, all’opposto, al nonsense delle newsletter di curatela: a esse ci iscriviamo per ridurre il tempo di permanenza su internet e, paradossalmente, intasano le nostre caselle mail con articoli longform che ci obbligano a leggere ancora di più.

Il rimedio alla bulimia da longform non sono gli strumenti da Ril (Read it later, leggilo dopo) come Instapaper e Pocket, e non è nemmeno il caustico acronimo TL;DR (too long, didn’t read, troppo lungo, non l’ho letto). Il rimedio al longform pare essere la sempre più robusta tendenza di quello che possiamo chiamare mediumform, il buon senso applicato all’approfondimento scevro dall’ego dello scrittore longformer.

Regno indiscusso del mediumform oggi, insieme a Quora e Medium, è Quartz (gruppo Atlantic Media). Anche questo outlet di notizie digitally native sull’economia globale sembra aver adottato la regola un articolo, uno scroll.

Altro sito di mediumform per eccellenza è McSweeney’s. La casa editrice non-profit fondata dallo scrittore Dave Eggers pubblica qui testi brevi e sagaci (spesso di poesia) che si leggono in un paio di minuti, a volte in meno.

Tra i tentativi di contenimento della scrittura longform ricordiamo infine l’utile editor Hemingway App (2013). Lo strumento sottolinea in giallo le frasi troppo lunghe, in viola le parole che contemplano sinonimi più corti, in azzurro gli avverbi superflui, in verde le frasi formulate in forma passiva.

Questo articolo è un mediumform lungo 688 parole.

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Alberto Motta

Communication for VC dpixel / Founder of Rivista Letteraria and DEINCEPS