Ho passato così il mio tempo a Iki Island in Ghost of Tsushima Director’s Cut

Fabio Di Felice
Panino al salame
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6 min readSep 4, 2021

Uno dei miei giochi preferiti dello scorso anno è senza ombra di dubbio Ghost of Tsushima. Non solo perché, a mio avviso, è una bellissima avventura, ma anche perché l’ho approcciato aspettandomi un prodotto mediocre e mi sono trovato per le mani una spremuta d’amore per il mio adorato Giappone. Nonostante i Sucker Punch siano americanissimi (di Washington, più americani di così?), il loro lavoro è riuscito a catturare un certo spirito giapponese con grande efficacia. Tanto che Toshihiro Nagoshi, papà della serie Yakuza, si è mangiato le mani durante un’intervista dicendo: “avremmo dovuto farlo noi giapponesi”. Troppo tardi. Lo penso anche io, che avreste dovuto, ma a Sucker Punch sono riusciti a racchiudere in questi confini virtuali la bellezza orientale in tutto il suo splendore.

L’arrivo a Iki Island, l’ambientazione esclusiva dell’espansione

In questi giorni quindi ho approfittato del machiavellico aggiornamento del gioco per PlayStation 5 e, con un trucco di leve e specchi, ho upgradato la mia versione PlayStation 4 alla Director’s Cut. Sulla nuova console, oltre a una serie di modifiche per sfruttare al massimo l’hardware (oh, ragazzi, non esistono più i caricamenti ed è impressionante) c’è anche un’area aggiuntiva, un’isola: Iki Island. Iki Island è grande più o meno come una delle tre regioni del gioco principale. Ci ho già perso dentro una decina di ore perché GoT è uno di quei giochi in cui mi piace camminare, osservare piuttosto che correre freneticamente da un punto di interesse all’altro. E mi sono chiesto perché. Perché pur avendo una struttura che potrebbe ricordare quella di un Assassin’s Creed, questo titolo mi piace, mi rilassa e mi interessa infinitamente di più, specialmente nella sua componente esplorativa? Mi sono dato diverse risposte.

Un torii segna l’ingresso a un santuario nell’isola di Iki.

Anzitutto perché l’esplorazione di Ghost of Tsushima è profondamente premiante. Lo è senz’altro dal punto di vista dell’appagamento visivo, e lo è anche perché ti regala innumerevoli oggetti per personalizzare il tuo stile di gioco e il tuo aspetto. Non mi ripeterò (perché ho già scritto un intero articolo sull’argomento e se non vi basta vi invito a visitare Vertical Game Photography di Cristiano Bonora per rifarvi gli occhi) ma a livello visivo, specialmente per quanto riguarda le ambientazioni, Tsushima è uno dei titoli più belli che abbia mai giocato e riesce a catturare l’atmosfera rurale e spirituale dei luoghi giapponesi. Torii, kitsune, foreste di bamboo, santuari immersi nella foresta, pagode che spiccano al centro di una macchia dorata di ginko. Il colpo d’occhio è quasi sempre fenomenale, sottolineato da un mucchio di particelle che impreziosiscono il quadro e di effetti visivi come nebbia, raggi solari che filtrano tra le fronde degli alberi, foglie di acero e colonne di fumo all’orizzonte.

Può convincerti a consumare la tua mezz’ora di gioco smarmellando nel photo mode senza muovere un altro passo come samurai. Per questo spesso tendo a camminare, in silenzio, tra i boschi, ascoltando solo il vento, il rimbrotto di un tuono in lontananza. Ghost of Tsushima è uno di quei giochi in cui faccio il turista virtuale. Iki Island poi non si fa certo pregare per mostrare degli scorci meravigliosi, all’altezza del gioco originale: campi di fiori coloratissimi, santuari incastrati in foreste rigogliose e un mucchio di suggestivi villaggi di pescatori dove piccole rapide scorrono sotto scricchiolanti ponticelli di legno.

Al di là di questo aspetto, Ghost of Tsushima è premiante anche per quanto riguarda i premi che concede al giocatore. C’è una serie infinita di oggetti estetici che personalizzano Jin: armature, tinte che ne cambiano l’aspetto (tra l’altro a Iki ce ne sono tre ispirate ad altrettanti classici PlayStation che vi lascio scoprire), amuleti da indossare, cappelli, fasce, maschere. Decine di foderi per la vostra katana, uno più bello dell’altro. Quasi ogni spot sulla mappa ti regala un motivo per andare lì, esplorare e uscire con qualcosa di più in saccoccia. Difficilmente si resta delusi.

Per un mucchio di tempo questa è stata la mia spada. Bella, eh? Poi ho cambiato per un’altra, ma ce ne sono così tante che vorrei portarle tutte.

Molti di questi premi poi vengono consegnati attraverso attività secondarie, mini giochi, prove di abilità. Ci sono quelli del gioco originale ma sono state inserite anche una serie di nuove possibilità esclusive dell’isola di Iki. I santuari dedicati agli animali dove suonare il flauto muovendo il Dual Sense in una sorta di Guitar Hero, i tornei di tiro con l’arco, altari pagani dove risolvere enigmi indossando specifiche armature, duelli con le spade di legno e infine spot che raccontano il passato di Jin andandone a scrivere il background.

I vessilli dei Sakai sono piantati dove potete rivivere i ricordi di Jin

Questo è un altro aspetto che mi ha sorpreso dell’esplorazione di Iki, ovvero che la storia dell’isola si lega profondamente con quella di Jin e con il rapporto tra il samurai e suo padre. È proprio qua infatti che Sakai senior è morto in battaglia , davanti agli occhi del figlio, e nel corso della campagna aggiuntiva Jin dovrà fare pace con il peso di non essere intervenuto per salvarlo. Il rapporto tra i due viene raccontato attraverso piccoli flashback e una serie di secondarie che ne sottolineano i difficili punti di contatto, la severità ma anche i momenti di orgogliosa presa di coscienza o di tenera intesa, rari, sì, ma preziosi. Una parentesi personale, a volte cruda, a volte toccante, che mi è sembrata molto sentita. Bello anche il rapporto con la madre di Jin, più suggerito, portato avanti attraverso i ricordi musicali e quelli legati all’educazione del ragazzo.

Il fumo all’orizzonte indica la presenza di qualcuno che ha bisogno di aiuto. Anche in Iki tenere gli occhi aperti è il miglior modo di intercettare quest secondarie.

Tutto è divertente, funzionale e spettacolare. Avrei voluto qualche altro santuario, ovvero quelle aree in cui il gioco mostra il suo volto simil platform, proponendo labirinti da scalare che non sono affatto male, ma comunque per portare a termine tutti gli incarichi dell’isola ci vogliono almeno 15–20 ore. E mettici una pezza.

Quindi se avete amato Ghost of Tsushima sono qui a dirvi: fate l’upgrade, specialmente se avete una Playstation 5 perché tutto è ancora più bello, veloce e divertente. Se non lo avete ecco la chicca con cui volevo chiudere il pezzo: da qualche giorno Sony ha applicato una serie di sconti ai suoi titoli first party e tra questi figura anche il mio benestimato samurai. Fino a metà settembre lo trovate ovunque a 39€ (su Amazon costa addirittura 37€). Lo comprate, upgradate alla versione PS5 senza Iki Island (costa 10€) e con 49€ avrete 50 ore da macinare su e giù per l’isolotto giapponese. Poi, se finita la storia non ne avete abbastanza, potete pure aggiungerci i 19€ e farvi un viaggetto nella bella isola di Iki. Buon viaggio!

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Fabio Di Felice
Panino al salame

Qualche giorno fa ho pensato “dovrei proprio cambiare la bio del profilo” e poi eccoci qua: non avevo idea di cosa scriverci.