Il Crowdfunding italiano dà i numeri… e sono sempre più alti: Starteed ha (ri-)fatto i conti in tasca alle piattaforme

Elisabetta Casarin
Produzioni dal Basso
5 min readJan 27, 2017

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di Elisabetta Casarin

Quando si parla del Crowdfunding come sistema è inevitabile interrogarsi sulla capacità effettiva dello strumento di muovere persone (crowd) e denaro (funding).
Una risposta a questo quesito può venire solo analizzando analiticamente quanto pubblicato dalle piattaforme operative nel nostro Paese (e non solo, direi), registrando i dati relativi al numero di progetti condotti con successo, le cifre raccolte, e i raisers coinvolti.
È quello che ha fatto Starteed, una crowd-company che sviluppa soluzioni nel mercato del crowdfunding e della co-creazione.

La sua prima raccolta dati fu resa disponibile nel maggio 2016, l’ultima è quella relativa ai primi giorni di gennaio 2017.

A mio parere un pregio di questi lavori è di presentare i dati “grezzi” e non direttamente le aggregazioni, perché questo consente di effettuare autonomamente elaborazioni successive.

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Per quanto mi riguarda, come del resto il team di Produzioni dal Basso, ho trovato interessante confrontare i dati raccolti nel 2016 e quelli del 2017. Parte delle riflessioni scaturite sono state condivise nella trasmissione che conduco su Radio Stonata, “Non solo crowdfunding” nella puntata del 26 gennaio. PODCAST

Concentrandosi in questa sede sui risultati delle piattaforme “Reward e Donation”, di cui fa parte Produzioni dal Basso, notiamo innanzitutto che tra le due rilevazioni vi sono piattaforme “sparite” (Upspringer, Bookabook, Limoney, Crowdfunding Italia..) forse perché non hanno reso disponibili i dati, oppure non sono più online.
Vi sono poi piattaforme “immobili”, che quindi hanno smesso probabilmente di operare (Gigfarm, Shinynote)
Infine.. ci sono ben 10 piattaforme “nuove” ( Bandbackers, Crowdarts, Eticarim, Giffoni, Laboriusa, Letsdonation, Replace, Sport senza frontiere, Woopfood)che hanno portato il numero della piattaforme censite nel 2017 a 35; un numero elevato, ma che sappiamo inferiore a quello effettivo (abbiamo avuto ospiti in radio anche altri Portali, non presenti nella ricerca), sia perché risultano escluse le piattaforme che non hanno riportato campagne concluse con successo, sia perché nel frattempo ci sono piattaforme che nascono e poi spariscono o che non partecipano alle rilevazioni. E questo è tanto più semplice per le Piattaforme di tipo Reward e Donation, la cui legittimità ad operare richiede minori adempimenti burocratici rispetto ad esempio alle piattaforme per l’Equity o il Lending.

Qualche osservazione:

  • In primo luogo direi che anche se giustificata dalla grande presenza di piattaforme “miste”, la scelta di mettere insieme Reward e Donation in alcuni casi è discutibile, nella misura in cui se fiscalmente in Italia si parla sempre di donazioni, la scelta di donare ad una onlus oppure di aggiudicarsi come ricompensa un oggetto in prevendita possono derivare da processi diversi nel donatore, nella gestione della campagna, nelle caratteristiche del portale.
  • In secondo luogo, come ci hanno confermato spesso i creator ospiti in trasmissione c’è - soprattutto in Italia - la necessità di fare attività offline che si traduce poi in donazioni online “collettive”: questo inevitabilmente falsa i dati relativi all’ammontare delle donazioni singole e al numero effettivo dei donatori.
  • In terzo luogo bisogna considerare il ruolo attivo svolto dalle piattaforme nel “dirigere” le campagne: le regole messe da Musicraiser sui donatori per accedere a determinati “premi” o da Eppela per accedere al cofinanziamento dirigono poi la creazione delle community presenti sui Portali.
  • In quarto luogo il ruolo sempre più importante dei cofinanziamenti, delle sponsorizzazioni, dei mecenati, andrebbe a poco a poco esplicitato: nell’ammontare complessivo del raccolto, quanto è crowd e quanto è mecenatismo, filantropia, sponsorizzazione aziendale, o simile? Anche questo contribuirebbe a chiarire i tratti del crowdfunding italiano e scoprire che abbiamo ancora i mecenati non sarebbe certo un elemento negativo, a mio parere.
  • Infine bisogna sempre definire cosa si intende per crowdfunding italiano, in quanto da un lato ci sono sempre più creators con sede in Italia che postano su piattaforme estere attive in Italia, come Ulule, Verkami, Kisskissbankbank, ma anche Indiegogo e Kickstarter; dall’altro ci sono piattaforme italiane che raccolgono da creator esteri, come Musicraiser, e ci auguriamo sia un fenomeno che diventi sempre più rilevante nel tempo.

Come rilevato dallo studio del 2017, il trend complessivo è assolutamente positivo, il “settore” Reward- Donation passa dai 17.067.907 del 2016 ai 23.067.907 del 2017.

Ma di queste piattaforme, quali hanno avuto un progresso “spettacolare”?
Quelle che hanno più che raddoppiato il loro giro di affari in sette mesi sono Eppela, Fidalo, Funditaly, Meridonare, Progetto Civibanca (in ordine alfabetico).

In particolare il portale partenopeo Meridonare ha moltiplicato per sette volte il volume di transizioni complessivo e di sei volte il numero di progetti.. come avrà fatto? Nella puntata della trasmissione del 26 gennaio abbiamo provato a chiederlo a loro QUI, ma… :)

In ogni caso concordiamo con chi rileva come l’ ”anomalia” tutta italiana del numero di piattaforme dovrà inevitabilmente correggersi, e questo avverrà nel momento in cui il business model di alcune di queste non reggerà le caratteristiche del mercato.

Non saprei dire in questo momento se questo rischio interessi maggiormente le piattaforme generaliste, quelle locali o alcune verticali; direi che per come si è mosso il mercato in questi anni sarei fiduciosa sulla soliditaà delle piattaforme “storiche” (come Pdb, ma anche Eppela, Rete del Dono) che hanno saputo rinnovarsi e di quelle che nascono come “emanazione” di altri Enti (penso a Universitiamo dell’Universita’ di Pavia, o a TIM Withyouwedo, per fare qualche ipotesi), ma anche di qualche piattaforma “verticale” che sta cercando di interpretare le esigenze di community ben definite (penso a Woopfood per il settore agroalimentare o a Crowdarts per le arti performative, ad esempio) seguendo l’intuizione di Musicraiser nel settore della produzione musicale.

Credo che molto ci sia ancora da fare nella raccolta dati:
innanzi tutto dobbiamo conoscere meglio i donatori, tracciandone i movimenti (come fa ad esempio Kickstarter) per trovare il modo di “fidelizzarli” alla piattaforma o comunque al crowdfunding come strumento;
in secondo luogo possiamo imparare molto dalle campagne di tipo DIY Crowdfunding: senza un portale con una grossa community (sulla carta) interessata al progetto, come hanno fatto queste campagne ad avere successo?

Una maggiore disponibilità di informazioni su questi aspetti permetterebbe forse ai creators di condurre campagne più efficaci, ai portali di avere un maggiore traffico, agli utenti maggiore familiarità con il mezzo.
E raccogliere, commentare, condividere queste informazioni e’ compito di tutti: portali, addetti ai lavori, mezzi di comunicazione… siamo o non siamo nell’era della Sharing Economy? ;)

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