Il cinema che cura

Massimiliano Boschi
Scripta Manent
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5 min readJul 31, 2024

Le proiezioni, i forum e gli atelier. Rosa Ferro ci racconta il progetto europeo “Film in hospital”.

foto dal sito “Cinema in ospedale”

La cultura è salutare, nulla a che vedere con il ciao con la manina, ma molto con il benessere di tutti, pazienti ospedalieri compresi. Lo evidenziano diversi progetti che dimostrano come la cultura svolga un ruolo fondamentale “nella prevenzione delle malattie, nella gestione e trattamento delle patologie, nonché nell’inclusione, in un quadro di contrasto alle disuguaglianze”.
Tra questi, il progetto “Cinema in Ospedale — Film in Hospital”, nato nel 2021, che vede attualmente operare otto partners: Il Nuovo Fantarca (Italia), JEF (Belgio), Sedmi Kontinent (Croazia), Buff Film Festival (Svezia), Javni Zavod Kinodvor (Slovenia), Pack Magic (Spagna), Schlingel Festival (Germania) e Neaniko Plano (Grecia).
Come si legge nella scheda di presentazione: “obiettivo principale del progetto è promuovere il cinema europeo di qualità presso i bambini, le bambine e gli adolescenti degenti o in cura domiciliare, assistiti dagli ospedali pediatrici europei contribuendo ad un arricchimento del tempo ospedaliero con proposte ludico-culturali e ad un maggior benessere psicologico”.
A raccontarci origine, obiettivi e prospettive del progetto è Rosa Ferro della cooperativa “Il Nuovo Fantarca” di Bari, responsabile di “Film in hospital” per l’Italia

Partiamo dall’inizio?

Sì, il progetto è nato quindici anni fa grazie all’associazione belga “Jef” che organizza un festival di cinema per ragazzi, che ha pensato di mostrare i film del festival anche a bambini e ragazzi ricoverati all’ospedale di Anversa. A questo scopo, hanno creato una prima piattaforma utilizzabile unicamente nei giorni del festival, successivamente il progetto si è evoluto anche tecnicamente grazie alla realtà virtuale e a nuove app.
Con il passare degli anni, la presidente di “Jef” ha coinvolto gli altri partner europei, ma ancora nel 2020 era un bando piccolissimo (9000 euro) dedicato allo sviluppo e alla promozione del cinema attraverso il digitale. Successivamente i fondi sono aumentati così come i partner del progetto.

Quali sono le principali attività del progetto?

Cinema in Ospedale si articola in diverse attività: la piattaforma www.cinemainospedale.it contiene attualmente 152 film fra corti e lungometraggi, divisi per fasce d’età, tipologia (animazione, finzione, documentari), temi (amicizia, ambiente, emozioni/sentimenti, ecc.) e lingua (italiano, francese, senza dialoghi…). Le opere sono state scelte seguendo un approccio interculturale e multilingue. Attraverso l’iscrizione alla piattaforma il pubblico può accedere alla pagina dei film e scegliere quali visionare. Video presentazioni e schede filmiche arricchiscono la visione offrendo la possibilità di approfondire, in maniera ludica e interattiva, temi e linguaggi audiovisivi; Le proiezioni cinematografiche sono collettive e/o individuali all’interno degli ospedali, inoltre realizziamo degli ateliers per realizzare racconti in animazione e fumetti.

Immagine da cinemainospedale.it

Quanti sono gli ospedali coinvolti?

Attualmente sono oltre cento in sei degli otto paesi che già facevano parte del progetto. Ora aumenteranno con il passaggio a otto. In Italia sono trenta su tutto il territorio nazionale, ma va sottolineato che in alcune strutture non è presente la rete internet wifi e quindi sono state privilegiate altre modalità di interazione con i ragazzi.

Ci sono altre differenze tra il progetto italiano e quello europeo?

Sì, come detto, il progetto nasce come piattaforma digitale che ora contiene oltre cento film di cui abbiamo pagato i diritti. Noi abbiamo permesso la fruizione anche a chi è sottoposto a cure domiciliari e quindi non è ristretta al solo ambito ospedaliero. Inoltre, offriamo la possibilità di vedere i film anche offline, per esempio, ogni lunedì organizziamo un cineforum presso il presidio ospedaliero di Bari, il più grande della Puglia a cui partecipano fino a sessanta bambini. Più in generale, non ci limitiamo a proiettare film, per esempio, in neuropsichiatria abbiamo prodotto un breve cartone animato in cui bambini e adolescenti possono esprimere le proprie paure e le proprie ansie. Un’ulteriore grande differenza è che, per esempio, in Belgio e Svezia sono il personale e la direzione sanitaria a portare avanti il progetto in ospedale, mentre in Italia questo non è stato possibile ed è quindi il personale esterno a gestire e realizzare il progetto.

Quello che era un problema è stato trasformato in un’opportunità?

Esatto, il personale sanitario italiano non è sufficiente a gestire anche questo tipo di attività, per cui dovendo entrare il nostro personale, abbiamo colto l’occasione per allargare i confini del progetto.

Immagine da cinemainospedale.it

La questione dei diritti cinematografici non deve essere secondaria…

No, ovviamente compriamo diritti a costi più bassi del normale garantendo che il film non sarà visibile a tutti, ma solo a chi si trova in condizioni particolari.

Quali aspetti del progetto ritenete più importanti?

Innanzitutto, non è questione di riempire un vuoto o un tempo, ma occorre rispondere al diritto di ogni bambino di ricevere un’offerta culturale di qualità in qualsiasi fase della vita. A causa di alcune malattie, i bambini sono costretti a perdere molti giorni di scuola, ma, per fortuna in Italia, esiste la scuola in ospedale che è la nostra più grande alleata. Lo è stata soprattutto durante la pandemia perché gli insegnanti avevano il permesso di entrare a scuola. I docenti ci hanno dato una mano enorme per la realizzazione del progetto.

Non deve essere semplice inserirsi in una struttura complessa come quella ospedaliera…

Vero, ma devo sottolineare che negli ultimi anni abbiano notato un cambiamento importante negli ospedali rispetto al concetto di salute. Ora si collegano alla salute anche aspetti sociali, relazionali e psicologici. Un mutamento che ci aiuta molto nella realizzazione del progetto.

Come valutate i risultati?

Rispetto ai risultati ottenuti, abbiamo affidato una valutazione all’Università Cattolica di Milano. Lo studio ha dimostrato che la piattaforma per vedere i film è molto gradita, ma che i bambini preferiscono la dimensione del gruppo alla visione individuale. Questo, per esempio, ci ha spinto a incentivare i cineforum che hanno un grande successo.

Massimiliano Boschi

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Massimiliano Boschi
Scripta Manent

Collaboro con “Alto Adige Innovazione” e “FF- Das Südtiroler Wochenmagazin”. In passato con “Diario della settimana”, “Micromega” e “Il Venerdì di Repubblica”.