Malpensa 2000: una sfida difficile

Quando il Terminal 1 ancora era da fare, e per poco “non si faceva”.

SEA Milan Airports
SEA — Where Travel Begins
6 min readOct 22, 2018

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FForse non tutti se lo ricordano, ma prima dell’inizio dei lavori per la costruzione del Terminal 1 ci fu una fase in cui sembrava che il nuovo aeroporto di Milano Malpensa non si sarebbe potuto fare (o almeno, non nei modi e nei tempi per cui era stato pensato). Fu un momento di stallo e di scontro a tutti i livelli, che vide contrapposti interessi politici a lobby economiche, interessando tutto il Paese e trovando eco anche in Europa. Anche se sappiamo già come finisce la storia, è interessante ricordare come andarono effettivamente le cose.

Il piano Malpensa 2000 e i “poteri forti”

Quando fu pianificata l’apertura al traffico aereo internazionale del grande aeroporto intercontinentale Malpensa 2000, essa costituiva l’asse portante dell’alleanza Alitalia — Klm insieme agli aeroporti di Roma Fiumicino e di Amsterdam Schiphol. L’intento era quello di creare una rete internazionale in grado di uscire dai confini europei, estendendosi fino agli Stati Uniti, dove avrebbe fatto perno sui network di due grandi compagnie, Northwest e Continental, portando la compagnia italiana ad essere una delle più competitive a livello europeo.

Si sarebbe trattato di un nuovo scenario all’interno del contesto dell’aviazione mondiale e questo, ovviamente, non passò inosservato a molti. E per questo sicuramente non si attirò la simpatia di tutti quei player del settore che avrebbero perso terreno a fronte della realizzazione dell’aeroporto. E nel corso dei mesi ci furono diverse reazioni e tentativi di interferenze.

Ma partiamo dall’inizio.

Un progetto ambizioso

Concepito nel 1985, il progetto Malpensa 2000 avrebbe comportato investimenti per 2.000 miliardi di lire per la realizzazione di tutte le strutture aeroportuali e delle varie infrastrutture necessarie per il trasporto di passeggeri e merci da e per l’aeroporto.

I lavori, cominciati nel 1990, sarebbero stati completati entro il 1998. L’obiettivo dichiarato del nuovo scalo si attestava sui 400 voli al giorno, che l’Alitalia avrebbe alimentato con il trasferimento da Fiumicino a Malpensa di oltre venti collegamenti intercontinentali.

Malpensa contro (quasi) tutti

L’allora ministro dei Trasporti Burlando aveva fissato la data di apertura del nuovo aeroporto al 25 ottobre 1998 con un decreto dell’anno prima. Da qui ebbe inizio una disputa su tre differenti livelli: tra il governo italiano e la Commissione Europea, tra l’Alitalia e le compagnie estere e infine tra i sindaci di Roma e di Milano. Ognuno di questi attori vedeva il proprio business in pericolo o, viceversa, in procinto di intraprendere un nuovo corso che si sarebbe rivelato vincente. Per questo motivo, l’escalation fu inevitabile.

A fine giugno 1998, a pochi mesi dall’inaugurazione ufficiale del nuovo terminal, ben nove compagnie estere (tra cui British Airways e Lufthansa) presentarono un ricorso alla Commissione europea, sostenendo che il decreto Burlando le avrebbe penalizzate per via del trasferimento coatto di tutti i loro voli a Malpensa, favorendo Alitalia che avrebbe invece potuto continuare a operare la rotta Milano-Roma direttamente dall’aeroporto di Linate, molto più vicino al centro di Milano (e quindi meno costoso da raggiungere per i viaggiatori).

Sulla base di quel ricorso la Commissione europea avviò un’indagine, mentre l’eurocommissario Neil Kinnock comunicò a Burlando che il suo decreto era illegittimo, di fatto affossando l’idea dell’inaugurazione di Malpensa per il 25 ottobre dello stesso anno. Il motivo? I collegamenti viari e ferroviari con Milano non sarebbero ancora stati completati e questo, nei fatti, avrebbe penalizzato la concorrenza di Alitalia.

Da grandi cifre derivano grandi interessi

Il governo italiano difese strenuamente il decreto Burlando, dal momento che senza Malpensa l’Italia avrebbe perso un mercato da 4.000 miliardi a favore di altri aeroporti europei come Zurigo e Francoforte, utilizzati dagli italiani e dalle loro merci per raggiungere destinazioni intercontinentali. Oltretutto, Alitalia aveva stretto un’alleanza commerciale con l’olandese Klm che si era impegnata a utilizzare Malpensa come scalo principale per tutti i voli intercontinentali operati in code sharing ( ovvero un accordo tra due compagnie aeree che operano sulla stessa tratta ognuna con il proprio aereo, e decidono di mantenere uno solo dei due voli vendendo ciascuna i posti disponibili a bordo anche per conto dell’altro) con la compagnia di bandiera italiana.

A questi già altissimi interessi si aggiungevano anche quelli di SEA che, con il progetto in fase conclusiva, poteva prevedere un rapido aumento degli incassi con il potenziamento di Malpensa. Lo stesso valeva per il Comune di Milano, come pure per la Regione Lombardia, mentre il sindaco di Roma cercò di impedire il trasferimento dei voli Alitalia da Fiumicino a Malpensa per gli stessi motivi che spingevano gli amministratori lombardi a insistere sull’apertura del nuovo Terminal. Insomma, tante teste ognuna con un pensiero diverso.

Una soluzione possibile, anche se difficile

L’impasse non poteva durare a lungo. Iniziarono quindi intense trattative tra Roma e Bruxelles senza che nessuna delle due parti tornasse sulle proprie posizioni, finché non arrivò una proposta da un commissario europeo all’epoca poco noto sulla scena italiana: Mario Monti.

Fu lui ad aprire uno spiraglio per trovare un accordo tra le parti. Il trasferimento dei voli da Linate a Malpensa sarebbe avvenuto in maniera graduale, di pari passo con il completamento dei collegamenti viari e ferroviari. Nel frattempo il governo italiano aveva manifestato la disponibilità a riconsiderare i limiti imposti alle compagnie estere, aprendo alla possibilità di continuare ad operare a Linate, proponendo un tetto più alto per il numero di passeggeri e autorizzando alcuni voli internazionali, purché fossero a breve raggio.

Tutto questo, però, non fu sufficiente. Così, il 16 settembre la Commissione Europea bocciò ufficialmente il decreto Burlando, mettendo seriamente in difficoltà chi aveva creduto nel progetto Malpensa 2000 . L’Italia non poteva permettersi di non rispondere e decise di ricorrere alla Corte di giustizia europea, continuando parallelamente le trattative con Bruxelles. Dopo tanto parlamentare, il Ministro Burlando si decise a riscrivere il decreto d’accordo con il Governo, varando il Burlando-bis che avrebbe trovato una soluzione alternativa a quanto era stato contestato. Con queste nuove condizioni, il 14 ottobre la Commissione europea approvò finalmente il decreto-bis, in piena “zona cesarini” prima dell’inaugurazione del nuovo aeroporto.

Il lieto fine? Non ancora. Le compagnie estere, non pienamente soddisfatte del nuovo accordo, ricorsero al Tar lombardo. Il 20 ottobre l’Antitrust italiano accolse il ricorso di Air One e chiese nuove modifiche al decreto, così da permettere alla compagnia (considerata di piccole dimensioni) di operare da Linate più voli di quelli previsti dal nuovo decreto. Il giorno dopo, il Tar della Lombardia respinse il ricorso delle compagnie estere, sciogliendo così l’ultimo nodo prima dell’apertura di Malpensa. Finalmente era ufficiale: Milano aveva un nuovo, grande aeroporto intercontinentale.

Il resto, lo sapete, è storia. Viva Malpensa!

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