A sinistra, lo Sputnik 1 con le sue quattro antenne radio. A destra, vista esplosa dello Sputnik 1. Il vano strumenti conteneva sensori per la temperatura e la pressione, due batterie e due radiotrasmettitori

Lo Sputnik 1 e l’inizio dell’era spaziale

4 ottobre 1957: una data che segnò l’inizio di una nuova epoca

A ottobre 2017 saranno passati 60 anni dall’inizio della cosiddetta era spaziale, che cominciò ufficialmente con il lancio del satellite sovietico Sputnik. Ecco di seguito, a complemento della piccola galleria di immagini allegata al post, qualche curiosità forse poco nota su quel fatidico evento.

1. Innanzitutto il nome. Quando i sovietici compresero che non sarebbero riusciti a mandare per primi in orbita un satellite complesso come quello che sarebbe diventato poi lo Sputnik 3, ripiegarono su un progetto più semplice, che fu indicato con la sigla PS 1 (no, nessuna anticipazione della playstation della Sony). PS stava per Prosteishy Sputnik, cioè “satellite semplice”. Sputnik significa infatti “satellite” (o “compagno viaggiatore”), mentre prosteishy è un diminutivo di prostoi, che vuol dire appunto “semplice”, “elementare”.

2. E lo Sputnik era davvero semplice: l’involucro esterno era fatto da due semisfere di acciaio, che, saldate insieme, formavano una “palla” del diametro di 58 centimetri, dalla quale uscivano quattro antenne radio lunghe da 201 a 238 centimetri. Il vano strumenti conteneva essenzialmente la batteria per alimentare la potente radio e sensori per la pressione e la temperatura. A pieno carico, il satellite pesava poco più di 83 kg.

Illustrazione non in scala dello Sputnik 1 e del razzo lanciatore R7

3. Lo scopo principale dello Sputnik 1 era battere gli americani nella corsa allo spazio, perciò la maggiore attenzione fu posta al sistema di comunicazione. Il satellite emetteva due segnali che potevano essere “ascoltati” anche da lunghissime distanze e con strumenti da radioamatore: un tono continuo a 40 MHz e un “bip” ripetuto a 20 MHz. L’effetto acustico dei segnali emessi è conservato in una registrazione audio della NASA.

4. Lo Sputnik 1 fu lanciato dal cosmodromo di Baikonur il 4 ottobre 1957 alle 22:28 e 34 secondi, ora di Mosca. 314,5 secondi dopo il decollo, il satellite si separò dal razzo vettore e inviò a Terra i primi “bip”, che scatenarono l’entusiasmo nella sala controllo. Dopo due minuti, però, il piccolo satellite sparì oltre l’orizzonte e i russi dovettero attendere circa un’ora e mezzo per riascoltare la “voce” dello Sputnik. Quando poterono finalmente analizzare i dati della telemetria, si resero conto che erano stati a un passo dal fallimento: uno dei motori del razzo si era bloccato temporaneamente, a causa di un problema nell’afflusso del cherosene. Se il blocco fosse durato un solo secondo di più, sarebbe partita la procedura automatica di interruzione del lancio.

Francobolli commemorativi sovietici per l’impresa dello Sputnik

5. Il razzo vettore che portò lo Sputnik 1 in orbita era un missile balistico intercontinentale, il primo nel suo genere, modificato per l’occasione. Lo R-7 Semyorka — questo il suo nome — era stato sviluppato durante la Guerra Fredda e, prima di essere trasformato in un vettore per lo Sputnik, era adibito al trasporto di una testata termonucleare della potenza nominale di 3 megatoni. Il razzo era lungo 34 metri, aveva un diametro di 3,02 metri e pesava 280 tonnellate. Alimentato a idrogeno liquido e cherosene, aveva due stadi ed era in grado di trasportare il suo carico fino a 8.800 km di distanza, con un errore di puntamento di circa 5 km.

Monumento commemorativo in bronzo per l’impresa dello Sputnik. È alto 7 metri, fu inaugurato nel 1958 e si trova davanti all’ingresso Riga della metro di Mosca

6. Lo Sputnik 1 fu immesso in un’orbita ellittica stabile, con il perigeo a 288 km di altitudine e l’apogeo a 947 km. Impiegava 96 minuti per compiere un’orbita completa, viaggiando alla velocità di circa 28.000 km/h. Il primo radiotelescopio a captare il suo segnale fu il Lovell di Jodrell Bank, in Gran Bretagna. Quel “bip” ripetuto, sul quale ogni radioamatore sufficientemente esperto poteva sintonizzarsi, decretò l’effettivo inizio dell’era spaziale. Lo Sputnik continuò a trasmettere i suoi “bip” per 21 giorni prima che le batterie si esaurissero. Poi, a poco a poco, l’attrito fece perdere quota al satellite, che precipitò nell’atmosfera, disintegrandosi quasi completamente, il 4 gennaio 1958. Era rimasto in orbita per 92 giorni, compiendo 1440 orbite, per un totale di circa 60 milioni di km.

7. I risultati scientifici dell’impresa, benché oscurati dal suo enorme impatto politico, non furono del tutto insignificanti. Lo Sputnik 1 fornì informazioni sulla temperatura, la composizione e la densità dell’atmosfera nella regione della ionosfera estesa tra 200 e 320 km. Tutto si basava sulla variazione della frequenza del segnale radio emesso dalle sue antenne. Le variazioni di frequenza permettevano, per esempio, di quantificare l’aumento e la diminuzione della temperatura all’interno del contenitore pressurizzato degli strumenti di bordo. L’analisi dei segnali radio consentì inoltre di scoprire che l’atmosfera, nella regione attraversata dallo Sputnik, era più densa (10⁸ atomi/cm³) e di composizione differente (ossigeno atomico invece che idrogeno) rispetto a ciò che gli scienziati si aspettavano di trovare.

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.