Spaccato della struttura del tokamak in fase di realizzazione a cura del progetto internazionale ITER. Le dimensioni del uomo visibile in basso danno un’idea della grandezza di questo macchinario. Credit: Consorzio ITER

Piccoli Soli da laboratorio (2/3)

Il tokamak

Spazio Tempo Luce Energia
6 min readOct 28, 2015

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Il tokamak, il cui nome è un acronimo russo che significa più o meno “camera toroidale magnetica”, fu inventato negli anni ’50 del secolo scorso dagli scienziati sovietici Igor Tamm e Andrei Sakharov. Nella sua essenza, si tratta di una camera sotto vuoto a forma di toro (cioè di ciambella), che viene riempita con una miscela di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno.

La struttura essenziale di un tokamak. Credit: Max-Planck-Institut für Plasmaphysik (IPP)

Un grande magnete posizionato nel buco centrale del toro insieme a una serie di altri magneti avvolti intorno alla ciambella sono usati per confinare la miscela di gas, mentre una corrente elettrica la attraversa in modo da riscaldarla fino a farla diventare un plasma, cioè un insieme di particelle cariche: nuclei atomici ed elettroni separati gli uni dagli altri.

Grazie all’accorto dosaggio di campi magnetici e impulsi elettrici, le particelle cariche, soggette alla forza di Lorentz, sono guidate a muoversi seguendo una traiettoria elicoidale all’interno della camera, in modo tale da non toccarne le pareti. Il buon funzionamento del confinamento magnetico è fondamentale perché la densità e la temperatura del plasma raggiungano la soglia necessaria a innescare la fusione nucleare. Quando il confinamento per qualche motivo fallisce e le particelle cariche collidono con le pareti della camera, il plasma perde calore e densità e la fusione non è più possibile.

I due sistemi addizionali di riscaldamento: l’iniezione di particelle neutre ad alta velocità e la risonanza indotta da onde radio ad alta frequenza. Credit: Consorzio ITER

Il riscaldamento indotto dalla corrente elettrica, chiamato riscaldamento ohmico, non è comunque sufficiente, da solo, a raggiungere la temperatura necessaria ad avviare la fusione dei nuclei di idrogeno. La corrente, infatti, può riscaldare il plasma solo finché le particelle che lo compongono offrono resistenza. Ma, a mano a mano che la temperatura aumenta, diminuisce anche la resistenza, finché diventa inutile aumentare il flusso di corrente, perché comunque la temperatura non crescerebbe oltre.

Servono, perciò, dei sistemi aggiuntivi per portare il plasma alla temperatura richiesta. Uno di questi consiste nello sparare all’interno del toro un getto di particelle elettricamente neutre, ma dotate di altissima velocità, le quali, collidendo, trasferiscono parte della loro energia cinetica al plasma, così da alzarne ulteriormente la temperatura. Un terzo e ultimo sistema, necessario per raggiungere l’incredibile temperatura di 150 milioni di gradi centigradi, consiste nell’esporre il plasma alla risonanza di onde radio ad alta frequenza: un meccanismo analogo a quello usato nei forni a microonde per riscaldare i cibi.

Lo scopo finale di questo complesso marchingegno è ottenere che i nuclei di deuterio e trizio si fondano, producendo un nucleo di elio, energia e un neutrone. Non è lo stesso tipo di reazione che avviene nel Sole, ma è la migliore che si possa utilizzare sulla Terra, in virtù delle tecnologie oggi disponibili.

Credit: IPP

In una situazione ideale, le reazioni di fusione dovrebbero autoalimentarsi, fino ad arrivare al punto di generare più energia, anzi molta più energia, di quella introdotta nel sistema per innescare la fusione. È questo il risultato a cui mira il progetto ITER (da una parola latina che vuol dire ‘cammino’, ‘via’), un consorzio formato dalle nazioni più industrializzate del mondo, che sta costruendo a Cadarache, nel Sud della Francia, il tokamak più grande di sempre. La speranza dei costruttori dell’ITER è che il macchinario non solo raggiunga il cosiddetto breakeven point, cioè il punto di pareggio tra energia immessa ed energia prodotta, ma riesca a produrre dieci volte più energia di quella spesa per avviare la fusione: 500 megawatt per ogni 50 megawatt assorbiti.

Bisogna dire, però, che finora nessun tokamak ha mai raggiunto il punto di pareggio. Il record è attualmente detenuto dal JET (Joint European Torus) che, nel 1997, riuscì a raggiungere un rapporto del 65% tra energia generata ed energia immessa nel sistema: furono misurati 16 megawatt prodotti per meno di un secondo e 5 megawatt per cinque secondi, a fronte di una potenza in ingresso di 24 megawatt.

Il grosso problema dei tokamak è proprio quello di riuscire a mantenere le reazioni di fusione abbastanza a lungo. Se la struttura essenziale della macchina è relativamente semplice (una ciambella ricoperta di magneti), molto difficile è invece gestire la coordinazione degli impulsi elettromagnetici in modo da tenere il plasma confinato e caldo fino a che le reazioni di fusione non diventino produttive. Per ora il record mondiale di durata appartiene al Tore Supra, un tokamak costruito a Cadarache, la stessa sede dell’ITER, che nel 2003 riuscì a sostenere un plasma per 6 minuti e 30 secondi.

La struttura generale di un futuro impianto elettrico alimentato da un reattore a fusione nucleare di tipo tokamak. Il divertore, indicato in figura, è un elemento essenziale: serve per raccogliere ed eliminare le particelle esauste del plasma. Il blanket, che forma le pareti della camera di fusione, è un altro elemento essenziale. Contiene infatti litio, indispensabile per produrre il trizio, uno dei due isotopi dell’idrogeno che serve per sostenere le reazioni di fusione nucleare (Il trizio si forma in seguito al bombardamento del litio, da parte dei neutroni prodotti nel corso delle reazioni di fusione). Credit: IPP, Karin Hirl

Se e quando saranno risolti i numerosi problemi di esercizio che ancora affliggono i tokamak, la prospettiva è, comunque, quella di ottenere grandi quantità di energia a basso prezzo. Se un impianto elettrico a carbone della potenza di 1.000 megawatt ha bisogno di 2,7 milioni di tonnellate di carbone all’anno, un impianto a fusione della stessa potenza può essere alimentato con soli 250 kg di deuterio e altrettanti di trizio: un’efficienza energetica incomparabilmente superiore a quella dei combustibili fossili, senza peraltro l’aggravio dell’inquinamento ambientale. La fusione nucleare, infatti, non produce gas serra né scorie. L’unica probabile forma di inquinamento sarà data dai materiali che formano le pareti del toro di contenimento del plasma: il bombardamento di neutroni a cui saranno sottoposti in una situazione di esercizio continuato finirà per renderli radioattivi. Terminata la loro vita utile, dovranno perciò essere stoccati in luoghi sicuri, ma per un tempo tutto sommato molto breve rispetto a quello tipico delle scorie radioattive pericolose: 100 anni in tutto.

Per produrre con la fusione nucleare l’equivalente dell’energia contenuta in 360 litri di benzina bastano pochi milligrammi di deuterio (estraibile dall’acqua di mare) e di trizio. Credit: FOM-Rijnhuizen/Verdult — Kennis in Beeld

Nella reazione di fusione che avviene in un tokamak tra un nucleo di deuterio e uno di trizio, l’ottanta per cento circa dell’energia è portata via dal neutrone, che, non essendo elettricamente carico, sfugge al campo magnetico che tiene confinato il plasma e va a sbattere contro le pareti della camera di contenimento. È proprio dallo sfruttamento dell’energia cinetica di quei neutroni che deriverà la produttività economica dei futuri impianti basati su questa tecnologia.

I neutroni che collidono ad alta velocità con le pareti del tokamak producono, infatti, molto calore. Il progetto ITER prevede semplicemente delle torri di raffreddamento, pensate per evitare il surriscaldamento delle pareti della camera che contiene il plasma. Ma se l’ITER funzionerà a dovere, il prototipo che ne sarà il successore, chiamato DEMO, sfrutterà invece il calore generato dagli impatti dei neutroni per produrre vapore. Il vapore sarà poi trasformato in energia elettrica per mezzo di turbine e alternatori, il che rappresenterà l’inizio — così almeno si spera — dello sfruttamento commerciale della fusione nucleare. La data attualmente prevista per questo decisivo passo finale è intorno al 2040.

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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.