3. Ghiakomon, luna di Gya

Federico Ruysch
Planetarium
Published in
2 min readDec 4, 2015

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È cosa ardua scorgere Ghiakomon sullo sfondo della notte. Questa luna, infatti, è grigia e buia, e la si può a malapena notare dal pianeta Gya, attorno al quale orbita.

Tante cose si dicono di questa arida sfera di polvere che si muove placida e silenziosa lungo il suo solco circolare ed invisibile.

Ad essa sono state dedicate opere dai poeti che, di volta in volta, la descrissero come foriera di ricordi melanconici e dolorosi, o come regno nel quale — in virtù di chissà quale prodigio — si sarebbero raccolte tutte le virtù ed i pregi degli abitanti di Gya.

Lassù starebbero il rimpianto dei mali passati (che, per quanto dolorosi, furono pene di gioventù, di quando il tempo non aveva ancora impresso così in profondità, nella carne, il morso degli anni); lassù sarebbero i sorrisi dei fidanzati ed il senno delle persone ammattite per amore.

Ma queste, si sa, sono menzogne, paure, speranze. Giacché gli abitanti di Gya hanno calcato la polvere di Ghiakomon, lasciando orme come cicatrici ed una bandiera come spada, nella pelle del satellite sabbioso. Perché Ghiakomon, per alcuni, fu anche questo: la luna del progresso, la dimostrazione dell’umano potere.

Per altri, invece, anche queste sono bugie. Difatti vi è chi pensa che nessun essere umano abbia mai camminato tra quei crateri. E le immagini, i suoni, le voci, le emozioni che le televisioni trasmisero, nel giorno dell’allunaggio, farebbero tutte parte d’un lunare complotto ordito a beneficio di non si sa chi…

Di certo, tutto questo rende ancor più polverosa Ghiakomon e la sua fama. Essa è Luna del dubbio e del possibile; prova di come la verità possa essere avvelenata dalle malelingue e, insieme, dimostrazione di come le bugie sappiano farsi ammalianti, con quella falsa verità che ci raccontano e alle quali — mansueti — ci abbandoniamo. Senza mai smettere di cercare, nel cielo, la tenebrosa sagoma di Ghiakomon, che mostra la faccia gelida della sua dialettica e cela l’emisfero misterioso della sua inarrestabile retorica.

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