Taccuino 2016
Selezione ragionata di articoli letti e messi da parte nel 2016
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5 min readDec 30, 2016
Uno legge migliaia di articoli ogni anno e in modo compulsivo li mette da parte in attesa del momento in cui gli torneranno utili. Non era mai successo finora.
Una versione più ampia e articolata del “Taccuino 2016” è stata spedita a tutti gli scritti a “Snikt!” (grazie del supporto!) una settimana fa.
Storie da non buttare
- Generation Heroin è un lavoro immane fatto dal Palm Beach Post. Raccoglie le facce e le storie delle 216 vittime di overdose registrate nel 2015 a Palm Beach, un comune della Florida di diecimila abitanti. Qui mi pare ci sia tutto il mestiere e il sentimento di cronisti inseriti fino al collo nella propria comunità. Se vince il Pulitzer, son contento.
- Gli invisibili del raccordo anulare parigino è un piccolo reportage sui senzatetto che abitano il raccordo anulare di Parigi. Sono emarginati invisibili che scelgono di allontanarsi dal centro cittadino per costruirsi un riparo migliore, isolarsi, stare un po’ in tranquillità, come dice Gustave, la cui faccia merita la visita.
- Rukeli, il pugile zingaro che sfidò il nazismo. E’ una storia che non conoscevo e che merita di essere conosciuta.
- Un giornalista tedesco con le palle. D’acciaio. Udo Uffkotte da Francoforte.
- Hugo Gernsback, l’uomo che ci ha fatto innamorare del futuro. Chi mastica un po’ di fantascienza non ignora certo il nome di Gernsback. Un personaggio molto “americano” come lo intendiamo di solito in Europa, ovvero un pazzo visionario che ha rincorso per tutta la vita le proprie idee e le proprie visioni.
- Una notte al supermercato per capire dove va il mondo del lavoro. Un bel reportage di Christian Raimo: lungo, calmo, senza paura di dare troppi numeri o di allungarsi troppo su un tema delicato e potenzialmente rivoluzionario per le nostre vite come i supermercati aperti h24.
- Fordlandia — the failure of Henry Ford’s utopian city in the Amazon. Una storia incredibile che finalmente sono riuscito a leggere dopo averla incrociata a margine di Fitzcarraldo di Herzorg all’università, un eone fa.
- Otto giorni in Corea del Nord. La Corea del Nord è una delle tante cose assurde del nostro tempo. All’inizio mica spaventa, ti scatena un moto di tenerezza. Poi ti arriva tutta insieme l’impressione che sia un mondo a parte, uno degli ultimi rimasti. Per fortuna o per sfortuna, decidetelo voi.
- What I Have Learned From Photographing 400 Towns in Iowa. Questa è una storia triste sottotitolata “An american story”. Tra i tanti articoli letti sulle motivazioni della vittoria di Trump, è quello che meglio mi ha fatto intendere gli umori più reconditi dell’America di hanno parlato tutti i giornali. E’ stato pubblicato venti giorni prima delle urne da un fotografo e freelance che ha passato anni a fotografare le città dello Iowa, che io non riesco nemmeno a raffigurarmi cosa significhino quattrocento città. Ma è per dire che lo ha scritto un tizio che era lì, per strada, a parlare con le persone, a raccontare e a raccontarsi, a mettersi in gioco per capirci qualcosa. E’ una fatica bestiale. E’ l’unica fatica che deve fare un giornalista che vuol fare davvero questo mestiere, secondo me.
- Gomorra prima di Gomorra. Le lettere inedite di Roberto Saviano al suo editor. Un documento importante, secondo me, sul caso letterario più importante degli ultimi decenni in Italia.
- Perché ogni padre dovrebbe portare i suoi bambini piccoli a fare una mini-avventura. È più o meno una cosa irrealizzabile se non si è Stephen Chow, ma rimane comunque una lettura piena di spunti per un padre con un figlio piccolo. Dopo averlo letto, preso dell’impeto, mi sono spinto fin sulla ciclabile sotto casa.
- Vincenzo Montella e le macchine inutili. Questo è un pezzo perfetto per dire due cose, vere o fasulle che siano, che c’è un patrimonio di storie ancora da raccontare dello sport di casa nostra e che quello stupido e straordinario sport chiamato calcio è meno monotono di quello che ci propinano nelle interviste della domenica.
- How Nostalgia Drives the Music Industry. Questa è una cosa di cui ci siamo accorti tutti, più o meno. Ma è diversa dall’appiattimento che per esempio sta vivendo il cinema. Nel caso della musica è una specie di consapevolezza e soprattutto di attitudine. Che poi è verità, è essere come sei, senza fingere. C’è chi ce l’ha e chi no. E chi ce l’ha di questi tempi rifulge di luce propria.
- Do not traducete the titoli of films! Appunto.
- Trovare il proprio spazio per pensare. Sulle interconnessioni tra mondo digitale e mondo fisico, Mafe De Baggis è probabilmente tra le voci più interessanti in Italia oggi. E io penso lo sia perché il suo è un ferreo approccio umanista. Gli “umanisti digitali”, chiamiamoli così, sono e saranno sempre più importanti per la comprensione del mondo che ci circonda.
- L’orrore, l’orrore. Ah, guarda, c’è gente che ci scrive ancora dei libri sopra questa cosa dell’horror filosofico…
- The gold mine at the end of the world. Siberia, una gigantesca miniera d’oro a 50 gradi sotto zero. E foto incredibili.
- I spent 10 years photographing Appalachia. L’Ohio, ragazzi. Loaio.
- Mapping the Year in Truck Spills. Atlas Obscura è un’idea geniale quanto banale, che non funzionerebbe se non fosse fatta con la serietà, la partecipazione e l’intelligenza con cui viene curata. E’ un altro approccio per raccontare il mondo e la sua gente. In questo caso attraverso la mappa delle perdite di materiali dai camion americani…
- Maunsell Army Sea Forts. Star Wars ne ha pescato a piene mani, o no?
- Lose Yourself in this Atlas of the World’s Lost Cities. È un atlante, e dentro c’è un luogo di cui non riesco a liberarmi. Si chiama Prora, sull’isola di Rugen nel Mar Baltico. Ci sono capitato quasi per caso qualche anno fa. Un edificio gigantesco lungo più di quattro chilometri, costruito proprio in riva al mare dai nazisti. Praticamente mai usato, né dai costruttori che ne volevano fare un resort per giovani nazisti, né dai russi nei decenni successivi finché è stato in piedi il Muro. C’è pure una battaglia in corso per preservarlo. E’ un luogo spettrale con le sue migliaia di finestre dai vetri rotti, le porte sbarrate e deturpate dai vandali, le insegne pubblicitare scolorite. E’ una barriera della mente, anche. Al mare si arriva passando attraverso delle vere e proprie spaccature nel cemento, cunicoli bui e opprimenti. E lo si fa con un certo timore, quasi aspettandosi di trovare chissà che cosa, una voragine, una notte improvvisa. E’ un attimo, e si scende sollevati al mare. Solo per rendersi conto che quei costumi interi, quella rete da pallavolo a riva, i colori e le fantasie di quei teli appartengono comunque a un tempo passato.
- India’s Forgotten Stepwells. Bisognerà andare in India prima o poi, come mi ripeto ogni tanto.
- Un’estate fa, un viaggio nelle colonie abbandonate in stile razionalista. Da qualche, tipo in un universo parallelo, dovrei essere uno storico dell’architettura. Perché non credo sia normale questa fascinazione per gli edifici costruiti dall’uomo (ormai si sarà capito).
- The New York City Street Tree Map. Una metropoli come New York che tiene traccia dei propri alberi. Quartiere dopo quartiere, strada dopo strada, giardino dopo giardino. Una mappa con 684 mila alberi di 212 specie diverse. Mi sembra una cosa bellissima.
- Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna. Ho scoperto questo articolo con un anno di ritardo. Accanto a un paraboloide ho passato le estati della mia adolescenza e mi son sempre chiesto cosa diavolo fosse. Era una domanda accessoria, all’epoca. La risposta a quella domanda adesso diventa una ricchezza.