Malati Immaginari — Poveri

Della relazione tra povertà e disagio mentale, ma anche tra legge Basaglia e repressione autoritaria.

flora ciccarelli
TockTock
7 min readMay 22, 2020

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Francesco Mastrogiovanni

Una ricerca scientifica lo dimostra: c’è una forte correlazione tra uno stato di indigenza economica e uno di cattiva salute mentale. Ma dai, serviva davvero farla, questa ricerca? Non bastava chiedermi quanto ho speso per il mio primo anno dall’analista? Ci andavo un paio di settimane a Cuba, tutto pagato.

Ironie a parte, la relazione tra povertà e disagio mentale è da tempo un’evidenza per la comunità scientifica: quello che risulta più difficile capire è in che modo si svolge questa relazione. Chi è causa di cosa, insomma.
Se come me volete approfondire l’argomento non dovete per forza abbonarvi a The Lancet: su Vice trovate una serie di articoli realizzati col supporto di Progetto Itaca, una delle associazioni di riferimento in Italia sul tema del disagio mentale. Leggendoli scoprirete che per anni gli studi sulla questione si sono basati sulla cosiddetta “ipotesi di selezione sociale”, ovvero la concezione che avere una malattia mentale conduca gli individui a diventare più poveri. Un’ipotesi che in parte sicuramente è vera, perché l’ambito lavorativo è spesso discriminatorio rispetto al disagio mentale. Ancora oggi, dopo un anno di psicanalisi a cadenza settimanale o bisettimanale, nessuno dei miei tre datori di lavoro (e solo tre del centinaio di colleghi che ho avuto) sa perché il giovedì esco un po’ prima dal lavoro. Quando mi è stato chiesto dai miei superiori, ho sempre risposto tenendomi sul vago: una visita medica. Non sto esattamente mentendo ma non è nemmeno la verità.

Ma tornando allo studio su Vice, la teoria secondo cui se soffri di disturbi mentali farai più fatica a integrarti in un ambiente lavorativo (e diventerai quindi un emarginato sociale) regge fino a un certo punto. Perché allo stato attuale delle cose sembra più vero il contrario, e cioè che sia la povertà a causare problemi psicologici e non viceversa:

Crescere in un ambiente svantaggiato scrive Irene Graziosi su Vice aumenta la probabilità di sviluppare diversi disturbi mentali complessi perché pone una serie di ostacoli e carenze concrete che minano la salute psicologica dei bambini prima e degli adulti poi.

Tale ipotesi, attualmente più convincente della prima, si chiama “ipotesi di causazione sociale” ed è supportata da uno studio del 2005 secondo il quale le persone con reddito più basso corrono un rischio otto volte più alto di sviluppare la schizofrenia. Un altro studio europeo del 2016 rivela inoltre che nel binomio povertà-salute mentale sarebbe necessario inserire anche il tasso di scolarizzazione, perché influirebbe direttamente sullo sviluppo delle malattie mentali. Infine, al XXII Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, alcuni relatori hanno dimostrato come l’impossibilità di mantenere uno status sociale adeguato per sé e per i propri familiari sia fonte di stress psicologico, vergogna e isolamento sociale, tutti fattori di forte vulnerabilità nello sviluppo di patologie mentali.

Ma l’idillio amoroso tra povertà e salute mentale non si esaurisce così. Esiste un altro percorso che le collega, un sentiero nascosto in bella vista, meno diretto perché meno esplicitamente causa-effetto. Al contrario, è proprio per questo che ne dobbiamo parlare, perché il rapporto causa effetto, in questa situazione ricorrente, sembrerebbe proprio non esserci.

Massimiliano Malzone

Quello di cui vorrei parlarvi, in effetti, è una pratica esclusivamente psichiatrica che tuttavia viene rivolta (potremmo osare e dire “inflitta”) alla popolazione dei senzatetto del nostro Paese. Clochard, barboni, vagabondi, senza fissa dimora. Ogni sindaco li chiama come preferisce, ma tutti loro riservano ai senzatetto un trattamento simile, piuttosto controverso e nonostante questo incredibilmente diffuso: il TSO.

Il TSO, trattamento sanitario obbligatorio, è un procedimento medico introdotto proprio dalla legge Basaglia che prevede la possibilità di un ricovero coatto della durata massima di 7 giorni per tutelare la salute mentale di un individuo. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio può essere autorizzato solo dal sindaco del comune di residenza o del comune in cui si trova al momento la persona bisognosa di un trattamento. Il sindaco può emanare un’ordinanza di TSO solo in presenza di tre requisiti:

1 — la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;

2 — gli interventi proposti vengono rifiutati;

3 — non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.

Tutte e tre le condizioni devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico, che può essere il medico di famiglia o un qualsiasi altro medico, e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica (generalmente uno psichiatra della ASL). Non è obbligatorio che i due medici siano specializzati in psichiatria.

Da diversi anni, ogni volta che l’inverno è alle porte, le cronache locali si riempiono di casi di clochard che muoiono di freddo. Succede a Torino, dove durante il resto dell’anno facciamo di tutto per allontanarli a colpi di fioriere ma con l’inverno persino il nostro cuore sabaudo prova un rimorso, che soffochiamo in un ricovero coatto. E succede a Roma, dove vivono 8000 dei circa 50mila clochard residenti sul territorio italiano. I posti per ospitare i senzatetto romani durante l’inverno sono circa 1600 e neanche vengono occupati per intero, perché molti di loro rigettano l’assistenza comunale o preferiscono restare in strada “a mantenersi il posto”, magari più riparato o più centrale e che potrebbe far gola ad altri senzatetto. Nell’inverno tra il 2018 e il 2019 a Roma sono morti 9 clochard nell’arco di pochi mesi, mentre nei centri di accoglienza i posti vuoti erano addirittura 108. Questo ha spinto l’amministrazione capitolina a una mossa drastica, l’ennesima, ispirata da una proposta del Comune di Genova fatta per l’inverno precedente: TSO, ricoveri coatti.

Andrea Soldi

Un provvedimento che ha sollevato diverse critiche proprio perché, di fatto, aggirerebbe la legge 180 che istituisce il TSO solo per situazioni eccezionali e solo in caso di malattia mentale. Nulla di tutto questo, sottolinea la Cgil in un comunicato stampa a denuncia del fatto, sarebbe previsto per i clochard, che andrebbero invece assistiti attraverso prestazioni sociali che garantiscano dignità e diritti: alloggio, cibo, vestiti, calore, senza per questo privarli della libertà personale.

Lo so, molti clochard sono anche affetti da patologie mentali. Lo era Andrea Soldi, per esempio, che soffriva di schizofrenia paranoide. Preso e ammanettato dalle forze dell’ordine mentre dormiva sulla “sua” panchina, in piazza Umbria a Torino, Andrea era stato caricato in barella a pancia in giù ed era deceduto poco prima di arrivare all’Ospedale Maria Vittoria, forse perché non respirava bene, forse perché un agente l’aveva stretto al collo con troppa violenza. Quel 5 agosto 2015, mentre Andrea Soldi veniva ammanettato e costretto in barella, un residente della zona aveva urlato contro ai vigili che eseguivano la procedura:

«Da noi, in Sardegna, non trattano così nemmeno le bestie».

Il punto è questo, nemmeno le bestie. Nessuno meriterebbe di morire soffocato durante un procedimento che nasce con la finalità di aiutare che è in stato di emergenza. Ma è ancora questo il TSO in Italia? È ancora lo strumento di soccorso che Basaglia aveva immaginato o è diventato l’ennesimo modo per emarginare i diversi e i poveri, per isolarli dalla gente “perbene” come una volta accadeva per l’istituzione del manicomio?

La risposta, temo, la troverete ancora una volta nella cronaca nera: Massimiliano Malzone, ucciso da una somministrazione errata di neurolettici; Riccardo Magherini, morto per asfissia come Soldi; Giuseppe Casu e Franco Mastrogiovanni, entrambi morti dopo una lunga contenzione al letto; Giuseppe Uva, ricoverato pieno di lividi per i quali nessuno ha fornito una spiegazione; Mauro Guerra, ucciso da un carabiniere durante un TSO probabilmente non autorizzato e infine nel giugno 2018 Jefferson Tomalà, 21 anni, muore per un colpo di pistola partito accidentalmente — dirà la difesa — da uno degli otto agenti convocati per sottoporlo a TSO. Neanche un medico, otto agenti armati, la percezione che ci sia qualcosa di irrimediabilmente sbagliato in tutto questo.

Riccardo Magherini

Il numero di morti a causa dei TSO e le delibere comunali che li usano come soluzione “accalappiabarboni” hanno qualcosa in comune: una visione della psichiatria come strumento di repressione e di controllo, un metodo per ripulire la società dai suoi scarti. Ed è per questo che il TSO diventa una procedura sempre più pericolosa e violenta: è un procedimento destinato agli ultimi, e gli ultimi vanno solo controllati o annientati, senza preoccuparsi dei loro diritti o della loro volontà. Del resto, a chi interessa la loro volontà?

Dire che questi provvedimenti siano di stampo fascista non è un’esagerazione o una provocazione ma un semplice dato di fatto. La psichiatria è sempre stata al servizio del potere per il controllo degli individui, e il manicomio è da sempre un grandioso smaltitoio per chi creava un disagio sociale, come afferma lo psichiatra Eugenio Tanzi già nel 1905.

Ma fu il governo Mussolini a medicalizzare la povertà in maniera sistematica e a rinchiudere nei manicomi gli indigenti, che nel Ventennio raggiunsero il 90% dell’utenza reclusa.

Non folli ma deviati, persone che non rispettavano i canoni stabiliti e che per questo dovevano vivere ai margini della società: donne, omosessuali e transessuali, poveri. Reprimerli e rinchiuderli, oggi come ieri, era la tecnica più efficace per privarli della loro identità e dignità umana. E oggi, come ieri, se il potere si serve di una pratica psichiatrica per “risolvere” il problema della povertà e privare i clochard della loro libertà e autodeterminazione, fate attenzione perché quel potere è un potere fascista. E va denunciato.

Quest’articolo è parte del progetto Un meccanismo da nulla realizzato dall’Associazione ToVR con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando Ora!X — Strade per creativi under 30. Scopri di più su ora.compagniadisanpaolo.it

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