Cinque libri che mi hanno salvata nel 2017
consigli letterari per ricordarsi di cercare il bello anche quando sembra che tutto faccia molto schifo.
Contro ogni previsione, anche il 2017 se n’è andato e ha portato via con sé tutta una serie di sventure. Ora siamo tutti qui, a brindare e a dirci che “nel 2018 non andrà così” e a questo proposito vorrei tranquillizzarvi, ragazzi, perché non andrà così.
Andrà peggio, probabilmente.
Andrà che pure quest’anno morirà un tizio che vedevamo in televisione da piccoli e che in fondo ci stava simpatico. Andrà che alla fine vi lasciate dopo mesi di noia e agonia oppure non vi lasciate e vi tenete le corna perché alla fine sempre meglio che disdire le vacanze a Praga già prenotate. Andrà che alle elezioni qualcuno voterà (ancora) quel losco e apparentemente immortale politico che non nominiamo per scaramanzia e andrà che anche il prossimo anno 6 italiani su 10 non leggeranno neanche un libro.
E l’editoria si lamenterà, i giornali si lamenteranno, mia zia si lamenterà (ma dai, zia, almeno tu…). Alla fine comparirà sui quotidiani nazionali un articolo tipo questo in cui si consiglia di leggere Hemingway e Manzoni.
N’ata vota? s’interrogherebbe mia zia.
N’ata vota, zia.
Certo, a me Manzoni ha sempre fatto ridere un sacco e non è colpa di Hemingway se la gente (giornalisti compresi) continua a parlare di lui come se fosse l’unico ad aver scritto roba decente negli ultimi cento anni. Però il fatto è che se fossi una di quelle sei persone che quest’anno non ha toccato carta stampata, non è da “Per chi suona la campana” che vorrei ripartire. E da dove, allora?
Chiudete la vostra copia cartacea de il Fatto Quotidiano, bimbi, perché la vostra certezza nel marasma editoriale di oggi si chiama Federica, col suo Il Lunedì dei Libri. Per la seconda volta dall’apertura di uonnabi, ci aiuta a celebrare l’arrivo del nuovo anno con la sua classifica dei libri che l’hanno salvata durante quello precedente.
Che poi, ragazzi, come pensate che possa andarvi meglio se non leggete manco un libro in 365 giorni? Fidatevi di noi e state a sentì Federica. Anzi, facciamo che la smetto pure io di cianciare e le passo la parola.
Flora, quella di uonnabi.
Ci risiamo. Dopo i Cinque libri che mi hanno salvata nel 2016 non potevo tirarmi indietro, quindi eccomi di nuovo qui ospite di questa rivistina fantastica e scintillante che è Uonnabi per ammorbarvi l’inizio del nuovo anno con i Cinque libri che mi hanno salvata nel 2017: anno funesto già dalle cifre che contiene, difficile per me come per altri già dal primo giorno e tante altre care cose. Di salvezza (no, non vi parlerò di redenzione, religione e affini, tranquilli) c’è sempre bisogno e, sarà pure un caso o no, le belle storie fanno sempre bene.
Partiamo dall’ultima posizione per questioni di ordine, ma non si tratta di una classifica. Più che altro di un riepilogo.
5. Ragazze elettriche, Naomi Alderman (nottetempo)
Il rosso vivido della copertina, il palmo elettrificato di una mano nera, il giudizio più che entusiasta di Margaret Atwood. Tutto questo e anche di più è Ragazze elettriche, la distopia di Naomi Alderman vincitrice del Baileys Women’s Prize 2017. Un romanzo sul potere e sulle conseguenze che ne derivano, sul genere femminile e la sua forza intrinseca, su una situazione altamente maschilista da ribaltare. Una vera potenza a prova di scossa.
Ragazze elettriche mi ha salvato quando ho iniziato a dubitare di avercela, un po’ di forza.
Ne ho parlato già lungamente qui.
4. Parole nella polvere, Máirtín Ó Cadhain (Edizioni Lindau)
Per alcuni è un’Antologia di Spoon River in gaelico, per altri si tratta di un corposo viaggio nell’aldilà che poco ha in comune con l’America di Edgar Lee Masters. Per me Parole nella polvere è Caitríona Pháidín, i suoi improperi, la sua insolenza e il fatto che sia un personaggio maledettamente grottesco e vivido in un mondo ultraterreno, dove il silenzio non esiste e i morti sono più vivi dei vivi.
Parole nella polvere mi ha salvato in quel mese in cui di silenzio, nella mia vita, ce n’era ben troppo.
Un’esperienza di lettura che vi terrà compagnia per tutto il tempo che vogliate dedicare alle anime del Connemara. Per approfondire, trovate sempre un mio articolo qui.
3. Vita e morte delle aragoste, Nicola H. Cosentino (Voland)
Leggendo la seconda prova letteraria di Nicola H. Cosentino vi troverete davanti i personaggi di Paz, Andrea Pazienza. L’ho già detto e lo ripeto. Un racconto generazionale in cui amicizia, problematiche giovanili e amore si intrecciano diventando totalmente specchio dei nostri tempi.
Vita e morte delle aragoste è un romanzo da leggere per ritrovarsi e cambiare: proprio come le aragoste quando non entrano più nel loro carapace.
2. L’arte dell’attesa, Andrea Köhler (add editore)
In poche centinaia di pagine questo saggio racchiude gran parte delle dissertazioni letterarie e filosofiche sul tempo e sul senso stesso dell’attesa, confezionato con estrema bravura dalla giornalista tedesca Andrea Köhler. Un libricino interessante e bellissimo, a partire dalla copertina dell’edizione italiana.
L’arte dell’attesa è capace di salvare qualcuno perché analizza nel dettaglio l’assenza, mettendo di buon umore.
Ne avevo parlato in anteprima qui.
1. Umami, Laia Jufresa (edizioni sur)
In Giappone la parola umami indica uno dei cinque gusti percepiti dalla cellule recettrici del nostro cavo orale e significa «saporito». Umami è un romanzo di Laia Jufresa che possiamo leggere anche in Italia grazie a edizioni sur dove al gusto saporito di tutta una vita, di più vite, si mescola inevitabilmente il dolore. Un dolore onnipresente e fatale.
Umami è un romanzo che scorre come un fiume e si appiccica addosso come la maglietta sudata dopo una notte di brutti sogni. Da leggere e rileggere per affrontare il dolore.
Quest’anno mi ero presa il tempo giusto per parlarne qui.