Il sistema scolastico inglese (2^ parte): 1970–1990

(Qui la 1^ parte)

Giada Farrah Fowler
UP SERIES
9 min readApr 18, 2015

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Margaret Hilda Roberts, nata il 13 ottobre 1925 a Grantham da una famiglia di solidi principi religiosi e di fede protestante metodista, ha frequentato una grammar school.
Il padre era un droghiere impegnato nella politica della sua piccola comunità, che lo elesse sindaco nell’immediato dopoguerra, la madre faceva la sarta.
Studiò chimica al Somerville College di Oxford, la presenza femminile era scarsa ma decisamente di qualità, a giudicare dalla sua compagna di ricerca, Dorothy Hodgkin, premio Nobel 1964. La sua fermezza d’idee ed il suo carisma la portarono a procedere a grandi balzi.
Dopo aver fallito la prova elettorale nella circoscrizione di Dartford nel 1951, sposò Denis Thatcher, pluridecorato veterano di guerra. Nel 1953 diede alla luce Mark e Carol, gemelli, e rinunciò parzialmente ai propri impegni per stare con loro nei primi anni di vita.
Nel 1959 venne eletta in Parlamento per la circoscrizione di Finchley, roccaforte conservatrice; nel 1961 fu nominata sottosegretario alle pensioni nel governo Mcmillan, presto stroncato dallo scandalo provocato da John Profumo, ministro che mentì su una sua relazione segreta. Fu ministro “ombra” (dell’opposizione) alle pensioni nel 1964, al Tesoro nel 1966, all’Energia nel 1967, ai Trasporti nel 1968, all’Istruzione nel 1969 e quando nel 1970 i Tories tornarono a vincere le elezioni aveva già un’esperienza ben solida.
Venne scelta da Edward Heath nel 1970 per ricoprire l’incarico all’Istruzione, che le valse la prima delle numerose etichettature da parte dell’opinione pubblica: the milk snatcher, la “ruba-latte”, aveva attuato l’impopolare provvedimento, a seguito dei tagli imposti dal governo, di abolire il latte gratuito nelle scuole per i bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni.
La convivenza con Heath non fu facile, i suoi provvedimenti di austerity imponevano sacrifici e in fatto di idee economiche si avvicinava troppo agli avversari laburisti: lei avrebbe preferito una linea che limitasse il potere dello Stato, liberando l’iniziativa individuale. Pensiero che sistematizzò nel 1974, con la fondazione del think tank Centre for Policy Studies.
Dal 1975, dopo aver sconfitto Heath nelle elezioni interne del partito conservatore, divenne la prima donna leader di partito, dimostrando coerenza e inesistenti propensioni al compromesso.
Il Paese attraversava una fase di visibile declino: il prezzo delle materie prime e delle derrate alimentari era in forte crescita, i tassi di inflazione altissimi, la produttività in calo, il conflitto nelle fabbriche tra operai e imprenditori e tra sindacato e padronato erano aspri, la domanda era caduta, così come l’occupazione.
Così la Thatcher puntò il dito contro quegli epifenomeni del Socialismo (la politica delle nazionalizzazioni, della creazione di posti di lavoro pubblici e dello stato assistenziale, lo strapotere sindacale) che stavano mettendo in ginocchio quella che fino a poco tempo prima era stata la prima potenza mondiale. Le sue critiche a tale riguardo furono sempre feroci:

“Tutte le volte che ho visitato i Paesi comunisti, i loro politici non esitavano a vantarsi dei loro successi. Li elencavano tutti a memoria, con tanto di fatti e dati, dichiarando in pompa magna che quello fosse il raccolto più ricco di tutto il sistema comunista. Ebbene, non stanno bene come noi in Occidente e non sono liberi come lo siamo noi in Occidente. Il nostro sistema capitalista produce standard di prosperità e di felicità ben più alti, perché è un sistema che crede negli incentivi e nelle opportunità e perché si fonda sulla dignità e sulla libertà dell’uomo. Persino i russi devono rivolgersi a un Paese capitalista, gli Stati Uniti, se vogliono comprare abbastanza grano da sfamare il popolo. E questo dopo 50 anni di economia pianificata dallo Stato. (…) Dopo tutto, nessuna nazione occidentale ha costruito un muro attorno ai suoi stessi confini per imprigionarvi il suo popolo. (…) Quella che stiamo
affrontando oggi non è la crisi del capitalismo, ma quella del Socialismo. Nessun Paese può prosperare se la sua economia e la sua vita sociale sono dominate dalle nazionalizzazioni e dalla pianificazione statale”.

Il colpo di grazia per la sinistra arrivò nei mesi convulsi del cosiddetto Inverno dello scontento (Winter of discontent), tra il 1978–1979, un’ondata incontrollata di scioperi in uffici postali, scuole, ospedali; scioperarono anche i tipografi impedendo a lungo l’uscita dei quotidiani ed i netturbini, facendo accumulare montagne di rifiuti nelle vie di Londra.

La disoccupazione fu un elemento attorno il quale i conservatori costruirono molta della loro
propaganda, come dimostra questo poster, dei fratelli Saatchi, con un abile gioco di parole dovuto
alla doppia possibile interpretazione del verbo “to work” (lavorare e funzionare).

Sull’arena del dibattito pubblico il tema della perdita di competitività entrava in ogni settore e, ovviamente, anche nell’istruzione.
Secondo il Primo Ministro, appoggiato da una larga parte della società civile, la scuola e l’Università avevano contribuito a danneggiare le prospettive di crescita e stabilità della Gran Bretagna, risultando essere incapaci di preparare una forza lavoro motivata, qualificata e disciplinata, ed
illudendo i figli della working class. Gli atenei inglesi avevano perso il passo rispetto a quelli americani, benchmark fondamentale.
Inizialmente il Parlamento tese a diminuire il peso delle LEAs, rivedendo la
composizione interna degli organi di governo locale delle scuole (Education Act, 1981). Furono poi avviate politiche di austerity che colpirono in modo significativo l’educazione pubblica.
Il coronamento però è datato 1988: l’Education Reform Act (ERA), è la riforma destinata a influenzare maggiormente ed in profondità i decenni successivi.
Con essa è stato introdotto il curriculum nazionale degli studi per le materie fondamentali, con programmi comuni a tutte le scuole pubbliche e sono stati specificati in modo dettagliato i contenuti disciplinari e gli obiettivi che gli alunni dovevano raggiungere, in termini di conoscenze e competenze.
Sono state introdotte modalità di valutazione (assessment) degli studenti a
conclusione di ciascun ciclo tramite test nazionali, predisposti e gestiti
dall’esterno, cui dovevano essere sottoposti tutti gli allievi nelle fasi chiave del percorso scolastico: quattro Key stages (7, 11, 14 e 16 anni) e dieci materie, di cui tre fondamentali (Inglese, matematica e scienze) e sette propedeutiche (tecnologia/informatica, storia, geografia, musica, arte, educazione motoria e lingua straniera, dagli 11 ai 16 anni); i risultati delle singole scuole dovevano essere messi a disposizione del pubblico.
Nel sistema di assessment rientrano anche i risultati degli esami di GCSE (General Certificate of Secondary Education), sostenuti al termine della scuola secondaria obbligatoria e costituiti da prove di certificazione per singola materia, che — secondo una consuetudine antecedente il varo delle riforme del 1988 — vengono predisposte, corrette e valutate da organismi specializzati esterni agli istituti in cui è avvenuta la formazione degli studenti.
I risultati ottenuti dagli studenti nei test e negli esami vengono intenzionalmente utilizzati per stilare delle graduatorie, le famigerate league tables, rese pubbliche attraverso vari media, al fine di valutare l’efficacia pedagogico-didattica delle singole scuole operanti nel sistema pubblico, alle quali la legge accorda larga autonomia soprattutto per quanto riguarda la gestione dei finanziamenti, non più allocati, dopo il 1988, alle LEAs, ma direttamente agli istituti in rapporto al numero di iscritti, attraverso l’attivazione del Local Management of Schools (LMS), un
nuovo soggetto che assegnava i finanziamenti e le risorse direttamente agli enti amministrativi ed al personale scolastico.
La giustificazione di questa pratica, tuttora vigente e non esente da polemiche, fa appello al principio dell’accountability, responsabilità di rendicontare i risultati delle proprie azioni in un determinato ambito ai soggetti interessati (stakeholders); in secondo luogo può servire a scopi informativi, per facilitare la scelta da parte delle famiglie dell’istituto a cui affidare i propri figli.
Chiunque, collegandosi al sito www.ofsted.gov.uk, può leggere i rapporti dettagliati di ogni scuola. Inutile specificare che la filosofia di trasparenza alla base di questa scelta è controversa: oltre a sottendere il forte valore simbolico dell’essere sottoposti ad ispezione — prassi comunque profondamente radicata nella cultura educativa inglese — espone al pubblico dati tecnici che possono essere fraintesi o mal interpretati.

La convinzione della Thatcher era che le scuole dovessero essere maggiormente rispondenti alla volontà dei genitori, la libertà di scelta veniva sottolineata in modo quasi ossessivo nei suoi discorsi:

“I governi socialisti sono perpetuamente impegnati a restringere l’area delle libere scelte, quelli conservatori ad ingrandirla.
Noi crediamo che tu possa diventare un cittadino responsabile se sei tu che prendi le decisioni, non quando queste vengono prese da qualcun altro al posto tuo. Ma sono prese da qualcun altro sotto un governo laburista, naturalmente.
Prendiamo ad esempio l’educazione.
Il nostro sistema educativo, di solito, ci offre un buon servizio. Una bambina di una famiglia media, quale ero io, poteva usarlo come una scala sociale, come un avanzamento.
Ma i Socialisti sono più bravi nelle opere di demolizione, che non in quelle di ricostruzione. Stanno distruggendo molte buone scuole. Questo non ha nulla a che vedere con l’educazione privata. Sono le opportunità e le eccellenze nella nostra scuola pubblica a essere degradate sotto il Socialismo. E naturalmente ai genitori questo non piace.
Ma in una società socialista i genitori devono essere visti, non ascoltati”.

Ed ancora:

“Noi crediamo che le persone non siano meri numeri da ordinare in un senso o nell’altro, in un lavoro o nell’altro, in una casa o nell’altra, con i loro figli mandati in una scuola o nell’altra. I socialisti credono che alle persone non debba essere lasciata la libertà di scelta.
Io credo che si possa imparare a usarla. E ad apprezzarla. E quindi dove si andrà a finire? Il Socialismo è la negazione della scelta, la negazione della scelta delle persone comuni nella loro vita quotidiana. In Gran Bretagna c’è la volontà di lavorare e costruire un futuro per i nostri figli. Ma i socialisti non hanno fiducia nel popolo. Churchill l’ebbe. Noi l’abbiamo”.

La riforma del 1988 introdusse infatti l’open enrollment, ossia la possibilità di scegliere liberamente la scuola anche fuori dal LEA di riferimento, contrariamente al precedente obbligo di iscrivere i figli ad una scuola stabilita dall’amministrazione sulla base della residenza (provvedimento che non ha impressionato i membri della upper class, che a quel tempo non comunque hanno mai trovato difficoltà a modificare il proprio indirizzo residenza magari nella seconda casa per avvicinarsi alle scuole che fruivano di buona reputazione).
Così il numero di iscrizioni diveniva un parametro fondamentale per l’ottenimento dei finanziamenti, incentivando gli istituti ad adottare strategie di “marketing educativo” per trovare nuovi “clienti” e fidelizzare quelli già acquisiti.
Si diede quindi avvio ad una fase — definita da Bell “di mercato” — in cui, in nome della qualità, si accese la competizione tra gli istituti scolastici, puntando i riflettori sui criteri di efficacia, sull’oculatezza nella gestione delle risorse, sul rendimento degli insegnanti e sui risultati effettivamente conseguiti dagli alunni.
Come primo effetto si acuì il divario tra scuole favorendo gli istituti già ben avviati e di buona tradizione; in secondo luogo a trarne beneficio fu il settore privato che poté contare sulla libera scelta di quelle famiglie disposte a sostenere elevati costi per garantire ai figli un’istruzione di qualità.

Ci sono delle convinzioni alla base della politica educativa di questo periodo che sono facili da contestare quanto difficili da sradicare dal pensiero di parti politiche anche nettamente opposte: ad esempio, l’idea che la competizione, l’applicazione di regole di mercato anche in settori come l’istruzione, incoraggerebbe l’offerta di un servizio formativo qualitativamente superiore che consentirebbe agli studenti di acquisire conoscenze e abilità tali da aprire loro opportunità di mobilità sociale ascendente, si scontra con il fatto che il rendimento scolastico di un alunno non sia determinato unicamente ed esclusivamente dall’azione didattica. Non si possono lasciare ai margini la partecipazione, le risorse materiali e culturali di cui dispone la famiglia, la loro occupazione e il loro livello di istruzione, l’ambiente esterno alla scuola, la rete di relazioni, tanto più in aree in cui la concentrazione di povertà descrive una realtà capovolta nella quale i ragazzi maggiormente svantaggiati tendono a trasmettere le proprie condizioni alla scuola anziché assumerne per osmosi i benefici e gli strumenti per un effettivo riscatto.
In più non si intravedono i motivi per i quali la competizione possa produrre in automatico un miglioramento della qualità dell’insegnamento, né le ragioni per le quali la valutazione così impostata, ottenuta peraltro con test altamente standardizzati (spesso accusati anche di forte eurocentrismo), sia adatta a tener conto degli aspetti qualitativi dell’apprendimento.
Il tentativo di estendere alla propria scuola i provvedimenti presi dal dirigente di un istituto più “alto” in classifica, se operato in assenza di spirito critico e capacità di adattamento, è rischioso e provoca un appiattimento che non restituisce una lettura esatta dei differenti contesti o l’individuazione delle strategie più opportune alle diverse circostanze.

Il 22 novembre 1990, dopo tre anni dalla sua terza vittoria elettorale, Margaret Thatcher si dimise.

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Giada Farrah Fowler
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Opinion leader, socia Aci, trascrittrice braille, testimone oculare, insegnante di cockney. Un'infanzia tormentata e un'adolescenza anche più dolorosa.