Il sistema scolastico inglese: 1870–1970.

Giada Farrah Fowler
UP SERIES
5 min readMar 26, 2015

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É necessario scorrere, sebbene rapidamente, le tappe più significative dell’evoluzione delle riforme in ambito educativo, partendo dall’Education Act del 1870, che impegnava il governo ad impartire per la prima volta un’istruzione che, dal 1891, divenne gratuita.
L’obbligo fino agli 11 anni, imposto nel 1893, venne prolungato a 12 anni nel 1899, assieme all’introduzione di sussidi per i figli delle famiglie bisognose.
Le prime università inglesi (Oxford e Cambridge) si sono sviluppate come enti privati già a partire dal XII-XIII secolo.
Sebbene in seguito siano nate e si siano affermate alcune importanti istituzioni erogatrici principalmente di formazione professionale (come i Royal Colleges), è solo nel XIX secolo che si costituirono le prime università civiche in Gran Bretagna che, sebbene sostenute occasionalmente con fondi governativi, rimasero fondazioni private.
Nella prima metà del XX secolo si sviluppano inoltre diversi university college, spesso di origine ecclesiastica, che inizialmente presero in carico soprattutto studenti intenzionati a conseguire, come esterni, i degrees della University of Act, che riguardava Inghilterra e Galles, un provvedimento che includeva tra le proprie finalità l’estensione del diritto all’istruzione di base per tutti, compresi i più poveri.

Proprio l’obbligo scolastico ed il suo innalzamento progressivo vennero
indicati come strumento principale per contrastare l’analfabetismo e, di conseguenza, abbassare la soglia di povertà della popolazione, nella convinzione che scarsa scolarizzazione e miseria fossero strettamente correlate.
La riforma soppresse gli school boards ed istituì al loro posto le LEAs, Local
Education Authorities
, 105 autorità scolastiche locali distribuite sul territorio alle quali veniva affidata la gestione dell’istruzione primaria e secondaria, realizzando le disposizioni emanate dal governo centrale, rappresentato dalla figura del Secretary of State for Education and Science, il ministro preposto all’istruzione.

Alle LEAs competevano la “gestione delle scuole, degli esami statali, la determinazione delle unità scolastiche e dei loro curricula, la nomina degli insegnanti e l’organizzazione delle strutture finalizzate alla loro formazione”.

Uno degli scopi primari dell’Atto fu la promozione dell’istruzione superiore che — sebbene non gratuita — veniva offerta in parte agli studenti meritevoli sulla base dei risultati conseguiti nelle prove di ingresso.

Venne abolita, con disappunto dei liberali e gioia a metà per la Chiesa, “la legge tirannica del 1870, che escludeva le scuole cattoliche da ogni sovvenzione dello Stato (…). Ora la nuova legge accorda le paghe ai maestri ed altre sovvenzioni; ma chi voglia scuole confessionali deve da sé provvedere agli edificii e sottostare ad una commissione scolastica municipale, nella quale però hanno diritto di entrare un certo numero di rappresentanti la scuola cattolica”.

La stretta collaborazione tra le autorità scolastiche ai diversi livelli gerarchici, centralizzate e decentralizzate, gli insegnanti, le associazioni di volontariato e la Chiesa è stata la principale caratteristica del sistema educativo nazionale, fino al 1988, come vedremo più tardi.

L’Education Act, datato 1944, conosciuto anche come Butler Act, introdusse la tripartizione del percorso educativo (e del sistema di istruzione secondario) in:
primary education (5–11 anni);
secondary education (11–15 anni), resa disponibile per tutti i potenziali
allievi, sulla base di età, abilità ed attitudini individuali. In quel periodo gran parte delle LEAs istituisce a livello locale le grammar schools (per gli
studenti ritenuti più abili), le secondary modern schools e, in alcune aree, le
secondary technical schools;
further education (istruzione post-secondaria, dopo i 15 anni); all’interno di quest’ultima veniva a quel tempo ricompresa anche quella che poi sarà definita come higher education.

L’impatto distruttivo della guerra, l’aumentata natalità, l’estensione dell’obbligo a 15 anni introdotta con tale Atto, l’edificazione di nuovi quartieri, hanno determinato dal ‘46 al ‘58 la costruzione di più di 5.000 nuove scuole; l’Education act del 1959 contemplò sussidi sino al 75% per apportare migliorie alle scuole private.
Le politiche governative spinsero nella direzione di un massiccio incremento dei soggetti in possesso di una qualifica superiore, soprattutto nel settore scientifico, strettamente correlato alle esigenze di sviluppo economico nazionale.
Venne sostenuta pertanto la creazione di nuove Università e l’ampliamento delle strutture della Higher Education già operanti, iniziando la politica tuttora vigente di finanziamento pubblico diffuso, ferma restando la tutela dell’autonomia degli enti in questione.
Venne inoltre costituito — spesso tramite la trasformazione di college preesistenti specializzati nel settore — un buon numero di università tecnologiche.
Molte di queste nuove università erano rappresentate da politecnici, costituiti in passato da parte di opere benefiche, per sostenere la formazione rivolta alla classe lavoratrice, in forte collegamento con il mondo dell’industria. I politecnici verranno regolati dalle LEAs fino alla riforma del 1988 e poterono fregiarsi del nome di Università dal 1992, come vedremo in seguito.

Gli anni Settanta in particolare furono caratterizzati da una prevalenza ideale e politica dei principi di eguaglianza, progresso e liberalità, che erano stati il tratto distintivo delle scuole e delle Università fino a quel momento, portando a risultati di eccellenza, anche al cospetto di altre importanti realtà mondiali.
Già il Robbins Report del 1963 aveva enunciato il principio in base al quale tutti gli studenti qualificati a farlo avrebbero dovuto poter entrare nel sistema di educazione terziario.

Crebbe il sostegno dell’opinione pubblica in favore dell’istituzione delle
comprehensive school, che avrebbero dovuto fare lo sforzo di essere scuole per tutti, inclusive, a insegnamento polivalente, accettando gli studenti senza distinzioni rispetto alle loro abilità ed incontrando quindi anche le richieste dei bambini con bisogni speciali.
Tuttavia tali obiettivi furono ostacolati “dalle pratiche educative e dai curricola suggeriti da una mozione della Camera dei Comuni, nella quale si sollecitava di fatto a mantenere un sistema selettivo basato sul superamento di esami pubblici” consolidando di fatto un’etica della competizione della quale facevano le spese gli alunni con maggiori difficoltà.
Il governo laburista chiese alle LEAs di promuovere un riassetto del sistema nella direzione del modello “comprensivo” e l’indicazione fu recepita nella maggioranza dei casi, nonostante la persistenza delle grammar school su buona parte del territorio nazionale.
Sul finire del decennio però si presentò una controtendenza, che mirava a ridurre il numero di posti disponibili nelle Università (e di conseguenza il numero di studenti).
Vennero pubblicati dei rapporti dal Dipartimento dell’Educazione e della Scienza, come il Des white paper del 1976 ed il Des brown paper del 1978 in cui si affermava la necessità di pianificare razionalmente il numero degli studenti, anche sulla base del plausibile impatto del previsto trend demografico negativo dei 18-19enni sulla domanda di istruzione di livello superiore.

Si preannunciava un drastico cambio di direzione nella società e nell’educazione britanniche.

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Giada Farrah Fowler
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Opinion leader, socia Aci, trascrittrice braille, testimone oculare, insegnante di cockney. Un'infanzia tormentata e un'adolescenza anche più dolorosa.