Quando chiedere feedback non basta

Ricevere feedback rilevanti dai non-designer per continuare a crescere e imparare quando sei l’unico designer nel team

Nicole Nardelli
UX Tales
17 min readMar 8, 2021

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Se lavori come designer in una piccola azienda o in una che è solo agli inizi del suo percorso nel design, sei probabilmente l’unico designer nel team. Questo è il mio caso.

Essere l’unico designer può avere dei lati positivi: puoi gestire il processo e avere una forte influenza sui prodotti. Ma non potersi confrontare con qualcuno che possa mettere in discussione il tuo lavoro o che possa darti dei feedback tecnici può far nascere una sensazione di isolamento e far pensare che la propria crescita professionale sia giunta ad un punto morto. Tutto questo può far nascere sentimenti quali frustrazione e demotivazione.

I feedback sono fondamentali per imparare e crescere. Ecco perché trovare un modo per includere efficacemente i non-designer lungo tutto il processo è ancora più fondamentale quando non è possibile ricevere feedback di altri designer.

È vero, mantenere la conversazione focalizzata sull’argomento di discussione e ottenere feedback rilevanti è più difficile quando si ha a che fare con non-designer (non tutti, naturalmente), ed è proprio con questo che mi sono confrontata ultimamente. Col tempo ho capito che solo chiedere feedback non è sufficiente.

Ottenere feedback utili significa creare il giusto ambiente, la giusta mentalità e guidare le persone a dare il giusto tipo di feedback.

Un po’ di contesto

Essere la prima e unica designer all’interno di un’azienda non è male come sembra. Sono responsabile della pianificazione e dell’esecuzione di tutte le attività di design e dello sviluppo di una design culture all’interno dell’azienda, e parte del mio lavoro è proprio comprendere come far si che ciò avvenga.

È un’opportunità unica, ma la verità è che per la maggior parte del tempo mi sento sola.

Nella mia azienda, sono la prima designer in un team cross-funzionale, e ciò significa che devo imparare come si fanno le cose da sola. Quando devo prendere delle decisioni difficili di design o di processo, non c’è nessuno a cui possa chiedere un consiglio e quando accadono delle cose emozionanti nel mondo del design non ho nessuno con cui condividere il mio entusiasmo.

Ci sono stati momenti in cui ho pensato che sarebbe stato bello avere qualcuno a cui chiedere feedback un po’ più specifici o con cui potersi confrontare sulle sfide di tutti i giorni.

Sono l’unica designer, ma non sono sola nel mio team

Sono fortunata perché lavoro a stretto contatto con quattro sviluppatori a cui interessa il lavoro del designer, e lo rispettano. Fin dal primo giorno, ho sempre cercato di coinvolgerli lungo tutto il processo di progettazione attraverso revisioni ad ogni tappa o semplicemente chiamandoli alla mia scrivania per chiedere dei consigli. Tuttavia, quello che ottenevo era una cosa del tipo:

“mi sembra che vada bene” oppure “ok, è fattibile”

Non proprio il genere di feedback che mi aspettavo.

Le persone si comportavano più come osservatori passivi che come collaboratori attivi

I feedback sono essenziali per imparare e crescere come professionisti. Mi mancava riuscire a portare le conversazioni al livello successivo; avevo bisogno di feedback più profondi e rilevanti che potessero aiutarmi a vedere le cose da un’altra prospettiva, a sbloccarmi e in generale a migliorare la qualità del mio lavoro.

Oltre a questo, non andava tutto così bene e non era tutto così ok e fattibile come dicevano i miei colleghi. Infatti avevamo ancora a che fare con malintesi, cambiamenti dell’ultimo minuto o con la necessità di dover scendere a compromessi per recuperare il tiro. Una storia che credo abbiamo già sentito tutti almeno una volta.

Il modo in cui stavo coinvolgendo gli altri nel processo non era efficace come pensavo

  • Presentare il lavoro con delle revisioni poneva troppa enfasi sulla soluzione piuttosto che sul problema che stavo cercando di risolvere e dava l’idea che fossimo lì per validare invece che per migliorare quanto fatto.
  • Il feedback “hai 5 minuti?” decisamente non stava funzionando. Chiamare le persone al volo alla mia scrivania rendeva loro difficile cogliere l’intero contesto e mettere in discussione ciò che era stato fatto fino a quel momento.
  • Il feedback non intenzionale e le aspettative non condivise non chiarivano il tipo di risultato che stavo cercando ed era difficile per gli altri capire cosa mi aspettassi da loro.
  • Ascoltare senza intervenire non indirizzava le persone verso il tipo di feedback che volevo e che mi poteva essere utile.

Chiedere feedback non basta

Col tempo mi sono resa conto che chiedere feedback non era sufficiente, soprattutto se si ha a che fare con non-designer. Me ne sono resa conto ancora più chiaramente dopo aver letto questo libro 👉 Discussing Design: Improving Communication and Collaboration through Critique, che è stato di grande ispirazione.

Qui ci sono alcune cose che ho cambiato nel modo in cui chiedo feedback 👇

1. Rendere il feedback parte della routine

Portare qualcuno all’interno di un problema complesso di design può essere pesante. Ci vuole tempo prima di riuscire ad arrivare al punto. Bisogna spiegare il contesto, gli obiettivi, la strategia, le personas,… E i famosi 5 minuti si trasformano in 30. Oltre a questo, i feedback chiesti al volo sono il più delle volte momenti rubati che interrompono il lavoro dell’altro. È difficile riuscire ad ottenere la piena attenzione di qualcuno quando il suo pensiero fisso è quello di dover tornare a fare quello che noi abbiamo interrotto.

Per questo abbiamo pensato di integrare i feedback all’interno del nostro processo impostando a calendario un evento settimanale fisso di 30 minuti dedicato proprio a chiedere feedback sul design. Devo dire che questo ha aiutato molto. In questi 30 minuti ho il tempo necessario per spiegare bene il contesto e il problema che sto cercando di risolvere e tutti i presenti sono sicuramente più propensi a dare uno sguardo più approfondito a ciò che è stato fatto.

I feedback “hai 5 minuti?” ci sono ancora e fanno ancora parte della nostra quotidianità, ma la creazione di momenti dedicati regolari ci permette di raggiungere una comprensione condivisa del progetto lungo tutto il processo. Il che rende le discussioni al volo molto più efficaci. Le persone sono costantemente aggiornate su quello che succede e sull’evoluzione della progettazione e hanno già il contesto necessario per dare dei feedback rilevanti.

2. Essere consapevoli e condividere le aspettative

Il mindset “chiediamo feedback e vediamo che succede” non era per niente efficace. Pensavo che lasciando la sessione più libera possibile avrei ricevuto spunti più spontanei e non influenzati. Ma la verità è che il tipo di feedback che otterremo dipende dall’obiettivo che gli altri pensano di dover raggiungere. Credevo che l’obiettivo di queste sessioni fosse chiaro a tutti (analizzare il design per capire se raggiunge gli obiettivi prefissati), ma non era così. Un giorno ho chiesto: “ma secondo voi perché ci incontriamo ogni settimana?” E la risposta è stata: “per tenerci aggiornati” (ahi! 😓). Ecco spiegato il “ci sembra che vada tutto bene”.

Ho cambiato strategia e ho iniziato ad essere molto più consapevole sull’esito della sessione pensando agli obiettivi che avrei voluto raggiungere.

Ora comincio sempre rispondendo a queste tre domande che mi aiutano a inquadrare la sessione:

  • Qual è l’obiettivo della sessione? Cosa vogliamo ottenere? (con quali informazioni devo concretamente finire la sessione)
  • Cosa faremo? (quali sono le attività previste, come si svolgerà la sessione e cosa andremo a vedere)
  • Perché è importante? (perché è importante il contributo degli altri per il mio lavoro e in generale per l’avanzamento progetto)

Di solito preparo anche una lista di interrogativi che voglio risolvere insieme agli altri durante la sessione. In questo modo posso tenerli d’occhio per essere sicura di concludere la sessione con le risposte che mi servono oppure usarli per facilitare la sessione (ne parlo meglio al punto 8).

Preparare e aprire la sessione in questo modo ci aiuta a stabilire degli obiettivi comuni e una comprensione condivisa di ciò che stiamo cercando di raggiungere, rendendo chiaro a tutti quanti ciò che ci si aspetta dalla sessione. Avere una visione chiara di ciò che si vuole raggiungere è anche un ottimo aiuto per per mantenere la conversazione nella direzione giusta evitando troppe dispersioni.

3. Stabilire dei criteri di critique

Fin dall’inizio, ho sempre cercato di inquadrare la discussione spiegando su cosa volessi feedback. Dopo aver spiegato il contesto e presentato l’oggetto di discussione, la sessione prendeva il via in questo modo:

“Allora, cosa ne pensi di questo flusso? Vedi dei buchi? C’è qualcosa che non sto vedendo?”

Questo tipo di approccio funzionava abbastanza bene all’interno del team, ma appena abbiamo iniziato a coinvolgere altre persone dall’esterno, mi sono resa conto che non era poi così efficace. Infatti, i feedback che ricevevo erano per lo più superficiali oppure completamente fuori tema.

Il modo in cui si chiede feedback dipende dal pubblico a cui lo si chiede. Sono designer o non-designer? Hanno qualche conoscenza di design, oppure no? Le modalità con cui stavo chiedendo feedback erano decisamente troppo generiche per il tipo di pubblico al quale mi stavo rivolgendo: non più i miei 4 sviluppatori, ma non-designer che non avevano mai lavorato con uno ux designer. Dovevo riuscire ad essere un po’ più specifica.

Ho iniziato riformulando la domanda che mi ponevo io in primo luogo:

“Su cosa voglio avere feedback?

si è trasformato in

“Su cosa voglio che gli altri si concentrino o meno durante la critique, in modo tale da riuscire a raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissati nella sessione?”

Quindi, prima di entrare nel vivo della critique elenco una serie di suggerimenti suddivisi in due gruppi:

  • Concentratevi su […]
  • NON concentratevi su […]

Dare dei suggerimenti su cosa considerare o meno durante l’analisi di un design aiuta a guidare le persone nel dare feedback rilevanti e aiuta a mantenere la conversazione focalizzata. Per favorire ulteriormente questo processo, cerco anche di nascondere informazioni o parti relative all’oggetto della critique che potrebbero distrarre le persone dal focus principale della sessione.

4. Ridurre la distanza tra le persone e il design

Il modo in cui chiedevo feedback a ogni milestone sembrava più che altro una presentazione. Mettermi al computer per proiettare l’oggetto della critique creava inevitabilmente una distanza tra ciò che stavo mostrando e gli altri. Tutti nella stanza erano in uno stato di ascoltatore/osservatore e non di collaboratore attivo.

Quando invece stampavo e appendevo cose alle pareti era tutta un’altra storia. Le persone si alzavano, si muovevano nella stanza per dare un’occhiata più da vicino alle soluzioni e interagivano con esse indicando le cose mentre parlavano. C’era un’atmosfera completamente diversa.

Ho lasciato perdere la “modalità presentazione” e ho iniziato a portare tutti dietro le quinte. Cerco sempre di dare alle persone qualcosa di tangibile con cui interagire, stampo le cose quando posso o invito tutti in una board su Miro dove espongo tutte le soluzioni e le informazioni relative al contesto. Recentemente abbiamo anche creato un template per Miro.

Ora le nostre sessioni di feedback sono diventate molto più simili all’art museum exercise del Design Sprint (senza la parte di dot voting).

Mostrare agli altri qualcosa che non è percepito come finito, come una presentazione, rende chiaro a tutti che siamo lì per migliorare quanto fatto e non per validarlo. Questo li incoraggia a impegnarsi attivamente nella sessione e a interagire con ciò che viene analizzato.

5. Creare spazio per pensare

Ogni volta che chiedevo feedback mi ritrovavo solitamente di fronte a due scenari: una discussione infinita e disordinata o, nel peggiore dei casi, un silenzio imbarazzante. Anzi, c’è anche un terzo scenario, quello in cui un’unica persona monopolizza tutta la sessione.

Così, abbiamo pensato di iniziare a fare quello che facciamo di solito nelle attività del workshop e abbiamo trasformato la nostra sessione disordinata in una critique silenziosa:

  • ⏰ Impostiamo un timer (il tempo dipende da ciò che viene criticato, ma di solito lo impostiamo tra 5 e i 10 minuti)
  • 📝 Chiediamo ai partecipanti di dare un’occhiata più da vicino all’oggetto di critique e di scrivere su dei post-it i loro pensieri, dubbi e domande
  • 🎤 Leggiamo tutti i commenti ad alta voce e, se necessario, ne discutiamo

Dare alle persone la possibilità di analizzare il design con i propri tempi permette di pensare alle informazioni relative al contesto prima affrettarsi a dire la prima cosa che passa per la testa. Tutti hanno lo spazio per poter dare il proprio contributo senza essere schiacciati dalle persone più rumorose nella stanza e coloro che di solito non si espongono si sentono invece incoraggiati a farlo.

Con questa modalità non è nemmeno necessario prendere appunti: di solito iteriamo sui post-it che leggiamo ad alta voce aggiungendo commenti o rimuovendoli. In questo modo, tutti possono rimanere concentrati sulla sessione, che non è cosa da poco se siete un piccolo team come noi.

6. Partecipare attivamente alla sessione

Rendere la sessione più interattiva appendendo i design alle pareti e commentando con i post-it, ha fatto sì che non stessi più lì ad aspettare un feedback dagli altri, ma che anch’io prendessi parte attivamente alla sessione. Ho quindi iniziato a mettere in discussione il mio stesso lavoro insieme agli altri.

Con il tempo ho capito che questo è un ottimo modo per insegnare alle persone come dare feedback rilevanti. Le persone vedono i ragionamenti che fate quando analizzate un design e possono esercitare il loro pensiero critico. È bello vedere come le logiche di ragionamento vengono interiorizzate anche dagli altri senza dover stabilire delle regole esplicite che potrebbero rovinare l’atmosfera o sottintendere che non tutto può essere detto.

Sollevare dubbi e mettere in discussione il nostro stesso lavoro è anche un efficace rompighiaccio. Dimostra agli altri che siamo a nostro agio con l’idea che il nostro lavoro venga criticato. In questo modo, le persone possono esprimere i propri dubbi e perplessità senza limitarsi o sentirsi in soggezione.

7. Imparare a ricevere feedback

I feedback fanno parte del nostro lavoro, credo sia capitato a tutti almeno una volta di avere a che fare con persone a cui risulta difficile dare feedback. Solitamente, o sono così velati da non essere nemmeno percepiti, oppure sono così diretti da mettere l’altra persona sulla difensiva. Un atteggiamento difensivo distrugge un ambiente collaborativo, e senza collaborazione l’apprendimento e la crescita vengono ostacolati.

Ho letto molti articoli in cui si consigliava di insegnare agli altri come dare feedback. Alcuni proponevano di creare un vero e proprio playbook su come dare feedback da inviare in anticipo ai partecipanti. Anche se questo può sicuramente essere utile, non volevo imporre regole e vincoli su cosa e come dire le cose. Non volevo creare disagio nelle persone e volevo che i momenti di feedback fossero considerati più liberi possibile. Inoltre, io lavoro con molte persone diverse e non potevo contare sull’invio di linee guida in pdf ogni volta.

Un’alternativa al controllare le reazioni degli altri, è imparare a controllare le nostre, di reazioni e a gestire i nostri trigger emotivi. Ho lavorato molto su questo nell’ultimo anno. Se siete interessati all’argomento, ecco un ottimo libro 👉Thanks for the feedback.

Quando ricevo un feedback cerco di trattenere le reazioni, mi metto in uno stato d’animo curioso e provo a capire cosa vuole dire la persona che ho di fronte. Penso sempre che anche se il feedback sembra sbagliato, può nascondere buone intuizioni che possono farci crescere.

Quando arriva un feedback che mi sembra sbagliato oppure che è troppo diretto, mi fermo e cerco di fare delle domande per capire da dove venga il feedback (Che cosa ti fa dire questo? Che cosa ti preoccupa? Che impatto ha su di te?). Questo aiuta a ristabilire un ambiente propositivo e coinvolge tutti in una conversazione costruttiva.

Un’altra cosa che mi aiuta molto è ascoltarmi regolarmente durante la conversazione. Essere consapevole di come mi sento mi aiuta ad anticipare le mie reazioni e a rallentare le cose, se necessario.

In questo modo, sfruttiamo al meglio ogni feedback che riceviamo, anche quelli dati male, e possiamo decidere obiettivamente se vale la pena prenderlo oppure lasciarlo.

8. Guidare il pensiero degli altri, ma senza influenzarlo

Dare feedback è difficile, e darli rilevanti lo è ancora di più, soprattutto quando si parla di design con non-designer. I designer sanno già più o meno cosa guardare, o quasi sicuramente vi faranno ulteriori domande se siete stati troppo vaghi. Ma questo non è così ovvio per un non-designer che in alcuni casi si fionderà a darvi la prima risposta che gli viene in mente.

Chiedere feedback e aspettarsi che gli altri facciano tutto il resto da soli non è realistico. Dobbiamo riuscire a tirare fuori il giusto feedback dai non-designer facendo le domande giuste e dando suggerimenti, ma senza influenzare le risposte. In questo senso ricevere feedback somiglia molto a ciò che si fa quando si moderano delle attività di workshop.

Provo a dare suggerimenti e spunti, per esempio:

  • Ricordando i criteri di critique
  • Riprendendo le informazioni di contesto
  • Richiamando gli obiettivi della sessione
  • Mostrando come altri hanno risolto problemi simili (lo so, questo è influenzare 😅 ma se esposto in modo oggettivo, può aiutare le persone ad avere intuizioni per avviare discussioni utili)

Cerco di fare domande a risposta aperta che non influenzino il destinatario:

  • Chiedendo chiarimenti
  • Scavando ulteriormente attraverso domande laddering
  • Riformulando/interpretando
  • Chiedendo esempi

9. Mostrare alle persone il valore del loro contributo

Al di là di definire gli obiettivi della sessione e della moderazione, c’è un altro momento importante, al quale in passato non avevo mai dato troppo peso: la conclusione.

Cerco di chiudere la sessione sottolineando i risultati raggiunti e l’impatto che il contributo delle persone coinvolte avrà sui prossimi passi nella progettazione. Credo che questo sia un punto importante per far sentire gli altri parte del processo decisionale, e sono convinta che vedere l’impatto del proprio contributo incoraggi le persone a dare più feedback e ad aiutare anche in futuro.

Il modo in cui chiediamo feedback dipende da chi ci sta di fronte

Come chiediamo feedback e come decideremo di coinvolgere le persone dovrà dipendere dal contesto, dal progetto, ma soprattutto da chi ci sta di fronte.

L’obiettivo resta quello di creare una comprensione condivisa tra le persone. Quanto più c’è una lacuna nella comprensione del progetto e nel campo del design, tanto più sarà necessario fare qualcosa per diminuirla. Per esempio:

  • includere più dettagli e non dare nulla per scontato
  • fare delle pause tra una spiegazione e l’altra per lasciare il tempo di assimilare e riflettere su quanto detto
  • chiedere se è tutto chiaro o se ci sono domande
  • evitare di usare gergo tecnico quando non è necessario, oppure assicurarsi di spiegare ciò che si intende (in questo modo favoriamo anche l’apprendimento da parte degli altri)
  • evitare di procedere troppo velocemente

Non si tratta solo di adattare la sessione al livello di comprensione delle persone presenti, ma anche alla loro predisposizione a questo genere di attività. Una volta mi è successo di ritrovarmi in una sessione in cui ero io a fare critique da sola. Non perché fossi fisicamente sola, ma perché il cliente si è trovato spaesato, nonostante gli fosse stato spiegato in precedenza cosa avremmo fatto.

Può quindi succedere di dover allentare le formalità per far sentire le persone a proprio agio. Si può sempre provare a entrare in qualcosa di più strutturato più avanti e a piccoli passi.

Ho notato che ci sono alcune cose che rendono le sessioni di feedback più difficili

  • Quando si lavora da remoto è più difficile impegnarsi. Le persone tendono a fare altre cose dall’altra parte della telecamera, se non sono direttamente coinvolte. Ecco anche perché abbiamo deciso di introdurre un template di Miro.
  • È più difficile coinvolgere grandi gruppi (soprattutto a distanza) perché la gente dà per scontato che gli altri diano un feedback.
  • Troppi estranei nella stanza potrebbero portare alcune persone ad essere passive. In questo caso potrebbe essere interessante introdurre un ice-breaker all’inizio della sessione.
  • Chi non ha familiarità con la metodologia potrebbe spingere per avere un meeting classico. Prima della sessione inviate alle persone un ordine del giorno in cui spiegate la metodologia e assicuratevi di chiarire il valore di ciò che state cercando di fare.
  • Poca fiducia e rispetto tra le persone coinvolte può rovinare l’ambiente collaborativo e portare a continue tensioni e conflitti.

Ci sono un sacco di lati positivi nel rendere il feedback parte integrante della design culture

  • Promuove una comprensione condivisa e l’apprendimento reciproco
    Crea l’opportunità di imparare gli uni dagli altri e dà altre specializzazioni. Lavorare a stretto contatto con persone con background diversi può favorire la crescita personale e professionale. È bello vedere come con il tempo il team inizi a costruire un vocabolario condiviso e come si imparino cose nuove senza nemmeno rendersene conto.
  • Mantiene tutto il team aggiornato sullo stato del progetto e i problemi vengono esposti e rilevati prima
    Le idee sono continuamente messe in discussione e sottoposte a stress-test. È raro che vengano sollevate obiezioni o casi limite che non siano già stati presi in considerazione.
  • Nuove prospettive vengono portate al tavolo per affrontare lo stesso problema in modo innovativo e fa sentire tutti responsabili del progetto
    Coinvolgere tutti nel processo ci aiuta a sfruttare le competenze di diverse discipline fondamentali per affrontare lo stesso problema in modi diversi. Aiuta a trarre vantaggio dai vincoli, poiché lavori fianco a fianco con coloro che conoscono i limiti tecnici.
  • Mi ha aiutato ad aumentare le mie capacità comunicative, promuovendo al contempo una design culture all’interno dell’azienda e tra gli stakeholder
    Ci aiuta a migliorare le nostre capacità di comunicazione e di moderazione, articolando le scelte di design agli altri stakeholder. Portare altre persone dietro le quinte ci aiuta a promuovere la design culture all’interno dell’azienda, insegnando ai non-designer a pensare come un designer.
  • Rafforza l’intero team e abbatte i silos
    Passare più tempo insieme aiuta a conoscersi meglio e migliora il lavoro di squadra.

Considerazioni finali

Ricevere feedback è estremamente importante, sono proprio questi che ci permettono di crescere. Ma il primo passo per ottenere feedback rilevanti dalle persone è imparare come chiederli, soprattutto se si ha a che fare con dei non-designer. Il modo in cui chiedere feedback dipende da chi ci sta di fronte, ma l’obiettivo finale è quello di creare una comprensione condivisa di ciò che stiamo cercando di realizzare e guidare le persone verso il tipo di feedback di cui abbiamo bisogno.

Costruire una cultura aziendale orientata al feedback richiede sforzo e impegno, ma col tempo diventa sempre parte integrante del processo. Tuttavia, è qualcosa che deve essere continuamente coltivato e promosso. È facile ricadere nelle vecchie abitudini.

Non c’è niente come ricevere feedback sul lavoro di design da un altro designer, ma trovare il modo di includere nel processo anche i non designer, ognuno con le proprie prospettive e i propri punti di forza, è un’enorme opportunità per crescere, non solo come persone, ma anche come team e come organizzazione.

Storie di design, esseri umani e interazioni.

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