Il primo gruppo ad editare embrioni umani porta la tecnica più vicina alla prassi ospedaliera

Rivelati i dettagli della ricerca sull’editing di embrioni umani: un difetto genetico è stato rimosso grazie al CRISPR.

Embrioni umani, appena fecondati (a sinistra) e allo stadio ottacellulare (a destra), il cui DNA è stato editato con il CRISPR.

Il dibattito pratico ed etico riguardo all’utilizzare il metodo CRISPR per editare il DNA umano è diventato sempre meno ipotetico.

Ad una settimana dalla notizia di un esperimento sugli embrioni umani, il team statunitense ha pubblicato la prima rigorosa dimostrazione per cui il CRISPR possa efficacemente riparare dei difetti genetici — in particolare un difetto cardiaco letale — senza introdurre mutazioni genetiche. Sebbene gli embrioni creati in laboratorio non siano poi stati lasciati sviluppare all’interno di una madre, il team di ricerca, guidato dall’embriologo Shoukhrat Mitalipov dell’Università di Portland, ha dichiarato che il risultato ottenuto faccia intuire un’applicazione clinica per evitare la trasmissione di difetti genetici.

Il loro approccio sembra evitare tutti i problemi di imprecisione nell’editing, che precedenti test su embrioni umani avevano riscontrato. I ricercatori concludono, perciò, che la loro tecnica è un’opzione di salvataggio per quegli embrioni impiegati nella fecondazione in vitro (FIV), che normalmente verrebbero scartati. Mancano delle prove d’efficacia a lungo termine, e molti ricercatori ed esperti di etica hanno consigliato di confinare l’editing della linea germinale umana — ovvero l’introduzione di cambiamenti permanenti ed ereditabili che correggono le malattie genetiche, ma lasciano intuire anche cambiamenti di altri tipi — alla sola ricerca scientifica in ambito biologico.

“Onestamente, mi sento un po’a disagio con l’intento di queste nuove prove di laboratorio. Non penso che abbiano avuto solo la ricerca come scopo: più che altro volevano rendere possibile la loro applicazione anche negli ospedali”, Jennifer Doudna, biologa molecolare all’Università di Berkeley (California) e pioniera del metodo CRISPR.

Mitalipov aveva già condotto altre ricerche sugli embrioni eticamente problematiche. Aveva ad esempio creato una tecnica per fermare la trasmissione di mutazioni genetiche pericolose all’interno dei mitocondri (organelli cellulari con dei geni propri) di una donna, trasferendo il suo DNA nucleare in un ovulo proveniente da un’altra donatrice. L’esperimento è stato molto controverso, dato che il feto avrebbe ereditato i caratteri genetici di tre individui.

L’esperimento sul CRISPR è stato ancora più difficile da argomentare, dice Mitalipov. La prima proposta all’Università di Portland risale a 3 anni fa. Il suo piano era quello di utilizzare il CRISPR per tagliare il gene MYBPC3 nel momento in cui la sua mutazione provocava l’ingrandimento del cuore, causa di morti per arresto cardiaco anche nei giovani atleti apparentemente sani. I ricercatori avrebbero poi inserito un pezzetto di DNA che conteneva la sequenza sana. Avrebbero poi lasciato la ricomposizione del DNA al corpo, sperando che utilizzasse la sequenza di DNA corretta.

L’Università aveva appositamente creato due comitati per giudicare la proposta: uno si sarebbe occupato del punto di vista etico, l’altro della parte scientifica. Alcuni dei membri — rimasti anonimi anche a Malipov — hanno esitato ad autorizzare la richiesta. Gli alti tre esperimenti pubblicati che hanno coinvolto embrioni umani, eseguiti da team di ricerca cinesi, hanno utilizzato un piccolo numero di embrioni e hanno fatto pensare che gli enzimi del CRISPR ogni tanto tagliano delle sequenze di DNA non designate. Hanno anche ottenuto degli embrioni affetti da mosaicismo: una porzione delle loro cellule conteneva il gene sano, mentre altre contenevano quello malato. I membri dei comitati hanno perciò pensato che la tecnica proposta potrebbe risultare inefficiente e rischiosa per le attuali procedure di FIV, ricorda Mitalipov.

Altri hanno invece messo in discussione l’utilità del metodo CRISPR. Una persona con una mutazione del gene MYBPC3 ha comunque una probabilità del 50% di ricevere la copia sana, e i medici sono già in grado di selezionare gli embrioni durante la FIV (è molto raro trovare persone con due copie del gene malato, e di solito la loro condizione clinica è molto grave). Mitalipov ha preso di petto i membri riluttanti del comitato, spiegando il proprio punto di vista: “Buttare via il 50% degli embrioni in fase di fecondazione, sapendo di poter correggere la mutazione, è moralmente sbagliato”.

Dato che durante l’esperimento venivano creati e distrutti embrioni umani, il progetto non ha potuto accedere ai fondi per la ricerca statali. Il laboratorio dell’Università di Portland ha utilizzato dei fondi istituzionali; i collaboratori all’Istituto di Biologia Salk a San Diego hanno ricevuto i fondi da tre associazioni caritatevoli; i collaboratori Cinesi e Coreani hanno invece ricevuto fondi federali o regionali.

Il gruppo all’Università di Portland ha ricevuto gli ovuli da una donna sana appositamente selezionata e retribuita; lo sperma invece, proveniva da un uomo in cui l’istituto cardiovasculare dell’Università aveva identificato una copia del gene MYBPC3. Invece di inserire il CRISPR a distanza di qualche ora dalla fecondazione, come negli esperimenti precedenti, Mitalipov e il suo team lo ha inserito contemporaneamente allo sperma, sperando di contrastare il mosaicismo: era importante riuscire ad inserire il CRISPR prima che l’oculo fecondato si dividesse, creando delle copie del gene modificiato. Per contrastare, invece, tagli non intenzionali, il team ha utilizzato una versione a vita più breve del CRISPR, i cui enzimi ed RNA non sarebbero rimasti a lungo in circolazione dopo il loro primo taglio.

Dei 58 embrioni sviluppati dopo l’iniezione del CRISPR, circa tre quarti di loro erano perfettamente sani. Nessuno di loro presentava la copia difettosa del gene MYBPC3 ereditata dal padre, riportano i ricercatori sulla rivista Nature. Inoltre, non c’era alcun segno che il CRISPR avesse tagliato sequenze che non doveva.

Inaspettatamente, tutti gli embrioni a parte uno hanno riparato il gene MYBPC3 utilizzando la copia sana del gene (ereditata dalla donatrice dell’ovulo), invece di quella fornita dal CRISPR. Facendo il paragone con cellule più sviluppate, forse l’embrione “si è evoluto per riparare più efficacemente gli errori nella sequenza di DNA”, come suggerisce Jun Wu, biologo specializzato in cellule staminali all’istituto Salk, che ha collaborato al progetto. (Mitalipov, però, suggerisce che il processo di riparazione di questi embrioni non dovrebbe essere così efficiente se eredita copie del gene malato da entrambi i genitori. Per contrastare quest’ultimo caso, i ricercatori avrebbero bisogno di un DNA editato molto più efficace).

“Questo documento sembra aver alleviato molte preoccupazioni sui rischi connessi alla tecnica”, dice George Daley, ricercatore di cellule staminali al Boston Children’s Hospital e preside della facoltà di Medicina di Harvard, “ma è veramente, veramente importante non generalizzare e non farsi cogliere dall’entusiasmo.” L’efficacia e la precisione del trattamento dipendono dal gene da editare, osserva.

Per alcuni medici, anche un leggero aumento del numero di embrioni da poter fecondare in vitro è un motivo valido per rivolgere le attenzioni al CRISPR. Anche se metà degli embrioni non ha ereditato il gene mutato, quelli con il gene sano potrebbero nascondere altre anomalie, specialmente da coppie di genitori più in là con l’età. Trovare anche un solo embrione sano con lo screening potrebbe essere molto difficile, dice James Grifo, un endocrinologo riproduttivo al Centro Medico Langone presso l’Università di New York. “Non penso che dovremmo fare gli allarmisti con queste possibilità di cura”.

Ad inizio anno, tuttavia, si è riunito un comitato formato dall’Accademia Nazionale delle Scienze e dall’Accademia di Medicina di Washington, prendendo una posizione molto diversa: l’editing della linea germinale umana dev’essere permesso sono nella situazione in cui una coppia non abbia alcuna possibilità di partorire un figlio sano. Con la nuova ricerca “abbiamo già una caso che mette alla prova questi criteri”, dice Jeffrey Khan, esperto di bioetica all’Università di Baltimora, e membro del comitato. “Visto che questi risultati di ricerca continuano ad accumularsi… a che punto arriverà qualcuno e dirà di usarli in un contesto clinico?”

Mitalipov condivide la stessa preoccupazione: è probabile che verranno editati degli embrioni in contesti clinici, senza aver capito del tutto il processo. Il Congresso Statunitense proibisce alla FDA (l’amministrazione per Cibi e Medicine) di approvare dei test clinici che prevedano l’editing di embrioni. Simili restrizioni erano presenti anche per il test di Mitalipov sui mitocondri, ma già l’autunno scorso uno specialista di fertilità americano aveva utilizzato quel metodo per generare un bambino apparentemente sano in Messico. Mentre Mitalipov e il suo team continuano a migliorare e ottimizzare la tecnica di gene-editing per possibili test clinici, “non trasferiremo gli embrioni in un utero senza essere sicuri al 100% di quello che succederà”, dice. Ma, aggiunge, “le cliniche private, prima o poi utilizzeranno il nostro metodo. In un modo o nell’altro.”

Tradotto in Italiano. Articolo originale: Science

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