Habeetat goes Titanium

Francesca Postiglione
weBeetle
Published in
9 min readMar 4, 2024

Un resoconto del nostro workshop “Team Building e collaborazione” per Titanium di iBicocca.

Nell’albo illustrato “Il piccolo giardiniere” di Emily Hughes, pubblicato in Italia dalla casa editrice Settenove, si racconta di un giardiniere piccolo, minuscolo quanto granello di sabbia e del suo giardino, grande, esteso quanto l’occhio poteva vedere. Il giardino rappresentava tutto per lui: casa, sostentamento, gioia. Lavorava indefesso, giorno e notte, ma si sentiva troppo esiguo per mantenere la sua vastità (o almeno così pensava).

Solo una cosa fioriva rigogliosa in mezzo a quel mare di verde: un fiore rosso, con uno stelo alto e vigoroso che alimentava in lui una speranza inesausta, spingendolo a non arrendersi mai. Ma un giorno, il giardino morì, e con esso svanirono la casa, il cibo e la gioia per il minuscolo giardiniere.

Una notte, il minuscolo giardiniere fissò la luna e formulò un desiderio, con la sua voce flebile: “Vorrei solo un po’ di aiuto”. Nessuno lo udì, ma qualcuno notò quel fiore. Era rosso, con uno stelo così imponente da suscitare nei cuori di chi lo osservava la speranza di rinvigorire un giardino vasto e splendido.

Questa storia racconta una grande verità, quasi banale, ma con una forza narrativa tale da poterla rendere manifesta anche agli occhi delle bambine e dei bambini che, in qualità di piccole persone, non hanno ancora sperimentato per bene la gestione della complessità e capito che nessunə si salva da solə.

Questa grande verità l’abbiamo tenuta bene in mente nella progettazione del primo workshop che abbiamo tenuto per Titanium di iBicocca, un percorso di pre-accelerazione sviluppato con il supporto di WeBeetle, che figura come advisor, che è dedicato a chi ha un’idea di start-up e che i figura tra i percorsi di questo grande progetto formativo dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Partiamo da una constatazione -che suonerà banale-: Le persone sono una risorsa fondamentale per una start-up (come per qualsiasi altro progetto), se scelte male possono essere la prima causa di fallimento del progetto stesso che, ricordiamocelo, è sempre dietro l’angolo.

Tant’è vero che l’inadeguatezza di un team rappresenta una delle prime cause del fallimento di una start-up.

Entrando nell’argomento, possiamo affermare che uno dei motivi più comuni di fallimento per le start-up risiede infatti nella complessità delle dinamiche interpersonali: dalla gestione delle risorse umane alle personalità divergenti, dai frequenti cambi di personale ai nuovi ingressi nel team.

Ma quindi cosa dobbiamo fare per capire se le persone che lavorano ad un progetto sono portatrici delle “competenze adeguate”?

Quelle che agiscono come le connessioni invisibili tra le stelle della costellazione. Le competenze, come la comunicazione efficace, il problem solving, il lavoro di squadra e la leadership, che valicano i perimetri dei settori e sono essenziali per il successo professionale in qualsiasi contesto lavorativo. Quelle abilità che consentono alle persone di adattarsi, collaborare e crescere sia personalmente che professionalmente, indipendentemente dal campo specifico di lavoro.

Non esiste una ricetta, una formula da applicare, non ci crediamo in queste cose. Utilizzare un unico approccio significa sostenere che esiste una sola tipologia di persona, di cervello, un tipo di personalità. Questa cosa non è plausibile e qualora lo fosse…che noia!

Quindi, senza metterci in cattedra, abbiamo deciso di accompagnare lə ragazzə di Titanium in un viaggio tra gli strumenti, le liturgie, le traiettorie di sviluppo che un gruppo di lavoro segue per diventare quello che viene definito un team ad alte prestazioni.

Un team che, dopo un percorso, ha acquisito la capacità di auto-organizzarsi in modo efficace e di gestire le proprie attività in modo autonomo. Un team che dimostra una notevole flessibilità nell’adattarsi ai cambiamenti e mantiene uno slancio costante nel perseguire il miglioramento continuo. Persone tra le quali si è instaurato un clima di sicurezza psicologica, dove nessuno ha il timore di esprimersi liberamente, condividendo le proprie vulnerabilità e mostrando coraggio nell’esplorare nuove soluzioni.

Per raccontare il percorso di sviluppo da gruppo di lavoro a team ad alte prestazioni abbiamo scelto come cornice teorica di riferimento il modello a cinque stadi di Tuckman (1965), sviluppato dallo psicologo Bruce Tuckman, che offre una prospettiva teorica sulla progressione evolutiva dei gruppi e che si ispira ai processi naturali di sviluppo individuale, dalla nascita alla maturità adulta. Questi stadi includono l’orientamento e la dipendenza iniziale, la ribellione all’autorità, la socializzazione primaria e infine la maturità. Ogni gruppo attraversa queste fasi mentre si struttura e si sviluppa nel corso del tempo, dall’inizio alla conclusione del suo ciclo di vita.

Fonte: The coaching tool company

Per favorire il consolidamento degli stadi del modello abbiamo deciso di mostrare strumenti che in weBeetle utilizziamo quotidianamente e che potessero simulare il ciclo di vita di un team. La progettazione si è sviluppata utilizzando la messa in situazione, un approccio educativo che si basa sull’inserire gli studenti e le studentesse in contesti reali o simulati, in cui possano applicare le conoscenze teoriche acquisite in fase di apprendimento. Un metodo che mira a favorire l’apprendimento attivo e significativo, permettendo a chi apprende di affrontare problemi concreti o situazioni pratiche che richiedono l’uso delle competenze acquisite. L’obiettivo è quello di stimolare l’interesse, la partecipazione e l’autoapprendimento, promuovendo nel contempo lo sviluppo di competenze trasversali come la risoluzione dei problemi, il pensiero critico e la collaborazione.

FORMING

Nel primo stadio del modello, chiamato forming, si entra nel periodo iniziale di formazione del gruppo, durante il quale i membri esplorano le dinamiche relazionali per comprendere i comportamenti appropriati e gli obiettivi da perseguire. Questo è un momento di avvio in cui i ruoli, le aspettative reciproche e il target del gruppo non sono ancora chiari, quindi i membri tendono a guardare al leader per orientamento, facendo richieste più o meno esplicite su come procedere.

Ognuno si basa sulle proprie esperienze passate per decidere il modo migliore di affrontare la situazione.

Le comunicazioni in questa fase sono spesso limitate e superficiali, poiché il gruppo sta ancora cercando di stabilire una base solida per il lavoro futuro.

Per questa fase abbiamo fatto in modo che i gruppi utilizzassero la matrice RACI (già descritta in questo articolo ) uno strumento efficace che aiuta a assegnare e comunicare le responsabilità all’interno di un team o di un’organizzazione. Questo strumento fornisce una visione chiara delle persone coinvolte in un’attività, in che modo sono coinvolte e quale ruolo svolgono al fine di raggiungere gli obiettivi che ogni team si propone di raggiungere.

STORMING

Il secondo stadio del processo di formazione del gruppo, noto come storming (da storm, tempesta), prende il nome dal clima caratterizzato da conflitto che emerge in questo periodo. Si manifesta con una ribellione verso il leader, ostilità reciproca tra i membri, rifiuto delle responsabilità e resistenza alla formazione del gruppo stesso. La leadership può mitigare questi “sintomi”, ma ciò potrebbe causare una crisi implicita che non favorisce la qualità del lavoro da svolgere. È fondamentale che ogni membro del team esca dalla propria zona di comfort per collaborare e raggiungere gli obiettivi comuni. Durante questa fase, il team raggiunge il suo livello minimo di efficienza, poiché i conflitti irrisolti diventano ostacoli al raggiungimento della massima prestazione. Tuttavia, un team maturo comprende che i conflitti sono parte integrante del processo e che la chiave è la capacità di riconoscerli e risolverli immediatamente.

La fase di storming è stata simulata introducendo la liturgia della retrospettiva che, nel contesto dei framework agili, è un’attività chiave che si svolge alla fine di ogni sprint all’interno del ciclo di sviluppo del software. È un momento dedicato al team per riflettere sulle attività svolte durante l’iterazione, identificare ciò che è stato fatto bene e ciò che potrebbe essere migliorato, nonché pianificare azioni correttive per le future iterazioni.

Durante la retrospettiva, il team si riunisce per discutere apertamente e in modo costruttivo su vari aspetti del processo di sviluppo, inclusi i processi di lavoro, la comunicazione, la collaborazione e le pratiche tecniche. L’obiettivo è quello di identificare eventuali problemi o ostacoli che hanno influenzato la produttività o la qualità del lavoro svolto, nonché per individuare opportunità di miglioramento continuo.

La capacità di riconoscere, gestire e risolvere i conflitti è una competenza che si acquisisce gradualmente nel tempo e che permette al team di avanzare verso lo stadio successivo del modello di Tuckman.

NORMING

Il terzo stadio descrive un periodo definibile come normativo, noto appunto come come norming, in cui il gruppo sperimenta un clima positivo caratterizzato da un forte senso di coesione e impegno nel rendere il team efficace. Si sviluppano norme che regolano le relazioni interpersonali e l’esecuzione dei compiti, facilitando la libera circolazione delle informazioni e promuovendo la fiducia reciproca. Quando il team diventa consapevole dei conflitti e riconosce l’importanza della loro risoluzione collaborativa, si avanza gradualmente nella fase del norming.

In questo periodo, il team potrebbe non essere ancora esperto nelle tecniche di risoluzione dei conflitti e necessitare di ulteriore allenamento, ma ha reso pubblici i propri conflitti e dimostra la volontà di superarli insieme, migliorando significativamente il clima di squadra. Superata la fase di tempesta, si consolida il senso di unità e i membri iniziano a percepire di far parte di un team coeso. Durante il norming, il team si autoregola e si definiscono i contributi individuali allo sviluppo del lavoro. Aumenta la trasparenza e di conseguenza la fiducia, mentre vengono sviluppati gli strumenti e le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi prestabiliti.

Per simulare questo stadio abbiamo coinvolto lə partecipantə in una attività di redazione di un team agreement utilizzando la metodologia dell’Open Space Technology e il Consent Decision Making per rendere più snello e veloce possibile il processo decisionale.

PERFORMING

Il costante allenamento nella gestione dei conflitti e il miglioramento continuo dei processi di lavoro portano il team nello stadio del performing, in cui si raggiunge la massima efficienza. Questo stadio caratterizza un gruppo maturo al quarto livello, concentrato sul compito e con i problemi relazionali risolti positivamente. I ruoli diventano flessibili e funzionali, e l’energia del gruppo è diretta verso gli obiettivi. Come già menzionato, il gruppo è in grado di auto-organizzarsi e gestirsi autonomamente, adattandosi rapidamente ai cambiamenti e mantenendo un impeto costante nel processo di miglioramento continuo.

Abbiamo simulato questa ultima fase, coinvolgendo i gruppi in due giochi in cui si analizzava la performance in contesti controllati da persone esterne e in contesti in cui il team doveva necessariamente auto-organizzarsi per raggiungere un obiettivo dato.

L’allenamento alla gestione del conflitto è stata invece simulata attraverso un role playing sul feedback e il feedforward, ponendo l’accento su quando la cura della comunicazione interna sia un fattore trasversale in tutti gli stadi.

Costruire un team significa costruire rapporti di fiducia ed essere consapevoli che il nostro bagaglio personale non è sempre sufficiente. Dobbiamo poter contare sul talento, le competenze e la sensibilità delle persone che insieme a noi hanno intrapreso un viaggio.

Confidare nelle persone intorno a noi e basare le nostre relazioni su un fondamento di empatia ci permette di costruire una dimensione relazionale che apprezza e valorizza le diversità. Questo coinvolge la comprensione delle abilità delle persone, in modo da poter distribuire le risorse nei vari contesti lavorativi e permettere a ciascuno di esprimersi al meglio, facilitando così il proprio sviluppo e la propria crescita.

Speriamo, di fase in fase, di esercizio in esercizio, di aver trasmesso questo. Solo questo.

P.S. Per completezza, è doveroso sottolineare che il modello di Tuckman prevede anche un ultimo stadio, il quinto, l’adjourning, o periodo di sospensione, che rappresenta la fase finale del ciclo di vita del gruppo, che precede il suo scioglimento. In questo periodo, si osserva un certo distacco emotivo, poiché i membri si preparano mentalmente alla conclusione dell’esperienza di lavoro insieme. Ma noi siamo meridionali, viviamo in Campania, e in linea con lo stereotipo che ci racconta come superstizios* abbiamo deciso di non raccontarlo, giusto per augurare lunga vita ai team che ci hanno ascoltare. E poi, non si sa mai 😉

Tié 🤘

Il lavoro descritto in questo articolo è stato pensato, progettato e sviluppato insieme ad Anna Grazia Longobardi e Paolo Parente, le due persone -fondamentali- con cui ho intrapreso questo viaggio.

Questo articolo è stato scritto ascoltando Andrea Laszlo De Simone, soprattutto Conchiglie.

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Francesca Postiglione
weBeetle

Facilitator & Corporate Trainer @weBeetle, psycholinguist, unaware nerd, picture book lover, mamma di Anita e Alma.