“Un altro Boldini” e “Bagliori di classe” di Melisa Garzonio (Corriere della Sera) #ExpoBoldini

Silvia S. Castello © 🎼
6 min readJun 10, 2022

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In occasione della mostra “Boldini. Les plaisirs et les jours” in corso al Petit Palais di Parigi, pubblico due bellissimi articoli di mia madre, Melisa Garzonio, “Un altro Boldini” e “Bagliori di classe” (Corriere della Sera).

mia madre, Melisa Garzonio, primavera 1968, foto scattata da mio padre, Virgilio. Sposati da alcuni anni: “Eravamo due ragazzi al culmine dell’amore”. Melisa Garzonio
Giovanni Boldini, Ritratto di Signora

“Bagliori di classe” di Melisa Garzonio

Modelle, attrici, principesse, così Boldini immortalò il fruscio della Belle Époque. (Corriere della Sera, 15 Febbraio 2019)

I visitatori strabuzzavano gli occhi, l’impressione era di stare davanti a corpi vivi, abbigliati in sontuosi e vorticanti abiti da sera. Visitare una mostra di Boldini nella sfavillante Parigi della Belle Époque era come assistere a una sfilata di moda. Incastonata in sfarzose cornici, nei ritratti dove il colore sembra frusciare nelle pieghe di pizzi e velluti, scorre una lunga storia di signore e signorine che affidavano la loro sensualità e ascesa sociale alla cura esasperata delle toilette, facendosi anticipatrici inconsapevoli del glamour moderno. Erano principesse, nobildonne e attrici, modelle, ballerine famose e anonime femme fatale. Il pittore le chiamava devotamente “divine” e loro devote, ricambiavano sorridendo dalle tele negli abiti cuciti sui loro corpi dai vari Worth, Pingat e Laferrière, Doucet, le sorelle Callot e più tardi Mariano Fortuny, i migliori couturier dell’epoca, che lasceranno un segno sui grandi del futuro, da Giorgio Armani a Alexander Mc Queen a John Galliano.

Ricordava Christian Dior: “Delle donne della mia infanzia mi resta soprattutto il ricordo dei loro profumi, profumi persistenti che impregnavano l’ascensore per molto tempo dopo il loro passaggio, dei vortici di pelliccia, dei gesti alla Boldini, delle piume del paradiso, dei collier d’ambra”.

Eh sì, le donne dei quadri, sembravano ammiccare come “dei grandi fiori viventi che il desiderio coglie e respira”. L’impressione, assai sensuale, era stata coniata dallo storico dell’arte e poeta francese Jean-Louis Vaudoyer per il catalogo della mostra-omaggio a Giovanni Boldini che si tenne il 7 maggio del 1931 alla galleria Charpentier di Parigi, a pochi mesi dalla morte dell’artista. L’emozione è la stessa che, presumiamo, si proverà domani visitando la mostra del pittore ferrarese al Palazzo dei Diamanti, “Boldini e la moda”, titolo inconsueto per una mostra dell’ex macchiaiolo, che “finalmente viene qui riconosciuto come ‘pittore dell’eleganza’ ”, spiega la curatrice Barbara Guidi, che con la collaborazione della storica della moda Virginia Hill, ha suddiviso le opere, oltre cento tra dipinti, disegni, libri e documenti dell’epoca, in sei sezioni patrocinate da grandi letterati.

Se Charles Baudelaire esalta Boldini come il pittore che riscatta il nero, in cui vediamo splendida, l’americana Edith Vanderbilt, e Oscar Wilde ne loda la capacità di donare energia semplicemente accordando neri, grigi e bianchi, sulle magnifiche silhouette, ecco Marcel Proust spettegolare sulle signore che si sottoponevano a diete strazianti per diventare degne di un ritratto ‘alla Boldini’ nell’atelier di Rue de la Paix, e l’americano Henry James che fa dire a Madame Merle in Ritratto di signora “So che gran parte di me è nei vestiti che scelgo e che indosso”, in accordo col Vate D’Annunzio, amante del lusso estremo, che presentò a Boldini la divina attrice e ballerina russa Ida Rubinstein.

Già, la bellezza delle donne, parigine soprattutto, di cui Giovanni Boldini fu superbo interprete. Come se la fase giovanile del pittore, trascorsa tra Firenze, il Tamigi e i primi approcci francesi venisse rimossa a favore della lunga stagione della maturità, quando diventa in via esclusiva il ritrattista della femminilità fin de siècle. La sfilata delle divine di Boldini è impressionante, a Ferrara è tutto un brillare di icone: da Madame Rita Lydig a Mademoiselle Lantelme, dalla fatale Luisa Casati a Cleo de Mérode, da Donna Franca Florio alle giovani muse come Peggy o Lina. Peccato che le gioie della Belle Époque avessero il tempo segnato. Nobildonne, modelle, attrici, poeti maledetti, e dandy alla Robert de Montesquiou, l’esteta definito da Marcel Proust “Principe della Decadenza”, (e meravigliosamente dipinto da Boldini), a breve saranno demodé, cancellati dalla Grande Guerra.

#ExpoBoldini fino al 24 luglio 2022

Articoli di Melisa Garzonio pubblicati sul Corriere della Sera e ViviMilano dagli anni ’80 fino alla scomparsa. Vedi L’Archivio di Via Solferino & Corriere Cultura

“Un altro Boldini” di Melisa Garzonio

Luisa Casati, Franca Florio, Mademoiselle Lanthelme, Eulalia di Spagna, Cleo de Merode, di cui Gérard Bauër, nipote di Dumas padre, si domanda se, a buon diritto, non possa ritenersi «la nostra Gioconda» del Novecento. Solo per citare le bellezze più note. È più mito Boldini o le seducenti graziose da lui ritratte? Potrebbe essere l’argomento di una delle tante mostre dedicate all’artista ferrarese. Invece no. Dimenticate queste signore di bellezza esagerata, (quasi) manieristica. Non fatevi (troppo) sedurre dagli occhi neri della Dama di Biarritz (al secolo, la bella e rampante francesina Charlotte Cybar-Barthe, ritratta in un tripudio di sete rosa) stampata sulla locandina della mostra «Boldini. Lo spettacolo della modernità», che apre domani ai Musei San Domenico di Forlì. Avviso ai naviganti, a chi si aspetta la «solita» mostra di Boldini, tutta lusso e chiccherie: le vere sirene della rassegna forlivese non sono i signori e le signore alla moda, le demoiselles avvolte in mantelli neri alla Manet, i dandy con le mani dalle dita sfrangiate alla Frans Hals, le scollature troppo osée. La parabola di Boldini, il ferrarese che, dopo trascorsi a Firenze e sul Tamigi, si trasferì per sempre nella Parigi fin de siècle, dove morì 89enne nel 1931, non si esaurisce con le parole blasé del conte Robert de Montesquiou, l’inarrivabile esteta che per i magnifici ritratti femminili inventò l’espressione, sensualissima, di femme-fleures. E nemmeno con le sommarie diagnosi dei tanti oppositori, in particolare francesi, a volte molto infastiditi da quest’arte «spumeggiante, saltellante, tutta un abbaglio di ricami, di passamanerie, rasi, dorature, urletti di colore…», come la definì nel 1877 Edmond Duranty. Senza nulla togliere alla celebrità del ritrattista, Fernando Mazzocca e Francesca Dini ci fanno vedere un Boldini praticamente sconosciuto. Sistemate le «jolies femmes» sullo sfondo, nelle sale al piano terra, subito dopo gli autoritratti, i disegni e la grafica, i ritratti degli amici e dell’atelier, i curatori hanno estratto dal cilindro due straordinari affreschi di argomento agreste, in schietto stile macchiaiolo: una veduta di palme ed aranci sotto un cielo striato di celeste pallido, e una contadina che raccoglie il bucato: i panni mossi dal vento stesi tra le canne, un’immagine di realismo intenso, potente. Sono parte di una serie realizzata tra il 1866 e il 1868 nella Villa detta «la Falconiera» a Collegigliato, nei pressi di Pistoia, residenza della famiglia inglese dei Falconer, dove Boldini fu di casa prima della «fuga» definitiva a Parigi. E qui vale la pena di aprire un capitolo, non solo perché si tratta di due opere mai esposte in una mostra, ma anche perché la storia, nella biografia curata da Emilia Cardona, l’intraprendente giornalista trentenne che il maestro ottuagenario sposò nel 1929, portandola a vivere nella sua bella casa di boulevard Berthier, si palesa con i contorni di un thriller. Riportano le cronache che durante il pranzo di nozze, l’artista, cui la vecchiaia aveva regalato un certo charme ammorbidendo le giovanili spigolosità da gnomo sgraziato, abbia sussurrato ai vicini di tavola: «non credetemi un rammollito, non è colpa mia se sono nato tanto presto e lei tanto tardi…». Dopo tante avventure, il cinico «nano strafottente» si era finalmente convertito a un matrimonio d’amore? Tornando agli affreschi, la signora Isabella Robinson Falconer, nella primavera del 1868, aveva commissionato al pittore la decorazione murale della sala da pranzo del suo villino. Voleva scene di vita contadina, galline ruspanti, vedute agresti e marine colorate. Boldini, alla sua prima prova nell’affresco a secco, si mise al lavoro con la disinvoltura di una decoratore nato. Un mese, due, poi l’entusiasmo scemò. Isabella la prese male, minacciò il licenziamento. Litigarono, fecero pace. A novembre gli affreschi vennero completati. Il loro ritrovamento si deve alla moglie Emilia. Nel 1938, sulla traccia di pochi e ricordi del marito, la signora si era messa a cercare casa Falconer. Dopo averla ritrovata, l’acquistò e fece dono a Pistoia dei bellissimi affreschi. Nel 1974/1975 questi vennero staccati e dopo un restauro nei laboratori fiorentini di Palazzo Pitti, trovarono la loro definitiva collocazione nel Palazzo dei Vescovi di Pistoia. Non solo, dunque, belle dame (come Madame de Florian, protagonista tra l’altro del romanzo Un favoloso appartamento a Parigi di Michelle Gable, Newton Compton). È un altro Boldini.

© Melisa Garzonio — Corriere della Sera — Sabato 31 Gennaio 2015

Vedi anche “Il Corriere della Sera compie 140 anni.
La sua storia in un dorso di 96 pagine. Il 5 marzo 1876 nasceva la testata di via Solferino. In un numero da collezione, le firme più autorevoli (di ieri e di oggi).

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Silvia S. Castello © 🎼

Autrice/Artiste, UK Royal Reporter. (Journaliste, già correspondant diplomatique près le Saint-Siège). American Notes. Cultural Politics & Ideas