La sala dell’Olimpo — parte 8

Aleksander Wolinski Cecchin
3 min readMar 10, 2018

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«Siamo arrivati.»

«Arrivati dove? Qui non c’è nulla...» L’euforia di Rita si è convertita in apprensione.

Scendo dalla macchina e sposto alcuni pallet di legno impilati accanto alla parete.

«Questo è l’accesso alla bat-caverna», la ragazza mi guarda perplessa mentre scoperchio una botola che dà accesso ad un ambiente sotterraneo tramite una scala a chiocciola.

«Fate attenzione… soprattutto tu, Deadshot» dico rivolgendomi al mio amico criminale mentre incespica reggendo entrambe le bottiglie.

Pic by waltercallens

Una volta scesi al livello inferiore non si può non rimanere stupiti dallo scintillio della sala. Marmo bianco ovunque e specchi danno l’illusione di uno spazio luminoso e ben più grande del reale. Sulle pareti, sopra botti di legno, si susseguono bassorilievi raffiguranti scene mitologiche. Come se non bastasse, inframmezzate tra una botte e l’altra, sono posizionate statue di divinità greche a grandezza naturale. Dioniso ovviamente troneggia dall’altro lato della sala.

La tavola, già imbandita, è a ferro di cavallo con i due estremi rivolti verso la statua di Dioniso. A rendere il tutto più grottesco sono i binari di un trenino giocattolo, che si snodano lungo tutto il tavolo per poi inserirsi in due pertugi nella parete opposta, entrando nella cucina.

«Questa è un’altra delle tue...» dico a Dymitro. «Ormai non mi meraviglio più di nulla.»

Evidentemente quella bestia del mio compare è un cultore della storia, oltre che del cattivo gusto. A parte l’aver avuto un debole per i buoni vini ed il lusso, il Feldmaresciallo Goering, noto per aver insidiato la leadership di Hitler ed essersi suicidato con una capsula di cianuro la notte prima della sua esecuzione per impiccagione, indulgeva anche in altre passioni eccentriche ed infantili come quella dei trenini giocattolo.

«Prego, a te il posto d’onore», faccio accomodare Rita alla mia destra di fronte alla statua del dio del vino.

Non appena seduti, il trenino prende a muoversi e su alcuni vagoni iniziano a comparire piattini con pietanze tipiche moldave.

«Vodka e acqua non mancano, ma non vedo il vino...»

Dymitro dopo essersi accaparrato un Gogoshary, un sostanzioso peperone ripieno, mi avvicina le bottiglie centenarie trafugate poco prima.

«Non ci pensare nemmeno, non voglio intossicarmi...»

Manco a farlo apposta dall’unica porta della sala, quella sulla cucina, entrano due sagome sinuose reggendo un’anfora ciascuna.

Rimango rapito dall’entrata in scena di due donne dai capelli corvini: entrambe indossano vesti succinte che non riesco francamente a qualificare come tradizionali moldave o stile antica Grecia. Una di loro ha curve morbide e prosperose, mentre l’altra è leggermente più alta e slanciata; nonostante questo sembrano gemelle.

«Pochi giorni e parti con Dario. Il tempo di metterti in regola coi documenti.»

I bicchieri trovano finalmente la loro ragion d’essere accogliendo il Merlot servito dalle due sensali.

«Vedrai, non ci saranno problemi a scendere in macchina in Italia… qui tanti moldavi fanno il passaporto romeno per entrare nell’Unione europea.»

«Ma io sono ucraina… e se mi fermano?»

«Non devi preoccuparti, penso io a istruirti e a darti il necessario.»

Assalto rapido il vagoncino che trasporta uno spezzatino di tacchino in salsa di albicocche. Per fortuna il treno va in senso antiorario altrimenti finirebbe tutto nelle fauci di Dymitro che grugnisce dall’altra parte del tavolo.

Sta ingollando delle plachinte cosparse di formaggio di capra e di lardo. Un cibo decisamente rustico che discende dalle focacce mangiate dai soldati romani ai tempi di Traiano durante le campagne di conquista di queste terre; mentre le vedo fagocitate ravviso, con un certo disgusto, la loro somiglianza con la placenta umana.

«Al vostro viaggio!» Dymitro si alza in piedi e solleva il bicchiere dopo essersi pulito sommariamente la bocca.

«Budmo!» fa eco Rita, «possiate vivere in eterno.»

«Hey!» rispondiamo in coro alla maniera ucraina.

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Aleksander Wolinski Cecchin

Nasce a Padova nel 1981 da padre polacco e madre italiana. Giornalista pubblicista attento ai complessi rapporti tra Est e Ovest.