Vino e sangue sono una cosa sola — parte 9
Da lì in poi è un susseguirsi di brindisi, le nostre “schiave” greco-moldave non smettono di mescere vino solleticando l’insorgere di nuovi appetiti.
Invito Rita a sedersi sulle mie gambe e prendo a giocherellare con la sua bocca e degli acini d’uva. Ride e scopre di tanto in tanto la piccola cicatrice sopra l’occhio sinistro infiammando i miei sensi già surriscaldati dall’alcool.
Dall’altra parte del tavolo Dymitro non va per il sottile. La donna più prosperosa, versandogli del vino, si flette in avanti rivelando le sue forme, mentre i capelli le ricadono di lato in una cortina nera. Non fa tempo a ritirarsi che una mano grande e nodosa la afferra per la nuca e la stende sul tavolo mentre un’altra mano le scopre i seni.
Rita ha un sussulto di sgomento che placo subito con un bacio via via più torrido.
Dopo alcuni lunghi secondi vedo con la coda dell’occhio che Dymitro sta mangiando dei vareniki direttamente dal seno della prosperosa sensale…
Per nulla intimorita dalla piega che sta prendendo la cena, l’altra donna si avvicina e sussurra qualcosa in russo all’orecchio di Rita. Le due si scambiano un sorrisetto d’intesa e prendono a legarmi alla sedia con un drappo che decorava la botte alle mie spalle. Terminata l’operazione iniziano a baciarsi e strusciarsi davanti a me.
Tra i loro corpi intravedo la formazione di un nuovo groviglio di membra sul tavolo. Davanti a quell’ostacolo imprevisto il trenino deraglia e molti piatti cadono a terra.
«Ora sei mio…»
La donna davanti a me lascia perdere per un attimo Rita e con mani nervose mi slaccia il colletto della camicia.
Sul tavolo è tutto un viluppo di corpi che si ritorce: Dymitro ora si trova sotto la donna che con grande fervore inizia ad assaporare il suo membro.
Le altre due mi piantano in asso all’improvviso e si dirigono verso la cucina lasciandomi spettatore di quello che si sta consumando davanti a me.
La ragazza si ferma, gli solleva lo scroto e inizia a praticare un anilingus. Ad un certo punto annaspa col braccio tra i piatti sparsi e il vino rovesciato dall’anfora. La mano le ricade proprio sulla bottiglia di vino kosher dalla inconfondibile forma tozza…
«Zio stracan» sibilo mentre la vedo impiastrare il collo della bottiglia col lardo per le plachinte.
La testa inizia a pulsarmi e mi pervade un terribile senso di claustrofobia.
Dalla cucina esce l’altra donna, sola, ed inizia ad armeggiare con le statue. Dopo poco mi sale a cavalcioni e mi preme un’asta metallica sul collo dopo averne appoggiata un’altra sul tavolo.
«Mha…cass…» le parole mi si strozzano in bocca mentre sento un urlo lancinante, come di una bestia macellata viva. È uno spiedo a tutti gli effetti: l’asta rimossa dalla statua di Ares ha preso il posto della bottiglia di Goering, scalciata a terra e infranta. L’arma non è penetrata a fondo ma gli spasmi violenti di Dymitro hanno fatto sì che gli lacerasse le budella: è la fase finale di una corrida inaspettata.
Con un calcio sullo sterno l’altra baldracca mi spedisce contro la botte che ho alle spalle. Mi irrigidisco e poi con un forte strattone allento il drappo che mi lega allo schienale. Non faccio in tempo a scansarmi che un colpo micidiale mi fa esplodere la clavicola destra. È il tridente di Poseidone che col suo arpione principale spezza il mio osso come fosse un biscotto e si pianta nella botte, mentre un’altra punta mi si conficca nel collo.
Le urla di Dymitro si fanno sempre più bestiali e, mentre la vista si annebbia, vedo sgorgare dalla mia spalla un rivolo rosso: vino e sangue sono una cosa sola.