Rinascimento Cooperativo 1.0 ?

Architetture online autonome, progetti localizzati e coordinati, rifiorire di iniziative aperte e condivise.

bernardo parrella
4 min readJun 3, 2016

Proseguiamo nell’osservazione delle manovre social-monopoliste e, soprattutto, dei possibili rilanci di progetti indipendenti e iniziative di base tese a “riprenderci internet”, pur nel nostro piccolo. Anzi, il punto rimane quello di stimolare la conversazione e la partecipazione sul tema del #rinascimentocooperativo, come accennato in un post precedente e poi in un altro ancora.

L‘ultima notizia è che Facebook ha annunciato un’ulteriore espansione: il tracciamento e la pubblicità mirata per tutti gli utenti internet, che siano o meno membri della sua piattaforma. In altre parole, come spiega un ampio report del Wall Street Journal, il maggior social network al mondo ora vuole «diventare il numero uno anche come network delle inserzioni pubblicitarie», in diretta competizione con il gigante del settore finora, Google. Sarà una bella lotta di sicuro.

Peccato che, c’è da scommetterlo, ciò avverrà sempre più ai danni e sulle spalle di noi utenti, per di più “ignari”, vista l’ovvia predominanza degli algoritmi e la scarsa trasparenza (per usare un eufemismo) di simili attività.

Fortunatamente, diverse fonti si affrettano a spiegare quantomeno come fare “opt out” a livello individuale da quest’ennesima tecnica di tracciamento diffuso. Analoga opzione, a essere onesti, la offre pure Google, consentendoci cioè di sganciarci dalle sue inserzioni mirate — almeno così pare. Davvero troppo buoni, questi cyber-colossi, vero? Intanto però uno studio sulla privacy della Princeton University suggerisce che proprio la tecnologia di tracciamento di Google è praticamente onnipresente sul web, seguito a ruota, guarda caso, dagli altri big del social, Twitter e Facebook.

Neppure va sottovalutata la breve dell’ultimora, cioè che Facebook potrebbe ascoltare tutte le nostre conversazioni sul cellulare — tramite la sua app per device mobili. Almeno questo sostiene Kelli Burns, docente di comunicazioni di massa presso la University of South Florida. Ironica — meglio: inaccurata e fuori bersaglio — la pronta smentita del social network, che non userebbe «il microfono del nostro telefono per proporci inserzioni o cambiare auanto ci appare nei News Feed». Come se fosse quello il punto, e non che qualcuno dei suoi impiegati fosse o sia in costante ascolto delle nostre conversazioni!

La testata online Quartz interviene al volo per chiarire che in Usa Facebook segue questa pratica fin dal 2014, almeno potenzialmente e soltanto in base a specifiche circostanze. E aggiunge le istruzioni passo-passo per disattivare questa funzione sul proprio smartphone. Comunque sia, un altro passo falso e un nuovo grattacapo targato Facebook.

Nel complesso, cresce insomma l’idea (e la pratica) per cui la nostra stessa esistenza come cittadini digitali non possa più fare a meno di simili “servizi tuttofare” o meglio: “monopoli della piattaforma”, per citare ancora dall’ultimo libro di Geert Lovink, L’abisso dei social media. Il quale non è certo l’unico a incoraggiare un passo forse arduo ma cruciale:

mollare le odierne mega-piattaforme social per dare avvio a un “rinascimento cooperativo” online — impegnato a creare reti organizzate e autonome, capaci di operare al di fuori dell’economia basata sui “mi piace”.

Capita dunque a fagiolo una nuova, stimolante analisi del giornalista iraniano-canadese Hossein Derakhshan su come poter resistere e opporsi agli algoritimi e al controllo esercitato da Facebook (qui la mia traduzione di un suo precedente articolo sui “Ponti distrutti da Zeckerberg”). Il punto, ancora una volta e nonostante le apparenze monopoliste, è che molto si può e si deve fare per cambiare il quadro. E parecchie mosse sono davvero alla nostra portata, sia in quanto individui che come società nel suo insieme.

A livello individuale, suggerisce Hossein, «dovremmo ‘disrupt’ gli attuali algortimi e confonderl in modo che capiscano cosa vogliamo e ci offrano maggior diversità. Potremmo iniziare [su Facebook] mettendo il ‘mi piace’ a news, commenti e altro che invece di fatto non ci piacciono o con cui siamo in disaccordo. E anche ‘follow’ pagine, persone o gruppi ben lontani dalle nostre posizioni. Possiamo sfidare/contestare le maggioranze». Provare insomma ad applicare qualche tecnica di “obfuscation” sui generis. E vedere l’effetto che fa sugli algoritmi dei NewsFeed di Facebook.

Altro punto importante è smetterla di lamentarci soltanto, come suggerisce il noto giornalista Dan Gillmor, e spingere le istituzioni a regolamentare anche questi servizi online di utilità pubblica, come già per l ’acqua o l’elettricità. Insieme alla funzione da watch-dog dei media tutti, di fianco alle analisi critiche di studiosi ed esperti. E intervenendo anche a livello legislativo per spezzare i nuovi cyber-monopoli, come ieri per la AT&T o Microsoft, ad esempio. Tutto verissimo e necessario.

Ancor più, oggi è vitale spendere energie in (provare a) creare altri spazi e altri confronti, di pari passo ad architetture online autonome a misura dei progetti localizzati e coordinati che meglio si confanno alla natura umana. Già: #rinascimentocooperativo. Vogliamo mica provarci davvero? :)

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bernardo parrella

Freelance journalist, media activist & translator mostly on digital culture issues, an Italian living in the US Southwest (@berny)