Black & White — Capitolo 2

Irene Aprile
14 min readMar 14, 2018

--

Se ti è piaciuto il Capitolo 1, ecco il Capitolo 2. Buona lettura!

Cover image photo credit: Davide Baldanti

Disclaimer: Questa è un’opera di fantasia creata usando i personaggi del mondo di Harry Potter, che è un marchio registrato creato da J. K. Rowling. I personaggi del mondo di Harry Potter sono stati creati e appartengono a J.K. Rowling, e io non rivendico la proprietà su di essi o sul mondo di Harry Potter. La storia che racconto qui è di mia invenzione, e non si propone di far parte del canone delle storie di J.K. Rowling. Questa storia è solo per intrattenimento e non fa parte della storyline ufficiale. Sono grata alla Signora Rowling per le sue storie meravigliose perché, senza i suoi libri, la mia storia non esisterebbe.

Capitolo 2

Il Dipartimento degli Auror brulicava di attività ad ogni ora del giorno. Gli Auror in servizio attivo andavano e venivano continuamente, gli Auror Guida istruivano le nuove reclute dell’Accademia muovendole in piccoli branchi, messaggi svolazzavano senza sosta da una scrivania all’altra.

Sara teneva spesso la porta dell’ufficio aperta, in parte perché detestava il continuo bussare dei colleghi, in parte perché le piaceva osservare quel brulichio incessante. Le ricordava i formicai che c’erano nel giardino dei suoi genitori e che si divertiva ad osservare quando era bambina, nei lunghi pomeriggi estivi. Ogni volta che aveva bisogno di riflettere si sedeva alla scrivania e lasciava che il movimento del Dipartimento la avvolgesse completamente.

Aveva appena dato al Direttore la conferma che avrebbe accettato il caso Black. Ora doveva decidere come agire. Mentre rifletteva, vide Kingsley Shacklebolt dirigersi verso l’ufficio del Direttore. Probabilmente era stato convocato per essere sollevato dall’incarico. Poco dopo Sara lo vide tornare verso la sua scrivania con un’espressione truce dipinta in volto. Da una parte lo capiva, non era mai piacevole essere sollevati da un incarico, implicava di non esserne stati all’altezza. D’altro canto chiunque sarebbe stato sollevato di togliersi dai piedi una gatta da pelare come quella. Ma forse lei era poco obiettiva su quel punto.

Sara si alzò e aggirò la scrivania. Chiuse la porta e vi appoggiò la schiena. Basta lasciarsi assorbire dal brusio del Dipartimento. Doveva pensare chiaramente.

Il suo compito era trovare Black. Sì, Black. L’avrebbe chiamato così nella sua testa, come quando era appena arrivata ad Hogwarts e lui non era altro che un ragazzo più grande che la prendeva in giro quando la incontrava nei corridoi. Avrebbe reso le cose più facili.

Non c’era molto che potesse fare per trovarlo che non fosse già stato tentato. Ma se c’era una cosa che Sara sapeva era che una nuova prospettiva aveva spesso il potere di svelare informazioni nascoste. Non aveva poteri speciali, qualità straordinarie o un intuito fuori dal comune. Era diventata uno degli Auror migliori del Dipartimento grazie alla tenacia e al suo essere meticolosa. Era la migliore perché non tralasciava niente e non lasciava niente al caso.

Avrebbe fatto così anche questa volta. Non poteva accontentarsi di fidarsi del lavoro fatto da altri. Doveva ricominciare da capo, prendere tutto in mano, scavare tra i dettagli di quel caso, entrare nella mente che stava dietro a tutto. Le sfuggì un mezzo sorriso. Quello non sarebbe stato poi così difficile. In fondo lo conosceva molto bene.

Troppo bene.

Eppure non abbastanza da aver capito, da aver previsto.

L’idea di condividere quel caso con qualcuno le faceva stringere lo stomaco, ma aveva bisogno di aiuto. Non poteva fare tutto da sola, inoltre le serviva un altro paio di occhi, qualcuno che fosse davvero obiettivo, qualcuno che la tenesse coi piedi per terra.

Staccò la schiena dalla porta, raddrizzò le spalle e la aprì per tornare nell’open space.

Quando si avvicinò al cubicolo, Frank Parker fece ruotare la sedia. “Sei tornata,” disse intrecciando le mani dietro la testa.

“Sono tornata. Olga e Roger?”

“Stanno lavorando all’omicidio Jameson.”

I Jameson erano una famiglia, padre, madre e tre figli, trovati morti nella loro casa. Niente segni di effrazione, poche tracce e un terribile bagno di sangue. Erano stati torturati prima di essere uccisi. Il signor Jameson era un dipendente del Ministero. Chissà quali informazioni avevano cercato di estorcergli. E soprattutto, chissà se ci erano riusciti. Probabilmente sì, altrimenti l’avrebbero tenuto in vita.

“Bene. Devo andare a parlare con loro, tu aspettami nel mio ufficio. Arrivo tra poco.”

“È successo qualcosa?” Parker non sembrava preoccupato, soltanto curioso.

“Non esattamente. Tra poco ti spiego.”

Sara si diresse verso il lato opposto del Dipartimento. In una stanza rettangolare con un grande tavolo al centro, Roger Klyne e Olga Stern erano intenti a catalogare una serie di reperti.

“Sara” salutò Olga.

Roger fece un cenno col mento. “Capo.”

Non era il caso di girarci intorno. “Io e Parker dovremo occuparci di un altro caso per un po’. Voi potete continuare qui, ma se avrete bisogno di me potrei non essere disponibile.”

“A cosa lavorate?” chiese Olga.

“Per il momento è meglio che non lo sappiate.” Non le piaceva tenere parte della squadra all’oscuro, ma tutto sommato meno persone erano coinvolte meglio era per tutti. Se qualcuno avesse scoperto che lei conosceva Black da prima di diventare Auror, si sarebbe scatenato un putiferio e non voleva trascinare tutta la squadra nel fango insieme a lei.

“Com’è che Frank si becca i casi più intriganti e noi la routine?” Roger si lamentava sempre del fatto che lei favorisse Parker e Sara si divertiva a stare al gioco.

“Sai che Frank è il mio preferito. Non posso farci niente, mi piace essere ingiusta.”

Sara girò sui tacchi e tornò verso il suo ufficio, mentre la risata di Olga e Roger si spegneva alle sue spalle. Era un sollievo sapere che almeno una parte del lavoro sarebbe andata avanti senza intoppi.

Frank Parker la aspettava, seduto su una delle due sedie posizionate davanti alla scrivania. Aveva l’aria vigile e curiosa di un setter pronto a dare la caccia a una nuova preda.

“Andiamo subito al punto.” Sara sedette al suo posto e Frank la seguì con lo sguardo. “Il Direttore mi ha affidato un caso.”

“Qualcosa di nuovo?”

“Non proprio. Potrebbe essere un colossale buco nell’acqua, che ci costringerebbe a dimetterci per non coprire il Dipartimento di vergogna, oppure potrebbe diventare la notizia dell’anno.”

Frank alzò le sopracciglia. “Ok. Posso ancora tirarmi indietro?”

“Mi dispiace no,” rispose Sara con un sorriso.

“E il caso sarebbe?”

“Il caso Black.”

“Ah.” Frank ci pensò un attimo. “Il caso Black in che senso?”

“Nel senso che le ricerche di Sirius Black non sono più affidate a Shacklebolt. Dobbiamo trovare Black, perché il Ministro e la stampa sono convinti che sia legato all’evasione dei dieci Mangiamorte.” Sara alzò le mani per bloccare le proteste. “So che abbiamo già dimostrato che le due evasioni non c’entrano l’una con l’altra, però in qualche modo dobbiamo fare progressi.”

“Vogliono che troviamo undici criminali che al momento potrebbero essere ovunque nel mondo?”

“Una bella sfida, vero?”

“Diciamo pure una pazzia.” Parker si appoggiò indietro allo schienale della sedia.

“Comunque sia, ora la patata bollente è nelle mie mani. Non posso occuparmene da sola, ma se non te la senti posso sempre rivolgermi a qualcun’altro.”

Frank soppesò la proposta per un attimo, grattandosi il mento. “Nessuno a parte me sarebbe tanto pazzo da accettare. Mi sa che dovrai accontentarti. Da dove vuoi iniziare?”

Sara sospirò, appoggiando i gomiti alla scrivania. “In archivio ci sono faldoni su faldoni sulla famiglia Black e su Sirius Black in particolare. Suggerirei di cominciare da lì. Ovviamente dovremo tenere un basso profilo. Non ho nessuna voglia di avere giornalisti, sciacalli e Percy Weasley alle calcagna.”

“Ricevuto. Quando cominciamo?”

Sara incrociò le braccia e sollevò un sopracciglio. “Che domande, immediatamente.”

Sirius aveva lo stomaco sottosopra, gli occhi sbarrati e la bocca asciutta come se avesse mangiato sabbia.

Lily e James?

Non era possibile. Forse aveva esagerato con il Whiskey Ogden Stravecchio di Mundungus la sera prima. Eppure anche gli altri li vedevano. I ragazzi erano sconvolti. Harry sembrava sul punto di svenire. Molly fissava il pavimento polveroso. L’unico ad aver mantenuto un minimo di presenza di spirito sembrava essere Remus.

Si avvicinò a James e Lily, ancora legati, e li liberò con un lieve tocco di bacchetta che fece svanire le corde. Quindi porse il braccio prima a Lily poi a James aiutandoli a rimettersi in piedi.

“Ma che diavolo vi prende?! Che succede? Dove siamo?! Cos’è questo posto? Chi sono queste persone?” domandò James d’un fiato.

La sua fame di informazioni era comprensibile. Ma cosa si risponde a un amico morto quindici anni prima che compare nella tua soffitta mentre tu reggi un piumino da polvere?

Silenzio.

“Ragazzi, è uno scherzo?” Sirius aveva quasi dimenticato quanto potesse suonare gentile la voce di Lily. “Se è uno scherzo non è poi molto divertente. Ho lasciato Harry da solo sul pavimento del salotto.”

Al sentir nominare Harry, Sirius si voltò a guardare il ragazzo in carne ed ossa. Probabilmente non aveva mai sentito le voci dei suoi genitori. Sorprendendo tutti, il primo ad agire fu proprio Harry. Si alzò lentamente dal pavimento, tremava come una foglia. Si avvicinò a sua madre e la guardò con la testa leggermente piegata da un lato, mentre lei era ancora rivolta verso Remus. Le sfiorò un braccio con la mano, come se volesse accertarsi della sua consistenza fisica.

A quel contatto Lily si voltò e sobbalzò per la sorpresa.

“Santo cielo! Sei identico a — ”

“Sono Harry.” Lo disse in un sussurro che si udì appena.

“Harry? Harry chi?” James si voltò a sua volta verso il ragazzo.

“Harry Potter.”

James sbiancò e Lily dovette afferrarsi al braccio del marito per non cadere. Un rumore proveniente dal piano di sotto riportò tutti alla realtà. Sembrava che Grattastinchi stesse litigando ancora con il Libro Mostro dei Mostri di Hermione.

Sirius riuscì a riscuotersi dallo stato di trance in cui era piombato e fece un passo in avanti entrando nel cono di luce di una finestra.

“James — ” ma non aveva idea di come continuare.

James si voltò verso di lui. “Amico, che ti è successo? Sembri invecchiato di quindici anni.”

“In effetti… più o meno…”

Quella che seguì fu una lunga conversazione, tanto lunga che ad un certo punto tutti si trovarono seduti sul pavimento. Prima dovettero accertarsi che fossero veramente Lily e James e non qualche trucco architettato dai Mangiamorte; tuttavia i due risposero senza esitare a tutte le domande poste da Sirius e Remus.

Harry si teneva a una certa distanza dai suoi genitori ma li guardava come se non avesse mai visto nient’altro nella sua vita. Apparivano come due giovani di circa ventidue anni, l’età che avevano quando Voldemort li aveva attaccati, l’età che avevano quando Harry aveva poco più di un anno.

Sirius e Remus si alternarono nel dare spiegazioni, per quanto tutta la situazione fosse surreale e per molti aspetti inspiegabile. Raccontarono che si trovavano quindici anni avanti rispetto a loro, che quello era diventato il quartier generale dell’Ordine della Fenice, che il ragazzo così simile a James era loro figlio.

La prima decisione che presero fu quella di contattare Albus Silente. Sembrava la cosa più saggia da fare. Il Preside arrivò in un lampo e a lui toccò l’ingrato compito di raccontare a James e a Lily la parte più dolorosa della loro storia. Sirius e Remus non se l’erano sentita di raccontare la verità su Voldemort, su Peter Minus e su Harry. Non sapevano in effetti se fosse o meno una buona idea.

Mentre Silente colloquiava con i Potter, gli altri si riunirono in cucina a discutere l’accaduto. Non aveva senso fingere che a qualcuno importasse ancora delle pulizie della soffitta. Solo Harry era silenzioso, seduto ad un angolo del lungo tavolo di legno.

“Come stai?” Sirius gli porse una burrobirra.

“Bene.” Sirius si augurò che Harry non giocasse mai a poker. Mentiva malissimo.

“Sicuro?”

“Sì.”

Sirius non era mai stato molto bravo a confortare il prossimo. Non era nemmeno sicuro che fosse necessario confortare Harry, ma di certo doveva essere sconvolto. Lo osservò per qualche secondo. Il ragazzo non aveva toccato la burrobirra, fissava il muro di fronte a sé con aria inespressiva. Sirius stava cercando qualcosa da dirgli quando Silente rientrò nella stanza. Tutti si voltarono verso di lui.

Il Preside guardò Harry, “I tuoi genitori ti aspettano.”

Harry si alzò come un automa, sempre con quello strano sguardo negli occhi, e uscì dalla stanza. Silente invece sedette a capo del tavolo e attese che tutti si sistemassero prima di parlare. A Sirius sembrava quasi di essere tornato a Hogwarts ad assistere ai discorsi del Preside in Sala Grande.

“Per prima cosa, la riunione dell’Ordine di stasera non sarà rinviata. Gli altri membri devono essere messi al corrente dell’accaduto, per quanto sia difficile determinarne la causa. In secondo luogo, come potrete immaginare, la questione è estremamente riservata. Non so dare una spiegazione di quanto successo, non ho memoria di avvenimenti simili e di solito la mia memoria è ottima. La spiegazione più plausibile è un accavallamento spazio-temporale. Immaginate il tempo e lo spazio come una grande coperta: è come se un lembo si fosse ripiegato su sé stesso formando una piega. Lily e James sono stati spostati dal loro spazio, Godric’s Hollow, e dal loro tempo. Non è escluso che qualcosa o qualcuno dal nostro tempo si sia spostato a quello di Lily e James.”

“Cosa pensa di fare in proposito?” domandò Molly.

“Gli incantesimi che modificano lo spazio e il tempo sono molto complessi e le informazioni sul loro funzionamento sono difficili da reperire. Non pretendo di essere un esperto in materia. Dovrò studiare un sistema opportuno per rimandare Lily e James nel loro tempo.”

“Ma… come? Non… non potrebbero restare?” chiese timidamente Ron.

“Sarebbe bello,” rispose Silente con dolcezza, “ma non è possibile. Non è mai una buona cosa cambiare il passato. Non sappiamo che ripercussioni potrebbe avere sul presente o sul futuro. E in ogni caso che vita potrebbero avere Lily e James? Non potrebbero certo ricomparire così. Dovrebbero vivere nascosti, altrimenti tutti coloro che hanno perso delle persone care vorrebbero cambiare il passato.”

Sirius si sentì sopraffatto dal peso di quelle parole. Lo sapeva, certo. Ma il suo migliore amico era nella stanza accanto ed era appena ricomparso. Non voleva pensare al fatto che l’avrebbe perso di nuovo. All’improvviso il pensiero di quello che stava passando Harry diventò quasi insopportabile.

Albus Silente si fermò per la riunione dell’Ordine della Fenice. Era un evento, non capitava spesso che fosse presente. Ma la gravità degli eventi lo richiedeva.

Quando cominciarono, l’Ordine era al completo tranne che per gli insegnanti di Hogwarts e Kingsley Shacklebolt. Aveva avvertito che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo. L’argomento principale naturalmente furono James e Lily Potter. Erano tutti sconvolti ed eccitati da questa novità ma Silente non volle che li incontrassero subito, non voleva che fossero assaliti da troppe domande e troppi sguardi curiosi.

Kingsley arrivò a riunione iniziata da poco. Prima di concludere la seduta Silente, come al solito, chiese se ci fosse qualcosa da discutere. Kingsley sospirò pesantemente e si alzò per prendere la parola.

“Visto che siamo tutti qui, tanto vale che ve lo dica adesso. Oggi mi hanno sollevato dalle ricerche di Sirius.” Aveva la mascella contratta e le spalle curve. Sirius non ricordava di aver mai visto Kingsley scosso.

La notizia sollevò un coro di proteste scandalizzate.

“Ma perché?” domandò Tonks. “Hanno scoperto qualcosa di nuovo? Non avranno davvero capito dov’è Sirius. Vero?”

“Non lo so,” replicò Kingsley. “Il Direttore non mi ha dato molte spiegazioni. Mi ha detto solamente che non sto facendo abbastanza progressi e che il caso è stato affidato a Sara White.”

Sirius, che fino a quel momento aveva seguito la conversazione come se la cosa non lo riguardasse affatto, all’udire quel nome si ridestò come se avesse preso uno schiaffo.

Sara White?

White?

Sara?

Aveva capito bene?

Chiese a Kingsley di ripetere il nome.

Sì, aveva capito bene.

Si accorse di tremare impercettibilmente. Sara era un’Auror e lui non lo sapeva. Si voltò verso Lupin, aspettandosi di vederlo altrettanto sorpreso, ma quello che incrociò non era uno sguardo di stupore bensì uno sguardo colpevole. Allora lui sapeva. E non gli aveva mai detto nulla.

“Io ho lavorato con la White,” intervenne nuovamente Tonks, “una volta. Beh, sì insomma ho fatto parte di uno dei suoi gruppi di addestramento. È una dei migliori Auror che ci siano al Dipartimento.”

“Fa piacere sapere che ammiri tanto il mio rimpiazzo.” Kingsley aveva i pugni stretti appoggiati al tavolo. “Comunque, devo ammettere che la scelta è piuttosto logica.”

“Perché?” Sirius si sporse in avanti sul tavolo. Aveva bisogno di capire.

Silente gli lanciò un’occhiata di avvertimento e scosse la testa impercettibilmente. “Spiegati meglio, Kingsley,” disse poi il Preside facendo cenno a Shacklebolt di tornare a sedersi.

Sirius sentiva il cuore martellargli impazzito tra le costole. Possibile che a Remus non fosse venuto in mente di dirglielo? Possibile che nessuno l’avesse nominata prima?

“Beh, era stata lei ad essere incaricata di indagare sull’evasione di Sirius, lei e la sua squadra. Hanno setacciato Azkaban e dintorni per giorni interi per cercare qualche traccia.”

“E poi che è successo?” Lupin si agitò sulla sedia. Sembrava a disagio ed evitava lo sguardo di Sirius.

Codardo.

“Poi è successo che le tracce erano poche, le idee ancora meno. Oltre a setacciare il paese con i Dissennatori c’era ben poco da fare e il caso è stato affidato a me.”

“Girava voce che fosse stata proprio la White a chiedere di essere sollevata dall’incarico,” disse Tonks.

“Non ne sono del tutto certo, ma da come mi ha parlato il Direttore del Dipartimento credo che la richiesta di sospendermi dall’incarico sia partita dal Ministro,” spiegò ancora Kingsley.

“Allora non ci ha fatto un bell’affare.” Arthur Weasley parlò per la prima volta da quando la riunione era iniziata. “Sara White è una piantagrane e fa quello che le pare senza curarsi della politica.”

L’atmosfera era quanto di più strano Sirius avesse sperimentato in quella casa. Si sentiva catapultato nel passato. Prima James e Lily e ora Sara. E non era del tutto certo che la cosa gli piacesse. Guardò nuovamente Remus e gli fece un cenno per indicargli di seguirlo in un’altra stanza.

Sirius salì le scale fino ad arrivare alla vecchia stanza di sua madre. Fierobecco era languidamente accoccolato sul letto. Sirius fece un profondo inchino, prese dall’armadio un enorme sacco di topi morti e chiuse la porta alle spalle di Remus, che fece un inchino a sua volta. Lupin sedette su una sedia in un angolo, Sirius invece prese a misurare la stanza a grandi passi, gettando di tanto in tanto un topo a Fierobecco.

“Tu lo sapevi.” Non era una domanda. Sapeva già la risposta, l’aveva letta negli occhi di Remus quando Kingsley aveva dato la notizia. “Sapevi che Sara era un’Auror e che aveva indagato sulla mia evasione.”

Remus sospirò e rispose fissando le assi del pavimento. “Sapevo che era diventata un’Auror, sapevo da qualche notizia sporadica dei giornali che aveva fatto una buona carriera. Ma non avevo idea che si fosse occupata della tua evasione.”

“E non ti è passato per la testa nemmeno per un attimo di dirmelo? Avevo il diritto di saperlo.”

“Sirius,” Remus alzò le mani e scosse la testa, “tu non hai mai parlato di lei, non l’hai mai nemmeno nominata, non hai fatto domande. Pensavo preferissi non parlarne.”

Remus aveva ragione. Non aveva mai chiesto nulla. Perché preferiva non parlarne. Ma aveva pensato a Sara ogni singolo giorno degli ultimi quattordici anni e avrebbe voluto essere più preparato.

Sentir pronunciare il suo nome aveva riaperto ferite che pensava di essere riuscito a chiudere. Sara era soltanto un ricordo, doveva esserlo. Certo era un ricordo meraviglioso, uno dei più belli della sua vita. Ma non c’era spazio per la speranza che qualcosa cambiasse. All’improvviso gli sembrava di essere tornato ai primi tempi di prigionia ad Azkaban. Il pensiero della sua innocenza e il fortissimo desiderio di spiegare la verità a Sara lo avevano tenuto sano di mente. Sapeva di aver commesso un grosso errore con lei. Un errore madornale.

E ora Sara si occupava del suo caso.

“L’hai mai cercata?” La voce pacata di Remus irruppe nel delirio che aveva per la testa.

“No. Come avrei potuto? Ero un evaso. Lo sono ancora… Non mi avrebbe mai creduto.”

“Forse ti stai dimenticando chi è Sara.”

“Non l’ho affatto dimenticato.”

Era proprio quello il punto.

Torna al Capitolo 1 oppure procedi al Capitolo 3!

Al Lettore

Grazie mille per aver letto il secondo capitolo di Black & White! Se ti sei perso il primo capitolo, puoi leggerlo qui.

Se vuoi essere aggiornato sui prossimi capitoli, iscriviti qui. Ti invierò una mail ogni volta che pubblicherò un nuovo capitolo!

Se vuoi sapere qualcosa di più su di me, puoi visitare il mio sito.

A prestissimo per il terzo capitolo!

--

--