Lo scrive il sosia in “Salvini all’onda” di Marco Geronimi Stoll, interactive storytelling di fantapolitica, mentre il vero Salvini galleggia, naufragato, al largo di Lampedusa.

5. Prima lettera del Macchinetta

Marco Geronimi Stoll
Salvini all’onda

--

Salvini all’onda è una narrazione fantapolitica creata da Marco Geronimi Stoll assieme ai lettori.
Ogni episodio si costruisce in incontri telematici o in assemblee di cittadini.
Chi vuole può invitare l’autore a incontri pubblici di comunicazione sociale per ideare un nuovo capitolo, o inviargli suggerimenti.

La parte 1 è qui, in essa si racconta di come Salvini precipitò in mare durante una missione segreta.

La parte 2 è qui: Salvini continua a galleggiare; intanto il suo abile sosia (il “Macchinetta”) gira l’Italia facendo comizi, inaugurazioni e dichiarazioni provocatorie sui media.

La parte 3 è qui: scopriamo qualche cosetta in più sul Macchinetta

la parte 4 è qui: scopriamo un attentato pseudo-islamico al Papa: organizzato, ma poi rimandato. Salvini non sa di aver stravinto le elezioni grazie alle fantastiche doti del macchinetta (e che l’attentato non serve più).

Matteo, ma dove sei, che fine hai fatto?

Abbiamo vinto! stravinto! sono stato bravo, no? tutti ci hanno creduto, tutti.
Ma tu sei sparito, dove sei? Perché non condividi questo trionfo con me, perché non siamo insieme a fare bisboccia?
Ti scrivo questa mail sul nostro canale cifrato, visto che nessuno dei tuoi cellu risponde. Ma rispondi almeno se l‘hai ricevuta, sono in pensiero: questa è una settimana speciale, non ci credo che ti sei preso proprio adesso una delle tue “pause per riposare il cervello” come le altre volte.
A festeggiare ci dovevi essere tu, mica io: tu, il Salvini vero, qui a farsi fare i complimenti da tutti, a godersi le facce dei grillini che sembrano dei cani bagnati sotto la pioggia rimasti fuori dalla porta della chiesa.

E da lunedì vado al ministero, vado nel tuo ufficio. Stavolta vado davvero a fare il tuo mestiere, ma io non so niente del tuo mestiere, Matteo! io ho sempre fatto solo l’attore, della politica vera non so niente!
A parte che se non ci sei, me la godo di meno. Mi diverto di meno a imitarti. Comincio a credere che sei sparito perché hai paura che qualcuno ti faccia fuori… puoi dirmelo. Io per te son pronto a sacrificarmi, non ho paura, mica scappo, giuro! Dopo un’avventura come questa campagna elettorale anche morire da martire mi andrebbe bene: fa parte del gioco e per me è molto meglio che tornare alla vita sfigata che facevo prima. Non scherzo.

Comunque tranquillo, sono scortatissimo, ho spesso su l’antiproiettile e viaggio solo con la blindata. E soprattutto mi sento immortale.
E quel rosario portafortuna, cavolo se funziona! se sapessero che me l’ha dato una maga, una vecchia africana grassa coi suoi abracadabra…
Sì, davvero immortale: ogni volta che alzo quel crocifisso agli spettatori e non mi arriva nessun fulmine dal cielo, ho la prova che Dio non esiste; e che forse Dio sono io: è bellissimo.
Non preoccuparti, Matteo. Siamo immortali, noi: tutti e due.

Pensa che da un po’ di tempo, quando il Sistema mi dice le parole chiave all’auricolare, io le ho già pensate da solo. Davvero! se non ci credi, appena torni ci facciamo una delle nostre scommesse, vedrai che stavolta vinco io.
Le parole chiave mi servono il lunedì, quando mi arriva l’istruzione su chi sarà “il nemico della settimana” con cui attaccare baruffa. Ma il resto della settimana, ormai, l’auricolare mi manda più che altro conferme.
Ma il consiglio più importante che ci ha fatto vincere non riguarda le parole: avevi ragione quando mi istruivi: “parla come se fossi al bar, non importa cosa dici ma come lo dici”. Io che ho studiato da attore ti ho capito al volo.
Funziona ovunque, anzi: funziona di più quando la situazione importante, come tutte queste televisioni gli ultimi giorni prima delle elezioni.

Al bar nessuno dibatte davvero gli argomenti, nessuno ha convinto mai nessuno a cambiare idea. In palio c’è l’imitazione, mica l’opinione. L’opinione vaga, non è così importante, ci sono tanti che dicono semplicemente il contrario dell’altro: così, per sport dialettico. Vince chi lo dice meglio, qualsiasi argomento: che sia calcio, politica o altri pettegolezzi... Chi vüsa pussé la vaca l’è sua, diceva mio nonno: chi grida più forte, la vacca è sua. Oggi per vüsare pussé non bisogna urlare, bisogna guardare negli occhi, non farsi domande, sentirsi profondamente convinti dentro che l’interlocutore è un povero pirla e non lasciargli mai il tempo di respirare. È una cosa calcistica: autoconvinzione e polmoni; nel calcio i polmoni son più importanti dei piedi.

Anche in TV, non importa cosa dico, l’importante è il ritmo, la prosopopea.
E naturalmente intervenire appena l’interlocutore respira, il dibattito è un mach di calcio dove se entri sulla palla con un elegante tackle non se ne accorge nessuno, fai prima a mirare dritto al calcagno, tanto non c’è nessun arbitro che fischia il fallo e quelle poche volte che c’è, puoi protestare che sta con l’avversario e mollare un calcio anche ai suoi stinchi: se sei falloso alla gente gli piaci di più, perché la gente normale a essere elegante e agile non ci riesce mica, e gli stanno sulle palle quelli che giocano elegante con le parole.
Lo scopo di andare in TV non è convincere la gente che hai ragione, tanto nessuno cambia idea guardando la tv, la guardano per fare il tifo alla propria squadra; lo scopo vero è mettere voglia di somigliarti.
Se sei prepotente e sfacciato, tutti quelli che vorrebbero esserlo ti ammirano.
Così io vinco su quei cretini che cercano di fotterti con ragionamenti lunghi, cifre circostanziate eccetera: pensano di aver ragione, e invece hanno già perso prima di aprir la bocca.

Funziona per questo: se Renzi usciva con una bella donna, tutti a rosicare che è della casta e che glie la dava per fare carriera, ma quando tu ti facevi l’Isoardi tutti si immaginavano di essere al tuo posto in quel letto e si sentivano un po’ come te. È così che funziona quando i gregari scelgono un capobranco, hanno el dun de Dio de capì nagott, la benedizione del Signore di non capire un cazzo. Così non devono stare lì a pensare le robe complicate, ti scelgono perché vogliono somigliarti. Basta e avanza.
Io lo so bene, sono l’unico che ti somiglia in modo assoluto.
Mi sono guardato nelle videoregistrazioni (ma tu le hai viste? dai, non li merito i tuoi complimenti? stavamo scendendo sotto il 25%, e nonostante tutti quei lenzuoli, quegli zorri, col Papa contro, abbiamo fatto il 34! ). Ancora non ci posso credere, mi riguardo lì preso sul serio da tutti, poi guardo nello specchio ‘sta faccia da bar e mi dico che con questa ghigna ho spostato in dieci giorni un buon 10% dei voti. Che figata!

Spero che stai bene; però dai, Matteo, fatti vivo, cavolo!

La storia continua, col vostro contributo; ecco il cap. 6.

--

--